Avete qui qualche cosa da mangiare?

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Data :14 Aprile 2024
Immagine: Odilon Redon, Cristo nel silenzio (1897)

III domenica di Pasqua (B)

(At 3,13-15.17-19 / Sal 4 / 1Gv 2,1-5 / Lc 24,35-48)

…apri i nostri cuori all’intelligenza delle Scritture,
perché diventiamo i testimoni dell’umanità nuova…

(dall’orazione di colletta della liturgia odierna)

Dal Vangelo secondo Luca
(24,35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Cristo è risorto. Veramente. Ma a ben dire il vero dovremmo pure affermare che è risorto nel suo vero corpo. Affermazione scontata? Non direi affatto perché è evidente la fatica di riconoscere il risorto dopo la morte. Cos’è il Corpo di Cristo dopo la sua resurrezione? Com’è?

È il Corpo di un Uomo che ha sofferto per mano di altri uomini e i segni della passione lo attestano. È il Corpo di un uomo che della vita terrena ha vissuto anche la morte. Perché sta scritto che l’uomo è mortale. Ma i nostri occhi non vogliono ammetterlo. Perché sta scritto che l’uomo conosce il male di fare male. Tutto sta scritto, tutto sembra così fissato… come se da lì non ci sia scampo. Eppure noi, in virtù di non so bene quale fede, preferiremmo ancora credere che Dio debba risparmiare ogni creatura dalla morte… se davvero Egli è Dio e ci ama. La morte è nostra sorella e dobbiamo saperci vivere insieme. Sta scritto nella carne dell’uomo, sta scritto nelle stesse Scritture, semmai un giorno si aprissero i nostri occhi e vedessero la cruda realtà.

A dire il vero è forse solo per questo che il corpo dell’uomo diventa prezioso: per la sua fragilità, per la sua precarietà. Perché non amare questa fragilità, accettandola, rispettandola? È con questo atteggiamento che Gesù, nei giorni della sua vita terrena si è sempre avvicinato ad ogni persona: contemplandone la fragilità, rendendola sempre e comunque degna, meritevole di attenzione. Uno sguardo, una parola, un gesto…

E dunque quando annunciamo la resurrezione di Gesù è evidente che non possiamo tacerne la morte. E dunque perché continuare a credere che Dio debba evitarci di fare i conti con la morte? Perché credere che Dio debba risparmiarci la fatica di considerare la nostra fragilità, il nostro essere creature? A vero dire e a ben leggere le Scritture, è Dio stesso, nella vita umanissima di Gesù, che ha voluto considerare da vicino la morte e tenerla sempre presente. Il risorto non nasconderà le ferite ai suoi discepoli ma li inviterà a guardare, a toccare. Non si può comprende l’amore che Dio ha per l’uomo se non si guardano i segni che hanno ferito il corpo. E non si può dire di provare compassione per l’uomo che soffre se dalla sofferenza e dalla morte distogliamo continuamente lo sguardo. 

C’è una domanda imbarazzante nel Vangelo di oggi ed è il risorto che la pone ai suoi. È una domanda che pare banale ma che sola può togliere la paura di stare in presenza di qualcuno o qualcosa che non conosciamo. L’uomo teme ciò che non conosce. E dunque come conoscere? Come farsi riconoscere? Ecco dunque la domanda. È la domanda di un corpo che ha fame: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».

E non si tratta improvvisamente di chiederci se anche dopo la morte avremo bisogno di mangiare oppure no. Il Risorto dalla morte torna alla vita, proprio quella che i suoi discepoli stanno ancora vivendo cercando di fare pure i conti con il fatto della morte del loro Maestro. Ciò significa che quella domanda non riguarda l’aldilà ma proprio il nostro presente, il tempo della nostra vita terrena. Non c’è domanda più concreta per aprire gli occhi a quei discepoli incapaci di riconoscere quella presenza come il Corpo del Signore risorto. Non uno spirito, non un fantasma. 

