Un fazzoletto di tessuto e di terra (nel giorno di San Benedetto)

San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa

(Pr 2,1-9 / Sal 33 / Mt 19,27-29)

Sono pensieri sparsi che girano in testa e cercano dimora nel cuore, pensieri che nascono la domenica, celebrando l’Eucarestia e proseguono all’indomani nella festa di Benedetto, patrono d’Europa. 
Terminata la liturgia della Parola, mi porto all’altare e anzitutto stendo sull’altare il corporale, una piccola tovaglia sempre ben inamidata e piegata come se dovesse risultare un sottile contenitore, una sorta di busta. Nessuna briciola delle specie eucaristiche – dovesse mai inavvertitamente frangersi e staccarsi dall’unico Pane – deve andare persa perché è Corpo di Cristo nell’intero come nel più piccolo dei frammenti. Così recitano le antiche sequenze che hanno certamente un valore catechistico. E così mentre stendo il corporale mi soffermo a pensare a quell’area che si confina, si delimita nel preparare la tavola per la Comunione. Così so esattamente che quel pane e quel vino collocati all’interno di quello che potremmo chiamare «perimetro convenzionale» diventerà, per l’invocazione e l’azione dello Spirito e per le parole che vengono li sopra pronunciate, Corpo e Sangue di Cristo. Non sarà così di altro pane o altro vino che si trovasse nei paraggi. 
Ed è qui che inizia la mia riflessione… gli uomini convenzionalmente ritagliano spazi e quanto viene collocato in quello spazio è come fosse offerto, donato o consacrato a Dio. Un perimetro educativo, un limite all’umana smania di possedere tutto, di tutto avere. Quel lino – il corporale – insegna già che l’uomo non può allungare la sua mano su ogni cosa. Quasi un richiamo al comando che Dio in principio diede ad Adamo ed Eva.

L’uomo ha presto imparato a ritagliare uno spazio che diventerà tempio, luogo che convenzionalmente è identificato come dimora di Dio pur sapendo – catechismo insegna – che Dio abita in cielo, in terra è in ogni luogo. Ritagliare per consacrare… anche nei confronti del tempo ci comportiamo similmente ritagliando nelle nostre giornate piccole oasi di riposo, di riflessione, di contemplazione, di preghiera; ritagliano nelle nostre settimane lavorative un giorno di pausa, di riposo, da consacrare al Signore, la festa da santificare come dice il comandamento. Accade anche quando nasce un figlio: i genitori vorrebbero offrirlo a Dio –  in qualche modo presentarglielo – perché quell’ultimo arrivato sia prezioso ai Suoi occhi. 

Senza distrazione, continuo a riflettere e a chiedermi: quel Dio Padre che non conosce confini, quel Figlio che ha abbattuto muri di separazione con la sua morte in croce e quello Spirito che come vento soffia dove vuole, che cosa se ne fa di quel confine, di quel perimetro? Di certo serve più a noi che a Lui. Ma è davvero un indizio prezioso questo ritaglio, questo lembo di stoffa che fa la differenza. Scopro così, continuando la celebrazione che tutto quanto è stato collocato all’interno di quel quadrato già simbolo della terra (quattro sono i punti cardinali e quattro gli elementi terrestri) perché sia offerta gradita a Dio, viene in realtà da Dio stesso restituita agli uomini. 

Il tempio costruito ritagliando uno spazio per Dio tra le case degli uomini è restituito da Dio stesso perché sia certamente casa di preghiera ma per tutti i popoli. E così quel pane e quel vino sull’altare sono da Dio restituiti all’uomo per la sua fame di comunione. Solo se ritagliamo tra le nostre cose qualcosa da offrire a Dio lo potremo ricevere in cambio come un dono che aumenta la pace, la comunione, la fraternità. 

Benedetto di Norcia non ha forse fatto qualcosa di simile, non ha forse compreso l’essenza di questo ritagliare per consacrare? Queste poche parole non sono certo un racconto della sua vita ma mi piace proseguire questo pensiero domenicale pensando all’opera stessa di Benedetto: egli ha ritagliato il tempo di una giornata tra preghiera (ora) e lavoro (et labora). Benedetto ha poi ritagliato nel cuore della nostra nazione e di quella che oggi chiamiamo Europa – oggi dai confini già mutati, più incerti e labili – spazi che chiamiamo monasteri, abbazie… piccole porzioni di terra insieme ad alcune esistenze umane offerte a Dio e da Lui restituite come bene comune e fraternità, ospitalità, prossimità. Ecco cosa riceviamo da Dio quando lasciamo tutto e lo seguiamo, quando siamo disposti a rinunce che si rivelano poi come un guadagno condivisibile, un vero e proprio dono. 

Benedetto sei Tu, Signore, Dio dell’universo.
Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane,
frutto della terra e del lavoro dell’uomo.
Lo presentiamo a Te:
diventi per noi cibo di vita eterna. 

