Cosa cercare o chi seguire?
O Dio, che hai preparato beni invisibili
per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi,
che superano ogni desiderio.
(Preghiera di colletta per la XX settimana del tempo ordinario)
Dal Vangelo secondo Matteo (19, 16-22)
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?».
Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!».
Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Il concetto di “buono” (e anche il suo contrario) noi lo apprendiamo, fin da piccoli, per lo più da ciò che gustiamo con le labbra e con la bocca. Il bambino distingue ciò che è buono da ciò che non lo è portando alla bocca del cibo. La pedagogia parla di una “fase orale” nella crescita del bambino che corrisponde appunto a questo tempo in cui si scopre il mondo “mangiandolo”.
Il credente, da sempre, sa che, sulle sue labbra, deve avere la parola vera, la Legge del Signore: solo così egli potrà capire che cosa è buono da ciò che non lo è. La Torah, Legge di Dio, è per un credente il suo nutrimento e fare ciò che la Parola di Dio chiede può davvero essere come un cibo che sostiene l’esistenza. “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato“(Gv 4,34) dirà Gesù ai suoi discepoli lo trovarono intento a dialogare con la donna samaritana ed erano preoccupati che non avesse nemmeno mangiato o che altri glielo avessero procurato.
Gustando la bontà della Legge di Dio il credente scopre cos’è buono. Questo cammino dietro alla Parola del Signore porta – sembra suggerire Gesù – a scoprire che, in ultima analisi, soltanto Dio è buono, Egli che da come cibo la sua Legge perché l’uomo impari a gustare la vita senza avvelenarsela di azioni malvagie. “Che cosa devo fare di buono?” non è dunque una domanda generica, ma domanda riferita ai comandamenti dati da Dio. È per questo che Gesù risponde citando alcuni dei comandamenti scritti sulle tavole del decalogo. Per la precisione, cita i comandamenti che sono riferiti al prossimo. Per avere la vita eterna, per fare in modo che la vita continui anche dopo che tu non sarai più, bisogna pensare al prossimo, perfino a chi verrà dopo di noi. “Ai tuoi padri, succederanno i tuoi figli” (sal 44,17). Una discendenza assicurata per il credente ebreo è una vera benedizione. Egli può stare sicuro che non solo la sua stirpe proseguirà ma che pure la Legge del Signore continuerà ad essere osservata, meditata e continuerà ad essere cibo per le generazioni a venire. Nutrirsi della Parola di Dio, della sua Legge, è come gustare un buon cibo che è come una consolazione per la vita che spesso si rivela faticosa e dura.
Quel piccolo uomo che sta via via scoprendo ciò che è buono, dovrà anche scoprire che “buono” è qualcosa di relativo alla capacità di fare dono e condividere. Egli dovrà essere educato a non divorare, a non tenere tutto per sé. L’avidità e il possesso mette già l’uomo su una strada non buona. Dio, il solo buono, lo è anche per questa sua capacità di donare, di donarsi e non trattenere nulla per sé.
Con delicatezza, Gesù porta il suo anonimo interlocutore a sentire che spesso ci si è riempiti la bocca di strette e fedeli osservanze ottenendo un effetto non troppo benefico: osservare i comandamenti spesso assomiglia ad un’ulteriore ricchezza da ostentare e che potrebbe illudere l’uomo di essere al sicuro e in qualche modo già salvo. Sentirsi buoni perché si osservano i comandamenti è possedere l’intima presunzione di salvarsi da soli. Come se il cibo che si mangia ce lo si fosse procurato interamente da sé. Una buona torta, ad esempio, contiene latte, uova, zucchero… ma questi ingredienti da dove provengono? L’uomo deve scoprire che l’uomo è intimamente connesso con tutto il mondo vivente e la terra non è in suo possesso ma è un dono da custodire e da amministrare, un dono fatto dal buon Donatore supremo.
Poter affermare di essere buoni praticanti per il fatto che si osservano i comandamenti (“Ucciso non ho ucciso, rubato non ho rubato”… ecco come spesso ci poniamo davanti ai comandamenti del Signore: sempre in modalità “auto-giustificazione”!) questo dà all’uomo una presunta sicurezza. Non a caso spesso ci illudiamo di essere più buoni di altri per il fatto che si osservano i comandamenti. E questo ci fa un bel tesoretto morale, come quando diciamo che è sempre meglio “avere da parte qualcosa” per vivere con una certa tranquillità e vedere il futuro meno incerto. Ci illudiamo così di poter stare tranquilli. Essere ricchi anche delle proprie conquiste morali, delle proprie osservanze religiose, tutto questo fa parte di ciò che dobbiamo lasciare.
Gesù chiederà di lasciare tutte le ricchezze con le quali l’uomo stesso si assicura un avvenire presunto certo. Egli dovrà pure imparare a non confidare più in se stesso. Al termine di un dialogo che tocca le corde dei desideri più profondi dell’uomo, Gesù pronuncia il suo comandamento: “Seguimi!“. L’invito a svuotarsi delle proprie ricchezze per seguire Gesù, risuona forte come un comando di Dio. Un’unica buona parola, offertagli per salvare la vita e condurlo fin verso il Buono. Ma l’uomo si fa triste, proprio lui che voleva essere felice. La Parola di Dio, come sempre, mette in luce i segreti dei cuori. Un semplice invito a seguire Gesù può svelare quanto il nostro cuore sia ancora troppo attaccato alle cose… Eppure era così vicino dal compiere il salto della fiducia: dal “cosa” cercare al “chi” seguire.
Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola.
Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.
Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te.
Benedetto sei tu, Signore:
insegnami i tuoi decreti.
Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca.
Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze.
Voglio meditare i tuoi precetti,
considerare le tue vie.
Nei tuoi decreti è la mia delizia,
non dimenticherò la tua parola.
Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
Hai fatto del bene al tuo servo,
secondo la tua parola, Signore.
Insegnami il gusto del bene e la conoscenza,
perché ho fiducia nei tuoi comandi.
(dal salmo 119, 9-17.43-45.65-66)
Ho letto questa cosa da qualche parte ma non mi ricordo dove e non ricordo chi l’ha scritta però me la sono fatta mia e ogni qualvolta mi è capitato di dover commentare i comandamenti ho sempre portato questo esempio: dobbiamo pensare che le tavole della legge vengono date al popolo in un sistema di governo di tipo gerarchico/militare. In un’ottica militare il comandante è colui che ha il mandato (da parte del re) quindi è colui a cui viene conferito il potere. Pensiamoci allora come tanti con-mandato, pensiamoci come rappresentanti di Dio (il nostro re) che ci dona il potere. Di fare cosa? Di vivere una vita buona. È come se ci venisse detto:tu hai il potere di vivere senza rubare, tu hai il potere di vivere senza uccidere etc… I comandamenti non sono quindi un’imposizione ma ci ricordano che noi abbiamo il potere di vivere una vita davvero buona. Non abbiamo più scusanti. Vivere una vita buona è possibile dipende solo da noi. ????????
Di recente ho letto un libro di Anselm Grün. Riguardo i comandamenti, lui scrive: un comando non è in primo luogo un divieto, ma un orientamento di vita, una “norma” il più delle volte già inscritta nel nostro intimo, è che noi con molta facilità e frequenza trascuriamo.