Prossimità: umana attenzione, divina presenza

XV domenica del Tempo Ordinario

(Dt 30,10-14 / Sal 18 / Col 1,15-20 / Lc 10,25-37)

Padre misericordioso,
che nel comandamento dell’amore
hai portato a compimento la legge e i profeti,
donaci un cuore capace di misericordia
affinché, a immagine del tuo Figlio,
ci prendiamo cura dei fratelli
che sono nel bisogno e nella sofferenza.
Per Cristo, nostro Signore.
Amen.

(orazione di colletta dalla liturgia odierna)

Dal Vangelo secondo Luca (10,25-37)

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

C’è un modo umanissimo di vivere e perfino di credere che accentua distanze, esaspera perfino uno strano senso di indegnità spesso iscritto – inspiegabilmente – nel cuore dell’uomo. C’è un modo di credere che è capace – in ogni tempo e in ogni luogo – di rivestire di potere uomini collocandoli a mezza strada tra il divino e l’umano. È evidentemente molto umano questo modo di credere… e di vivere. Il rapporto con il divino nella testa dell’uomo si risolve spesso nel creare una distanza incredibile tra Dio e l’uomo. Di riflesso anche il nostro modo di vivere in terra può prendere derive che distanziano l’uomo dalla sorte più comune che ci contraddistingue: siamo creature bellissime ma sempre fragili.

Così anche i comandi di Dio suonano all’udito umano come impossibili, irraggiungibili, irrealizzabili e così l’uomo trova la più banale delle giustificazioni che si possano trovare sulla terra, senza nemmeno raccogliere l’invito a provarci, perché ha fiducia di noi Colui che dona i suoi comandi. La prima lettura dal libro del Deuteronomio è uno di quei passaggi biblici che potremmo davvero imparare a memoria e richiamarlo al nostro cuore ogni volta che non crediamo nell’uomo… ogni volta che pensiamo che non esista sulla Terra un uomo che possa obbedire alla voce del Signore. Questa è la conversione: credere che Dio ha fiducia nell’uomo, credere che Dio non è lontano da noi. 

Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

Avere fede significa dunque credere alla prossimità  fatta delle più umanissime attenzioni e sono proprio queste che ci apriranno alla più vera delle divine rivelazioni: la vicinanza. L’umana attenzione può davvero convertire gli uomini a credere in un Dio vicino, vicinissimo, che abita nel nostro cuore e che dice: «Va’ e anche tu fa lo stesso». C’è qualcosa di umanissimo in quell’uomo malcapitato: la rivelazione della nostra fragilità, del nostro bisogno di cure e attenzioni. C’è qualcosa di divino nel gesto del samaritano, quello straniero che per questioni religiose e non solo sociali era tenuto a distanza e considerato perfino nemico o verso il quale era meglio mostrare indifferenza piuttosto che attenzione. Ma ecco il paradosso evangelico: il lontano nemico da ignorare diventa esempio di una tenerissima vicinanza e di una premura che supera perfino la giustizia di scribi e farisei.

Uno straniero, un eretico, un peccatore pubblico da tenere a distanza solo per questioni religiose diventa un maestro di fede e di prossimità. Il Dio in cui diciamo di credere è un Dio che invita alla prossimità perché Egli per primo s’è fatto prossimo all’uomo nel suo soffrire, nel suo gemere. È lo Spirito di Dio che grida in noi e chiede aiuto al cielo anche quando non avessimo le forze per invocare aiuto. Qualcuno passerà accanto prima che sia troppo tardi, qualcuno senza nemmeno saperlo, sarà incarnazione di Dio laddove non si passa indifferenti come se non si fosse visto. Tutti i passanti videro… ma uno solo – quel Samaritano – vide precisamente con gli occhi di Dio. Il comando dell’amore, il comandamento di Dio, non era affatto lontano da lui. Era nel suo cuore… nelle sue mani, sulle sue labbra quando l’indomani, prima di proseguire per la sua strada disse all’albergatore: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». Egli stesso si fa comandamento (abbi cura di lui) e promessa (pagherò al mio ritorno). 