Dal Vangelo secondo Matteo (19,27-29)

In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

Padre buono, ti prego:
dammi un’intelligenza che ti comprenda,
un animo che ti gusti,
una pensosità che ti cerchi,
una sapienza che ti trovi,
uno spirito che ti conosca,
un cuore che ti ami,
un pensiero che sia rivolto a te,
degli occhi che ti guardino,
una parola che ti piaccia,
una pazienza che ti segua,
una perseveranza che ti aspetti.

(san Benedetto da Norcia) 


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Piccoli Pensieri (6)

Leggendo il pensiero di Emanuela dopo questa lettura penso a quanto oggi ci servirebbero più di questi “esercizi di condivisione pratica”. Esercizi semplici, ma pratici, che costringono un po’ a “mettersi in gioco” e, attraverso questo gioco, riuscire ad assaporare l’essenza ed il valore di condividere un pezzetto di consacrazione a Dio. Ecco, io credo davvero che ce me servirebbero di più di questi “giochi” che, lungi dall’essere semplici svaghi sono una cosa seria, come diceva Bruno Munari. Ancor più seri in quanto ci aiutano a cogliere l’essenza stessa della fede, a percepirne la semplicità della “messa in pratica”, ben lungi dalle difficoltà che tendiamo ad attirbuirle a parziale scusante della nostra pigrizia.

12 Luglio 2022

Leggendo il pensiero di Emanuela dopo questa lettura penso a quanto oggi ci servirebbero più di questi “esercizi di condivisione pratica”. Esercizi semplici, ma pratici, che costringono un po’ a “mettersi in gioco” e, attraverso questo gioco, riuscire ad assaporare l’essenza ed il valore di condividere un pezzetto di consacrazione a Dio. Ecco, io credo davvero che ce me servirebbero di più di questi “giochi” che, lungi dall’essere semplici svaghi sono una cosa seria, come diceva Bruno Munari. Ancor più seri in quanto ci aiutano a cogliere l’essenza stessa della fede, a percepirne la semplicità della “messa in pratica”, ben lungi dalle difficoltà che tendiamo ad attirbuirle a parziale scusante della nostra pigrizia.

12 Luglio 2022
Savina

Mentre leggevo la riflessione mi è venuta alla mente l’immagine di un luogo molto simbolico a cui tutti vorremmo tornare.
Nel Paradiso Terrestre il Padre non aveva bisogno di un luogo specifico per incontrare Adamo ed Eva perché tutto il Paradiso era luogo di incontro e comunione tra loro, dovevano essere davvero incontri di emozione!
Perso il Paradiso è rimasta la nostalgia dell’incontro da parte di tutte e due le parti.
Da questa nostalgia è nata la necessità di predisporre luoghi che potessero accogliere il Padre e di nuovo stabilire una relazione.
Ma non ci sono solo i classici templi o chiese come luoghi di incontro perché noi stessi siamo tende che potrebbero aprirsi allo Spirito…
E la preghiera di San Benedetto, sopra riportata, descrive molto bene come dovremmo essere: in perenne ascolto dello Spirito per poi condividere quanto ascoltato, così come voleva che fosse il Padre fin dall’inizio dei tempi.

11 Luglio 2022
Emanuela

Mi ricordo quando, all’inizio di un avvento o forse qualche domenica prima, ci distribuisti dei piccoli quadrati di stoffa, invitandoci tutti, adulti e bambini, a conservarli.
Prima di Natale ci hai chiesto di restituirli, per farne una tenda sotto cui ponesti Gesù il giorno di Natale.
Ecco così, che quei piccoli spazi confinati si erano allargati per formare un confine più grande e soprattutto un luogo di accoglienza.
In fondo è un po’ anche la storia della nostra terra: dai comuni, l’Italia è diventata nazione, e poi si è unita ad altre nazioni per formare l’Unione Europea. Patrocinata da San Benedetto, che pur negli spazi chiusi dei monasteri, ha insegnato la fraternità, la prossimità e la condivisione.
Ora la guerra e i ritorni di nazionalismi sembrano far vacillare questi principi.
Preghiamo perchè non perdiamo mai coscienza di quanto San Benedetto ci ha insegnato e perchè sappiamo tramandarlo anche alle generazioni future, per conservare i confini allargati e accoglienti d’Europa.
Anche attraverso quei fazzoletti bianchi consegnati e restituiti: voglio credere che siano un piccolo seme e prego che germogli nei bambini che l’hanno ricevuto.

11 Luglio 2022
Cinzia

Grazie, don Stefano, di questa toccante condivisione di pensieri nati durante la celebrazione????

11 Luglio 2022
Cinzia

Quanta Grazia in un fazzoletto immacolato!

“Tendendo il tuo orecchio alla sapienza, inclinando il tuo cuore alla prudenza…

*O* di
*R* acconti d’
*A* more

*E* se
*T* u accoglierai le mie parole” (Pr 2, 1-9)

*L’*
*A* nima
*B* eata
*O* gni giorno
*R* estituirà
*A* more

San Benedetto,
????per noi

“Voi che mi avete seguito, riceverete cento volte tanto.”

11 Luglio 2022

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