…di un’Altra essenza (divina discalculia)
Signore e Dio nostro, tu ci scruti e ci conosci, il tuo sguardo veglia sul tuo popolo e su ciascuno dei tuoi figli. Gesù, il Cristo, ci ha narrato il tuo amore e la tua sollecitudine con il suo sguardo: sguardo penetrante e dolce, severo e mite, compassionevole e accogliente. Donaci di sentirci sempre visti, conosciuti e amati nella nostra debolezza. Amen.
Dal Vangelo secondo Matteo (10,1-7)
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».
Insegnò a pregare, ma condivise anche le ragioni della sua preghiera. Chiedeva al padrone della messe che mandasse operai nella sua messe. E quel Padre buono, padrone perfino del sole che obbedendo a un Suo comando sorge sui buoni e sui cattivi (Mt 5,45), pare avergli suggerito chi chiamare, chi scegliere. A conoscerli anche solo un poco quei banditori di pace, quegli annunciatori del regno prossimo, non rispondono visibilmente ad umane categorie di elezione. Non sono affatto i migliori. Un pot-pourri di temperamenti, fragili contenitori marcescenti di un’Altra essenza. Non dovevano più sapere di loro, sebbene il nome proprio portava l’impronta delle loro origini, del loro passato; o perfino se un soprannome dicesse qualcosa del loro carattere. Di alcuni di loro si conosceva meglio il padre terreno e per meglio far capire chi fossero e da dove provenissero, si dice anche di chi sono figli. Un po’ come si fa nei piccoli villaggi e paesi per far capire chi si è: dicendo il nome dei genitori e qualche indizio di parentela, si capisce chi si ha davanti e, a volte, perfino con chi si ha a che fare.
Un vero miscuglio di origini e di destini, di temperamenti e di fratellanze. Lo zelota pronto per emulazione a impugnare una spada accanto ad alcuni discepoli di Giovanni Battista che già nella sua predicazione ripugnava la lotta e la battaglia. Colui che promise di non rinnegare mai (poi ci cascò comunque!) e colui che fin da subito è presentato come il traditore. Sì, perché il Vangelo non è un giallo di Agatha Christie o un thriller dove bisogna indovinare l’assassino o il traditore. Nemmeno si deve perdere tempo a cercarli, perché altro c’è da cercare tra le sue pagine. Perché, in fondo, pure i traditori, da Lui stesso vennero perdonati, riabilitati, proprio a testimonianza del suo potere sopra tutti gli spiriti impuri.
“Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme” (Isaia 11,6). Sono visioni di profeti, sono attese e speranza che si facevano parole proclamate con forza quando ancora era notte, quando ancora la Luce non splendeva nel mondo… la Luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Li scelse dunque il Figlio ma su evidenti criteri del Padre. “Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono” scriverà alcuni anni dopo perfino Saulo di Tarso (divenuto Paolo) nella sua prima lettera ai Corinzi (1,27-28).
C’è da ridurre a silenzio il potere di altri regni che si fanno strada tra gli uomini. E questo fu tutto il potere che il Figlio volle condividere con i suoi fratelli, dopo che il Padre suo li condivise con Lui: diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. Il Regno di Dio, quello di cui dovevano farsi testimoni non era neppure più questione di cibo o bevande, ma piuttosto di gioia, pace nello Spirito santo (Rom 14,17); il regno di Dio non consiste neppure in parole ma in potenza (1 Cor 4,20).
