Riflessi di una rivelazione

Il lago di Bret, nei pressi di Losanna, sopra Grandvaux

santissima Trinità (A)

(Es 34,4-6.8-9 / Dn 3,52-56 / 2Cor 13,11-13 / Gv 3,16-18)

A quel nuovo appuntamento sul monte Sinai, Mosè vi salì portando con sé le due tavole della Legge. Nulla di più prezioso e di concreto. Tutta la fede del popolo di cui Mosé era divenuto pastore, dipendeva ora da quelle tavole, da quei comandamenti. Avevano imparato a riconoscersi proprio attorno a quelle Leggi e la loro identità s’era costruita proprio attorno a qui precetti. 
Perfino la preghiera suonava come un monito – da ripetersi più volte nell’arco della giornata – ad osservare e mettere in pratica quelle Leggi. Quelle tavole dei comandamenti divennero presto il segno visibile dell’unità tra coloro che avevano scelto di vivere osservandole e mettendole in pratica.

E perchè dunque chiamare nuovamente Mosé sul monte? Per quale ragione se già tutto il necessario è dato? Quel giorno sul Sinai sarà il Signore stesso che rivelerà il suo vero nome, la sua vera identità. Umanamente, non riusciamo a staccarci dall’idea che unità e identità si possano costruire diversamente che attorno a delle Leggi. Umanamente l’uomo immagina anche la fede come osservanza della Legge, mentre il Signore stesso sa meglio di noi quanto l’uomo sia di dura cervice, lento a credere e incostante nel vivere la fedeltà. Tuttavia ciò che da sempre conta per il Signore stesso è mostrare la sua vicinanza all’uomo: una nube densa e scura – quasi ad evidenziarne comunque il lato misterioso del Signore – rappresentava questa presenza, questa vicinanza. Quel giorno sul Monte stava per succedere ancora qualcosa di inatteso, di inaspettato.

Dal Libro dell’Èsodo (34,4-6)

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».

Da quel momento non più quelle Tavole, non più la nube, ma quelle stesse parole, affidate all’ascolto attento di Mosé saranno il segno più rivelativo di questo passaggio divino davanti all’uomo. È il Signore stesso a presentarsi, sottraendosi a tutti i nostri tentativi di parlare di Lui. Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà: alla luce di questa parola, alla luce di questa identità finalmente rivelata e consegnata all’uomo, possiamo leggere tutta la Scrittura, possiamo persino utilizzare questa parola per ripensare ad ogni gesto e ogni parola di Gesù, il Figlio di Dio e perfino potremmo rileggere le nostre esistenze personali per chiederci se siamo immagine e somiglianza di questo vero Dio. Da quel giorno Dio non smetterà di passarci accanto solo per essere Colui che s’è presentato come misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco di amore e di fedeltà. 

A quella stessa Legge, che sembrava dire tutto del Signore a coloro che ne avevano fatto il punto di forza della loro fede, si appelleranno coloro che decisero di uccidere Gesù stesso per aver rivelato il nome impronunciabile del Signore. E che nome! Chiamarlo «Padre» doveva sembrava ancor più sacrilego come se la prossimità di relazione evocata in quel nome mettesse a repentaglio la santità stessa di Dio, la sua alterità rispetto all’uomo. A commento di quel nome Gesù stesso aveva raccontato forse la più bella delle parabole, dipingendo pennellate di paternità verso due figli mai udite prima di allora, dato che il padre ha sempre rappresentato piuttosto la Legge stessa.

Di tutti gli innumerevoli passaggi di Dio davanti all’uomo – e non ultimo il passaggio di Gesù stesso tra noi – per coloro che credono rimane questo esercizio pratico della fede di cercare d’essere riflessi di questa stessa rivelazione che Dio ha dato di sé. Il rischio è sempre presente di parlare di Dio per affermazioni teologiche, per definizioni catechistiche, ma queste non dicono ancora nulla di Dio e di noi, del fatto che abbiamo deciso di accogliere e credere a questa divina rivelazione che fa di noi degli essere di relazione che si sforzano di vivere quell’umana fraternità che discende da quanto Dio ha rivelato di sé.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (13,13)

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

È alquanto singolare anche il fatto che proprio nel saluto con cui Paolo fa terminare la sua seconda lettera ai Corinzi, iniziano le nostre liturgie eucaristiche domenicali. Se la nostra esistenza cerca di essere il più possibile segno di quel modo con cui Gesù stesso ha vissuto tra noi, senza speculazione alcuna, possiamo semplicemente attestare e augurare che il Padre, il Figlio e lo Spirito santo siano ancora con noi. La preghiera non sarà che una lode a questa presenza, un riconoscimento dei suoi innumerevoli e multiformi passaggi.
Scrive Madeleine Delbrel: «Dio non entrerà nella tua vita, perché Egli è già nella tua vita. Fare come se non vi fosse, non gli impedisce certo di esservi. L’obbedienza è la fame di essere nelle mani di Dio».