[…]
Prenditi cura di me,
l’amore vuole attenzione.
Mi basta un piccolo gesto d’affetto inatteso
e io mi sciolgo nel mare.
Prenditi cura di me,
è questa la sensazione.
Ho un disperato bisogno di crederci ancora
e di lasciarmi andare
che siamo ad un passo dal cielo,
che mi basta un tuo soffio
per ritornare a volare
E se non sai come fare,
prenditi cura di me.
[…]

(Alessandra Amoroso, prenditi cura di me)


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Piccoli Pensieri (5)

Savina

“Prendersi cura”, come un filo rosso ritorna in queste ultime riflessioni.
Prendersi cura è molto di più di curare, chi cura applica protocolli, dispone esami, somministra terapie fino a che dura la malattia ma lo fa altro da sé.
Chi si “prende cura” si fa carico, nel vero senso della parola, delle persone che hanno bisogno.
“Sulle spalle di Enea” il vecchio padre Anchise portato in salvo dalla sua città in fiamme, e questa è l’immagine di chi si “prende cura”.
Come Gesù che ha preso su di sé tutti noi, e nella nostra parte peggiore, quella dei peccati.
Come il samaritano che ha preso su di sé la persona aggredita.
Santi che hanno dato la vita per aver assistito appestati, Madre Teresa di Calcutta che raccoglieva bisognosi dai marciapiedi, e via così…
Io ringrazio il Signore che, con il mio lavoro, mi ha fatto sperimentare, almeno un pochino, cosa vuole dire “prendersi cura” perché ho sempre cercato di andare oltre a quello che era il mio compito, contenta di lasciare persone “contente” per averle aiutate a risolvere qualche problema.
Spero, con l’aiuto del Signore, che i miei piedi, le mie mani, la mia testa possano continuare a “prendersi cura” con l’attenzione necessaria.
E grazie a don Stefano che parlando di questo argomento mi ha fatto rivivere bellissimi momenti di aiuto, perché i sorrisi e la felicità di Clara, ragazza disabile seguita dai servizi, valgono mille fatiche affrontate per renderle sevizio e così per tante altre situazioni.

10 Luglio 2022
Dania

“Va’e anche tu fa’ così”, si può fare così solo perché Qualcuno lo ha fatto prima di noi e ci ha mostrato come fare…
amare di un amore compassionevole, non restare mai indifferenti e provare a trasmetterlo ai propri figli o nipoti e ai bambini in generale perché capiscano che è l’unico modo per vincere il male (ed anche questo Uno lo ha per tutti, dando tutto). Che il nostro GRAZIE si traduca in azioni concrete e coerenti e non si abdichi a questa responsabilità. Il Signore non farà mai mancare l’aiuto ai Suoi figli, ancor più quando li vedrà in difficoltà

10 Luglio 2022
Anna

Grazie don Stefano.
Hai sempre con te, e dentro di te, come fosse un dono, l’olio della consolazione e il vino della speranza.
E ringrazio il Signore per averti messo sulla mia strada alcuni anni fa.

10 Luglio 2022
Cinzia

AMEN❣
Grazie don Stefano!
Oggi, in modo particolare, ha espresso a parole tutto ciò che ho nel cuore…
“Prossimità: umana attenzione, divina presenza”
Ha dato corpo ai miei pensieri, ai miei sentimenti…fin dalla prima immagine… mi ha riportato alla mente una frase che mi si piantò anni fa:
“La Sacra Sindone è un lino.
Il vero volto di Cristo sono i poveri”
(un sacerdote,in pellegrinaggio da Roma a Torino con un gruppo di senzatetto)
E poi una cascata…

10 Luglio 2022

E preghiamo anche per quei pazienti che rifiutano le cure da parte di sanitari di origine straniera, affinché nel prossimo vedano altro.

10 Luglio 2022

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