Li scelse dunque così, perché fossero testimoni di questo regno che viene, di questo regno che si fa prossimo, che si avvicina. E dovettero provarlo sulla loro pelle prima di poterlo dire ad altri. Altrimenti sarebbero somigliati a dei promoter che ogni giorno si devono riciclare perché oggi sono mandati a vendere olio e domani a promuovere sgrassatori per togliere le macchie dell’olio. Qui non si vende nulla. Si dona. Si dona la Vita, l’unica vita che si ha e l’Unica Vita indivisa che scorre fin da principio nel tempo e nella storia, da che mondo è mondo. Condivise il potere sugli spiriti impuri proprio per dimostrare perfino l’imprecisione di certe regola economiche: ciò che si divide – stando alla divina discalculia, il disturbo delle abilità numeriche – in realtà si moltiplica. Divise con altri il potere di scacciare spiriti impuri e il mondo si trovò arricchito di Bene. Un popolo poteva passare illeso tra gli argini di un grande mare improvvisamente apertosi e trattenuto da argini. Nel prossimo regno di Dio ciò che si divide si moltiplica.
Non li mandò da subito in mezzo a popolazioni pagane o straniere. Anzitutto li mandò a quelli della loro casa, della loro terra, al popolo di cui già facevano parte, Erano i più prossimi, i più vicini. Ma non fu criterio elettivo neppure questo. Non disse che prima dovevano pensare ai loro compaesani o compatrioti. Disse, tra le righe, che sarebbe accaduto pure a loro ciò che Egli stava già provando: il rifiuto dalla sua gente, il profeta disprezzato in patria. Proprio a testimonianza che la terra di quel regno nulla ha a che fare con la terra che calpesti e che può appiccicarsi sotto i calzari. “La polvere scuotetela dai vostri piedi – disse – se per caso vi accusassero di portarla via. Voi che state donando la vita… sarete accusati di portar via la polvere della terra”. Parlava proprio così il Figlio di Dio, Lui che si sentì perfino di essere come un ladro da prendere con spade e bastoni (Mt 26, 51). Lo spunto sembrava averglielo fornito Lui stesso, quando parlando del Figlio dell’uomo e del suo Regno si paragonava ad un ladro che viene di notte. E invitava a vigilare, a stare svegli. Non capirono nulla di quanto diceva. E le sue parole che pronunciava proprio perché avessero la vita in abbondanza, furono prese dai suoi nemici come occasione per dargli contro e toglierlo di mezzo dalle loro esistenze. Misteri del Regno, annuncio di Vangelo, Scrittura che si compie! C’è solo che da rallegrarsi se capiscono fischi per fiaschi, perché è per causa Sua e del Vangelo. “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi“. (Mt 5,11-12).
Non bastano davvero sangue e carne per entrare nei segreti del Padre e del suo Regno. Non bastano sangue e carne perché di quella stessa carne e di quel sangue erano fatti i discepoli come le pecore perdute della casa di Israele. Li volle piccoli, semplici e indifesi perché a loro lo Spirito potesse rivelare le cose del Padre. E il Figlio non smetteva di benedire quel Padre.
Di chi son figlio? In quale regno vivo? Quale Signore servo?
Se la mia carne cibo ti sarà, la mia pelle ti riscalderà
e sarà il mio fegato che coraggio ti darà.
E così sarà, buon Signore, che il corpo del tuo vecchio servo
sette volte darà frutto, sette volte fiorirà.
Dimmi, buon Signore, che siedi così quieto
la fine del tuo viaggio che cosa ci portò?
Che cosa ci portò?
Come la cerva cerca i corsi d’acqua, così l’anima mia cerca te, mio Dio.
La mia anima ha sete del Dio vivo: quando tornerò vicino a lui?
Io giorno e notte piango di nostalgia
e tutti intorno scherzano chiedendo: Dov’è il tuo Dio?
Piango al ricordo del tempo passato quand’ero in pace.
Piango e mi dico: Perché ti angosci, anima mia, perché mi dai tanto dolore?
Spera in Dio: prima o poi tornerai a ringraziarlo, perché ti salverà.
Vado per i monti e trovo l’acqua.
Ma non la vedo scorrere tranquilla come la speravo per la cerva.
La sua voce viene dalle cascate, grida dalle gole dei precipizi,
urla nei torrenti tanto forte, che ho paura di esserne travolto.
Mio Dio! Non sei come immaginavo! Tu non dai solamente quiete e pace!
(dal samo 42)