Comprendere attentamente, credere al Risorto
Pasqua di resurrezione
(At 10,34a.37-43 / Sal 117 / Col 3,1-4 / Gv 20,1-9)
Terminate le celebrazioni della Settimana Santa che finalmente hanno potuto riprendere tutto il loro splendore simbolico e rituale (di quei riti che si compiono una sola volta all’anno) approfitto per scriverVi un augurio, un pensiero condiviso durante le celebrazioni pasquali. Una riflessione da leggere lentamente.
È da una settimana esatta che continuano a tornarmi alla mente alcuni versetti del Vangelo che abbiamo ascoltato nella domenica della Passione del Signore (domenica delle Palme). Nel momento esatto in cui Gesù muore – e morendo emise (consegnò) lo spirito – si dice che il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.
Sembra davvero che la resurrezione sia già in corso nel momento stesso in cui Gesù muore o che la sua stessa morte è la causa, la ragione stessa della resurrezione di questi corpi di santi. Non pensiamo subito alle schiere di santi proclamati dalla Chiesa. La Chiesa ancora non c’era. Se c’era stava soltanto nascendo. Chi erano dunque questi santi che risorgevano già mentre Gesù stava morendo? C’è una perfetta sincronia tra la morte di Gesù in croce e la resurrezione di questi santi i quali non tardarono ad entrare nella città divenuta lei pure già santa per apparire a molti.
Questi corpi di santi che risorsero – mi pare di comprendere – sono tutti coloro che prima della resurrezione stessa di Gesù hanno creduto che la vita non poteva essere solo un triste cammino verso la morte. Sono coloro che hanno creduto che il bene sopravvive e vive oltre il male. Come potevano saperlo? Forse un po’ di buon senso? Forse un barlume di speranza? Sappiamo per certo che già prima di Gesù e anche al suo tempo c’erano gruppi di fedeli che credevano nella resurrezione dei morti, mentre altri affermavano che dopo la morte non ci sarebbe stato più nulla. Solo il silenzio e il vuoto.
Sappiamo dall’evangelista Matteo che alcuni sadducei – i quali affermano che non c’è resurrezione dai morti – si avvicinarono a Gesù per interrogarlo portandogli il caso estremo della donna che, vedovanza dopo vedovanza, ebbe per finire sette mariti. Alla risurrezione, dunque, di quale dei sette sarà ella moglie? Poiché tutti l’hanno avuta (Mt 22,28). Caso estremo, al limite dell’impossibile per dimostrare l’insostenibilità della eventuale «fede nella resurrezione dai morti». La risposta di Gesù fu molto chiara e propendeva proprio sul fatto che Gesù stesso credeva alla resurrezione dai morti. Disse dunque a quei sadducei: «Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete voi letto quel che vi fu insegnato da Dio, quando disse: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe?”. Egli non è il Dio dei morti, ma dei viventi» (Mt 22,31-32).
A proposito di resurrezione dei morti, Gesù ha sempre rimandato alla lettura delle Scritture. Non avete letto? dice. E dunque mi piace pensare che quei corpi di santi che risuscitavano mentre Gesù consegnava lo spirito, sono senza ombra di dubbio tutti coloro che hanno ascoltato con gioia e creduto instancabilmente al compimento della Scritture, della Parola di Dio.
E così anche noi dovremo probabilmente riconoscere che se abbiamo letto, se abbiamo ascoltato, questo ascolto a volte era distratto, superficiale. Forse l’uomo preferirà sempre affidare il proprio credere a prove visibili, tangibili, misurabili. Il discepolo Tommaso diventò presto il simbolo di questa incredulità.
Se dopo la morte non ci sarebbe che silenzio e vuoto, potremmo dire che questo stesso silenzio e questo stesso vuoto, sono le condizioni necessarie all’ascolto. Come ascoltare se c’è troppa confusione? Come accogliere un nuovo messaggio se siamo troppo pieni di pensieri o di convinzioni solo nostre? La tomba, nel mattino di Pasqua, apparve vuota agli occhi di cercava il corpo del Signore Gesù, ma in quel silenzio e vuoto apparenti la Parola si faceva nuovamente udire. Forse sono i morti che parlano? Per parlare – ovvietà delle ovvietà- c’è una sola condizione: occorre essere vivi!
