Ravvedersi e riguardarsi
Signore, come dunque essere segno della tua presenza nel mondo? Vedendo le nostre opere come potranno trovarti gli altri, i fratelli che ti cercano? Signore, donaci coerenza e stabilità e fa’ che non diventiamo noi il più grande ostacolo a quanti vorrebbero crederti. Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Luca (6,39-42)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Di ritorno da Assisi, posso dire ancora una volta che essere discepoli di Gesù Cristo è possibile. Lo dico, se mai qualcuno, in cuor suo, si fosse rassegnato o avesse già deciso di rinunciarvi. Si tratta, anche per ciascuno di noi, di scegliere da quale maestro vogliamo farci istruire. Mettere in cattedra il Vangelo è una vera e buona scuola. Certamente, ci vuole allenamento, esercizio, una buona preparazione… eppure col tempo si perviene, ci si arriva! Francesco di Assisi, l’alter Christus è testimonianza ancora eloquente di una vita semplicemente guidata dagli insegnamenti del Vangelo. Quando Francesco decise di vestire una tunica grezza a forma di croce, ne dichiarò pure l’intento: quell’abito, d’ora in poi, più nessuno glielo avrebbe invidiato.Fu lui stesso a dirlo, lui che per buona parte della giovinezza s’era divertito a suscitare l’invidia di amici e compagni, vuoi per le sue imprese, vuoi per quel suo essere figlio di Pietro di Bernardone, il ricco mercante di stoffe.
Si tratta di decidere in quale direzione porre il proprio sguardo. Come spesso accade tra fratelli, si guarda all’altro e si fanno confronti, paragoni… nascono così semplici e piccole gelosie, rivalità che a lungo termine possono risultare deleterie. Fin da piccoli, il nostro occhio pare sollecitato all’invidia: da un giocattolo che non si possiede si passa poi, una volta divenuti adulti, al desiderare cose maggiori. E lo sguardo cade sempre su quanto gli altri hanno.
Nel Vangelo di Luca, a differenza di Matteo, Gesù non se la prende con scribi e farisei. Il suo discorso è tutto rivolto ai suoi discepoli, chiamati e istruiti dal maestro a vivere come fratelli, poiché figli dello stesso Padre. È proprio l’invidia a rendere ciechi i discepoli di Gesù. È quel continuo guardarsi tra fratelli, perdendo di vista il maestro, che rovina l’esistenza e si finisce per uscire di strada, come cadendo in un fosso.
Il vangelo di oggi ci chiede di ravvederci: di correggere il nostro itinerario per non cadere in un fosso. Riguardarsi, avere cioè riguardo per sé, significa anche guardare a se stessi, prima che agli altri, per correggere le nostre storture. È forse uno dei pochi casi evangelici in cui il discepolo è invitato a guardare a se stesso: distogliere lo sguardo dalle pagliuzze altrui per osservare la trave (che anche solo a livello di proporzioni è decisamente più evidente di una pagliuzza!) e, tolta la trave, tornare a fissare il nostro sguardo su Gesù, nostro maestro di vita. Ravvedersi e riguardarsi significa avere un occhio di riguardo per questo pericolo così quotidianamente incombente di giudicare gli altri prima che noi stessi.
Signore, tu mi guardi e mi leggi negli occhi
ciò che custodisco nel segreto del cuore;
ogni mio gesto ti è familiare,
lo segui con amorosa premura.
Accompagni il mio lavoro e il mio tempo libero
il filo dei miei pensieri
e i miei desideri più nascosti.
Conosci le parole che dico,
i progetti che mi frullano in testa.
La tua è una presenza costante,
uno sguardo che avvolge la mia vita.
Quando ci penso, resto come incantato,
sorpreso e insieme affascinato.
È una cosa grande, meravigliosa,
e spesso non me ne rendo conto!
Nel turbinare affannoso delle scelte,
sono portato a sentirmi autosufficiente,
protagonista della mia vita
e dominatore delle cose.
In realtà cosa sarei senza di te?
Quali speranze che non siano miraggi?
Quali esperienze potrei fare
senza incontrare il tuo volto?
Il mio stesso corpo è un dono meraviglioso
creato dalla tua mano,
cesellato con arte e con gusto
fin dal seno di mia madre.
Ti ringrazio, Signore,
per avermi fatto in modo così bello!
Tutto quello che fai è meraviglioso,
ogni cosa è un raggio della tua bellezza.
Tu conoscevi i miei pregi e i miei difetti,
prima ancora che io li scoprissi;
conoscevi i miei entusiasmi e le mie paure,
prima ancora che li sperimentassi.
Tutti gli avvenimenti della mia vita ti erano familiari,
prima ancora che li vivessi.
E mi hai riempito l’esistenza di doni!
Avrei voglia di mettermi a raccontarli,
ma sarebbe una storia troppo lunga:
innumerevoli piccoli segni che sempre mi portano
all’unico grande dono che tu sei, Signore!
A volte mi meraviglio di certa gente che non capisce,
che si affanna per cose inutili,
che non sa vedere la tua presenza nella vita,
o che ti usa per interessi personali.
Mi fanno rabbia e tristezza;
non sopporto la loro ipocrisia;
mi vien voglia di condannarli.
Ma prima devo giudicare me stesso.
Signore, giudica tu la mia coscienza;
fammi capire se le mie scelte sono giuste
e conducimi per mano sulla via, che porta alla vita.
(dal salmo 138)
“Non giudicare per non essere giudicato”…, sempre più facile giudicare che giudicarsi o lasciarsi giudicare. C’è un solo giudizio che più di qualunque altro vale e proprio per questo deve essere tenuto in considerazione. È un giudizio giusto che induce alla richiesta del perdono se si sbaglia e ad amare. “Perdonati per perdonare, sempre amati per amare”. Grazie Signore per la Tua sola infinita Misericordia.