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,16-18)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:  «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Dio sconosciuto,
Tu che sei Presenza
nelle notti della nostra storia,
fa’ sorgere la speranza
nella nostra oscurità;
spezza le forze della morte:
con i nostri occhi ti vedremo,
Dio sconosciuto!

Gesù Signore,
tu che eri con il Padre prima dei secoli,
il tuo passaggio ci scopre il mistero ;
traccia un percorso nella nostra vita:
sulle tue orme cammineremo,
Gesù Signore!

Spirito di fuoco,
Tu che vieni a noi,
prendi gli uomini nel tuo respiro,
dispiega nella loro debolezza
il tuo potere;
infiamma d’amore i figli di Dio:
entreremo nella tua gioia,
Spirito di fuoco!

Trinità,
affresco nel presbiterio del Tempio riformato di Saint-Jean à Court, Lausanne

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Piccoli Pensieri (6)

Arianna

È da ieri che ci penso: l’affresco qui riportato a chiusura della riflessione credo sia davvero un’efficace rappresentazione della Santa Trinità, come ha già scritto Suor Regina.
Se pur per la piú fervida capacità immaginativa è già arduo farsi una pur vaga idea di “cosa sia” la Trinità, tanto più difficile pensare di rappresentarla. Eppure qui, in questo “semplice” affresco c’è tutto: un Padre amorevole che sorregge un figlio amato, pur con fatica e puntellandosi ad un trono che, lungi dall’essere mero simbolo di potere, si fa incontro a noi attraverso gradini che si fanno più larghi scendendo, e lo Spirito Santo che aleggia su tutto, ad illuminare il tutto ed indicare la via.
È bello, è significativo, e trovo sia anche un valido sunto di tutto quanto espresso nelle letture di questa domenica. Letture che, in questa occasione piú che mai, permettono di cogliere appieno il messaggio unico intessuto attraverso i secoli e le testimonianze.

5 Giugno 2023
Anna

A proposito di affermazioni teologiche e definizioni catechistiche, che ho sempre considerato per “addetti ai lavori” e maltollerato quando si era obbligati a studiarle a memoria, il sacerdote, celebrando l’Eucarestia di oggi, ci ha congedati così: “Famiglie, siate l’icona della Trinità: del Padre che crea, del Figlio che redime e dello Spirito Santo che santifica.
Buona domenica cari fratelli e sorelle!”.
Mi si è letteralmente scaldato il cuore!
Generare, gioire, perdonare ed essere perdonati riacquistando dignità è un po’ come vivere la santità nel quotidiano…
“Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, a Dio, che è, che era e che viene”.

4 Giugno 2023
Suor Regina

Bellissimo l’affresco qui riportato.(dono la mia interpretazione)…
veramente un incrocio di abbracci delle tre persone della Santissima Trinità…l’Amore supporta il dolore …lo Spirito aleggia sulla Croce per una nuova Creazione…il trono glorioso indica la Vittoria finale quando gli umili saranno esaltati.Grazie

4 Giugno 2023
Dania

Siamo un piccolo riflesso di una grande Luce che irradia amore…e quando riusciamo ad esserlo, più con la vita che con le parole è sempre per Grazia, di quel Dio che un giorno ci fece dono del Suo Spirito. E se il Figlio gli uomini hanno pensato e provato invano ad eliminarLo dalla faccia della terra, così non sarà dello Spirito, alitato, soffiato e profuso in molto cuori, nel corso dei secoli.

Non ci resta che il desiderio e la gioia di annunciare a tutti che “Dio è Amore” e che la Santissima Trinità ne è la manifestazione.

In un bellissimo canto, del gruppo Gen Rosso, sentito per la prima volta di recente, c’è tutto questo:
“A te vorrei dire”

A te che ascolti vorrei dire: Dio è Amore, Amore.
A te che piangi vorrei dire: Dio è Amore, Amore.
A te che lotti vorrei dire: Dio è Amore, Amore.

Non ci sarà mai amore più grande
Di chi dà la vita per gli amici suoi.
E noi abbiamo creduto e conosciuto
L’amore che Dio ha per tutti noi.

(ne ho riportato solo un piccolo stralcio, ma merita di essere ascoltato tutto; buon ascolto a chi accoglierà questo invito).

4 Giugno 2023
Alberto

La Presenza della santissima Trinità è simile all’abbraccio di una mamma a suo figlio. Non è tanto da spiegare ma da sentirne il calore che ti fa stare bene. Questo abbraccio è eterno.

4 Giugno 2023
Maria Rosa

«Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Signore donaci di pensarti così e di sentire così la tua presenza in noi

4 Giugno 2023

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