Proseguiamo, con calma! La resurrezione non si potrà comprendere nell’affanno, nello stress, nell’efficientismo del nostro mondo contemporaneo. La resurrezione – contenuto preciso della nostra fede – non richiede fretta. Forse è la pazienza stessa della nostra vita. Tutto quanto le donne e i discepoli vedono con i loro occhi ancora spaventanti dalla violenza dei giorni precedenti, tutto questo non è esattamente attendibile: c’è ancora buio… come si può vedere chiaramente? E quella pietra ribaltata è un fragile indizio che farebbe piuttosto pensare ad un furto. Dirà infatti la Maddalena: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». I discepoli Simon Pietro e Giovanni, sono loro a correre… ma la loro corsa non serve a molto. La resurrezione non potrà mai rispondere ai canoni moderni di efficienza e rapidità. La resurrezione dai morti, creduta e testimoniata, chiede a noi soltanto una cosa che tornerà nelle numerose apparizioni del Risorto. La resurrezione di Cristo è credibile solo se fa affidamento all’ascolto delle Scritture. Dubbio e incredulità dei discepoli che pur videro la tomba vuota, le bende e il sudario piegati, sorgono perché – dice già il Vangelo di questo primo giorno di Pasqua – non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti (Gv 20,9)
Risorgono coloro che ascoltano le Scritture. Risorgono coloro che hanno ascoltato le promesse di Dio e cercano continuamente nella loro vita i segni del loro compimento. Risorgiamo noi dunque ogni volta che ci facciamo attenti ascoltatori della Promessa. E mentre Cristo muore e risorge – in questo mistero della fede che si rinnova ogni volta che celebriamo il memoriale della Sua Pasqua – risorgiamo noi e siamo invitati a tornare nelle nostre città, nei nostri luoghi di vita, per dire ciò che abbiamo udito. Non certo per primi. Altri morti risorti ci hanno raccontato la Parola. Da loro abbiamo ricevuto questa testimonianza che venne dalla tomba vuota e dall’ascolto della Parola.
Carissimi amici – tanti, tantissimi! -, fratelli e sorelle che solo il Risorto poteva farmi incontrare, a Voi i miei auguri per una Pasqua, santa e lenta, nell’ascolto delle Scritture il cui compimento è già iniziato e non avrà mai fine! Auguri e grazie di tanta amicizia, di tanto affetto testimoniato in questi giorni sia a distanza come nella vicinanza di queste celebrazioni.
Dal Vangelo secondo Giovanni
(20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Il Cielo è acceso, ci aspetti a Casa
e ci riscaldi il cammino,
il Cielo di stamane
era una carezza infuocata.
Freddo e buio
sono messi in fuga dalla Tua Pasqua.
E non è un sogno più,
il giorno che non finirà mai di cominciare.
Cristo Risorto, fa´ che la Tua Parola continui ad illuminare, scaldare e guidare il nostro cammino.
Grazie don Stefano, per averci accompagnato come sempre con le riflessioni. Ringrazio il Signore per tutti compagni di viaggio con i quali, seppur lontani, possiamo condividere la gioia della Resurrezione.
Grazie a te, don Stefano.
La Parola ci fa vivere, anche in lontananza, una misura di comunione ed è sempre con gioia che leggiamo ottogiorni.
A tutti l’augurio che il Dio della Promessa sia vivo nel cuore di ognuno.
Pasqua: annuncio che la vita non muore. «Vide e credette» dice il Vangelo. Aiutaci, Signore, a vedere nella tua Parola e a credere per annunciare con gioia la bella Notizia. In un mondo che annuncia tante brutte notizie, possiamo essere noi cristiani i tuoi discepoli fedeli che VEDONO,CREDONO, ANNUNCIANO.
In effetti, a ben pensarci, queste resurrezioni che avvengono appena dopo la morte di Cristo potrebbero esser già la realizzazione di quel che egli stesso diceva: che era venuto per “portare a compimento”. Una prova più che tangibile dell’attivazione, o meglio ri-attivazione, di quel progetto d’amore attivato da Dio sin dalla creazione.
E serve calma, sí, serve silenzio e tempo per riflettere e capire. Possono servire anche anni e anni (e capocciate su capocciate!) per arrivare ad intuire la forza dell’amore in opposizione al male.
Qualcosa che anche una crapona impaziente come me infine può arrivare a sfiorare constatando la capacità (persino a me imprevista!) di rispondere con un sorriso e con il silenzio (tanto più inusitato per una chiacchierona!) alle discussioni con il fidanzato, ad esempio. E trarre spunto da queste per provare ad attivare quella stessa reazione, quella stessa pacifica risposta capace -concedendo tempo al tempo- di provocare un’altrettanto pacifica controrisposta, ad altre situazioni della vita. Anche fuori dalla famiglia, anche fuori dagli amori più noti e dichiarati, anche nel caos frettoloso delle relazioni di lavoro e di formalità. E lasciare che l’amore cresca, che svalichi, che si arrampichi ed espanda, sino ad entrare in contatto con altri getti d’amore,bed altri ed altri ancora, a creare una rete tanto più estesa e stabile.
Secondo me per poter credere che la vita non è solo un susseguirsi di fatiche e dolori.
Ogni uomo o donna ha bisogno di segni. Siamo figli di nostro Signore e Lui ci ha creati, fatti così. Il primo grande segno è stata la Sua morte e successivamente la Sua Resurrezione. Ecco perché mi sento di affermare: è risorto come aveva detto! E vinta la morte, ogni fatica e dolore si stemperano nella certezza del Suo vivo e potente abbraccio. Io non c’ero duemila anni fa, ma chi ha scritto i Vangeli sì e io credo fermamente a ciò che è stato scritto in essi. E chiedo al Signore di darmi la Grazia di credere sempre alla Sua parola.