Vi sarà capitato che qualcuno vi chiedesse da mangiare. Qualcosa. E ogni volta che abbiamo dato da mangiare a uno di questi piccoli che hanno fame è a Gesù stesso che lo abbiamo fatto. È Vangelo. Matteo, capitolo venticinque. Nella migliore delle ipotesi abbiamo pensato che Gesù stesso fosse nascosto proprio in quel povero. Come? Perché? Quando mai?

Dopo la sua resurrezione, nell’Uomo che ha fame Gesù non è più nemmeno nascosto, ma appare proprio risorto. Annunciare la resurrezione di Gesù nel suo vero Corpo è accettare chi pone una domanda che rimanda al nostro essere creature mortali. Nella fame e nella sete di ogni persona dunque il risorto si fa presente e si fa riconoscere. Ad una condizione: che sappiamo offrigli quello che abbiamo. Non sceglie alla carta ma si nutre di quello che c’è: del pesce arrosto. Cosa avrebbero potuto mangiare e condividere qui pescatori se non del pesce? E non potevano che condividere ciò di cui potevano vivere. E il Risorto prende e mangia. Come lui stesso disse: «Prendete e mangiate».

Dalla condivisione dei cinque pani e due pesci – quel poco per molta gente –  di tempo ne era passato…nel frattempo i discepoli avranno imparato a prendere sul serio quel comando: «Fate questo in memoria di me». La liturgia della condivisione tra corpi fragili e della Comunione tra creature e Creatore è già diventata azione della Chiesa, dei discepoli riuniti in presenza del loro Signore. In questa umana condivisione delle nostre povertà unite a quello che abbiamo e nell’accoglienza della Parola che si fa carne, il risorto mostra ancora oggi il suo Corpo. 

… Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza…

(dal salmo 16)

Giuliano Vangi (1931-2024), Crocefisso e Altare nella chiesa di San Massimiliano Kolbe, Monsummano (PT)

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Piccoli Pensieri (5)

Savina

Ecco l’evidenza! C’è l’avevo sotto gli occhi ma ho fatto fatica ad accorgermi.
Come si dice in bergamasco: dopo sette fette, si è accorto che era polenta!
A me altro che sette Pasque per capire la vera natura del Corpo di Gesù Risorto.
Dentro di me lo avevo sempre immaginato come qualcosa di etereo, di spirituale.
Ci sono voluti don Stefano e il cardinal Biffi per farmi comprendere come Gesù sia risorto con un vero corpo, con un cuore che batte come il nostro (cardinal Biffi), con la concretezza dei segni della Passione e la richiesta di cibo come una persona normale (don Stefano).
Dalle 07,00 di stamattina sono in ospedale per esami del sangue riguardo la mia osteoporosi.
Ormai gli anni sono tanti e mi capita spesso di pensare alla morte.
Come sarà il mio incontro con Gesù?
La vita, dopo la vita, come sarà?
Non provo paura, solo il grande desiderio di poter contemplare il volto del Padre, anche dopo il Purgatorio, anche da un punto lontanissimo, nel Paradiso.
Gesù nella sua vita ha sanato anime e corpi, non perché ci attaccassimo di più alla nostra carne (come purtroppo oggi ci spingono a pensare) ma per insegnarci ad essere attenti a tutte le esigenze dei nostri fratelli.
In questi suoi gesti Gesù sottintende: “ti ho risanato, hai ripreso vigore, adesso fai altrettanto con gli altri”.
Perché le nostre vite terrene avranno un continuum nella “Vita oltre la Vita”.
Grazie

15 Aprile 2024
Dania

“Dio solo può dare la fede,
tu, però, puoi dare la tua testimonianza;
Dio solo può dare la speranza,
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli;
Dio solo può dare l’amore,
tu, però, puoi insegnare all’altro ad amare;
Dio solo può dare la pace,
tu, però, puoi seminare l’unione;
Dio solo può dare la forza,
tu, però, puoi dar sostegno ad uno scoraggiato;
Dio solo è la via,
tu, però, puoi indicarla agli altri;
Dio solo è la luce,
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti;
Dio solo è la vita,
tu, però, puoi far rinascere negli altri il desiderio di vivere;
Dio solo può fare ciò che appare impossibile,
tu, però, potrai fare il possibile;
Dio solo basta a se stesso,
egli, però, preferisce contare su di te”.

Perché Gesù un giorno disse “Date loro voi stessi da mangiare” Mc 6,30-44 e molto probabilmente il Suo essere vivo in mezzo ai Suoi e a noi, è per aiutarci a fare il nostro possibile sapendo che “Lui è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, per rendere straordinari quei giorni ordinari, con dei piccoli gesti d’amore… A volte basta anche solo un saluto!

14 Aprile 2024
D.

Ho rivolto il cuore a questo sole caldo, al cielo terso, al verde vivido persino sul mio balcone, al gorgheggiare degli uccellini, all’abbaiare dei cani che in coro nel quartiere ci tengono a rispondere allo scampanellio della torre, incuranti del quieto riposo che tanti si concedono di allungare la domenica mattina…
 L’ho fatto per vivere tutto il bene possibile nella mia vita ora e qui.

So che il calore è anomalo e che la guerra con il suo fuoco, detonato stanotte, riscalda in tutti i modi possibili il pianeta. So tutto quello che c’è da sapere per giustificare la disperazione.
 Eppure sono chiamata ad una gioia incarnata, una gioia profondamente certa che il signore della vita non lascerà nulla di sprecato.
Non è solo la natura che risplende. La vita chiama la vita ovunque; in particolare se ci si china ad essa con il cuore dell’agricoltore alla vite, del buon pastore alla pecora smarrita.
A tutta questa disperazione che soverchia e che accumula infinite prove di sé, l’argine è dentro di noi, riposto da Cristo. É una rivoluzione forte implacabile, una rivoluzione di gioia posta in noi a Pasqua dal Risorto. C’è un alleanza alla vita che ci chiama continuamente. Io la sento.
Non è questione di capire, di avere abbastanza fede: è la vita spesa lì, dentro lì. “Venite e vedete”; “Sono proprio io”; “Pace a voi!”.
 A questa fiducia alla vita, rinnovata non da me, da Lui, posso rivolgere il cuore – facendomi carico delle sofferenze del mio quotidiano vissuto in mezzo ai miei fratelli. Il dolore non è più una paralisi: esso stesso diventa generativo: non è questo un miracolo di risurrezione?
Vedo tutto il bene che c’è negli uomini attorno a me, persino in me, in atto o da liberare, il bene che oggi è parte della mia piccola vita qui ed ora. Non è illusione: è parte della Sua eredità, tutta questa gioia non è sprecata: è il nostro nutrimento di vita, condiviso a pranzo con Lui: “Avete qualcosa da magiare?”. “Sì, Signore, ce ne hai dato Tu”.

14 Aprile 2024
Adriana

Difficile credere a questo Gesù che risorge senza risolvere i problemi dell’uomo…lo sento dire parecchie volte e, non lo nascondo, a volte lo penso anch’io. Forse perché è dura l’accettazione della nostra fragilità e della morte. Ma Gesù, Uomo e Dio, oggi mi parla di compimento: Egli ha combattuto e ha attraversato le nostre fragilità dandogli rispetto e valore e per amore le ha superate morendo e portandole con sé nella sua Resurrezione. Come i suoi discepoli,duri a comprendere, anche io mi chiedo -” Come ho fatto a non capire il compito che ha voluto assumere Gesù?! Eppure nella sua vita terrena ci ha mostrato con quanta tenerezza e cura ha ascoltato, soccorso, risollevato, amato le fragilità dell’uomo. Con la Sua morte e resurrezione ha dato valore alla morte e dunque alla vita, come parte di essa.
Questo forse devo imparare: convertirmi,cioè cambiare il modo di vivere ,anche la morte nell’accettare e condividere con tenerezza,rispetto e cura le mie e le altrui fragilità come Lui ci ha insegnato.Non semplice ma con Lui vicino forse ce la faccio.

14 Aprile 2024
Maria Rosa

Non si può comprende l’amore che Dio ha per l’uomo se non si guardano i segni che hanno ferito il corpo.
È proprio così anche fra di noi: non possiamo amarci se non nelle nostre ferite e nella condivisione di ciò che siamo.
Grazie

14 Aprile 2024

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