Fiutando Vangelo nell’aria (Stabat mater… dolorosa?)

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Data :15 Settembre 2020

Memoria della beata Vergine Maria, addolorata

(Eb 5,7-9 / Sal 30Gv 19,25-27)

Introduci, Signore, la nostra mente nella tua Luce; nella tua luce camminiamo con passo sicuro, senza temere gli ostacoli. La pace della tua certezza si risvegli in tutti i cuori. Amen.

(Giovanni Vannucci)

Dal Vangelo secondo Giovanni (19,25-27)

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Mi perdonerete l’immagine di copertina. Abbiate pazienza e alla fine sarà tutto più chiaro. Non avrei saputo scegliere un’immagine tra le tante a rappresentare la persona in questione. Il giorno seguente la festa dell’esaltazione della santa croce, come ampliando lo sguardo e la veduta, la liturgia ci fa ricordare Maria ai piedi della croce. Il racconto evangelico è quello di Giovanni. L’unico che mette in scena, ai piedi della croce, figure femminili positive. Tra queste c’è Maria, la madre di Gesù che solo nel Vangelo di Giovanni appare anche ai piedi della croce. Così come era presente all’inizio, alle nozze di Cana quando ancora non era giunta l’ora per il Figlio di essere glorificato dal Padre dando compimento alle Scritture e donando lo Spirito. Maria torna in scena nel Vangelo in una postura che non assomiglia proprio a quella che per tradizione siamo soliti darle nell’ora della croce. 

Riflessione un po’ insolita ma che tuttavia non spero inutile: mi sono sempre chiesto come poteva stare Maria ai piedi della croce? Stava in piedi o sveniva? Era composta nel suo dolore o si disfava di urla e pianti? Proprio a questo punto è necessario che il nostro umano sentimento incontri le parole scarne ma precise del Vangelo. La pittura e le raffigurazioni sacre non ci hanno mai aiutato… anzi, hanno calcato la mano! Vergini addolorate, vestite già a lutto, con fazzoletti in mano già intrisi di lacrime, Madonne con spade infilzate nel cuore… anche se di una spada si parla nella profezia evangelica di Simeone (Lc 2, 33-35). E donne pronte a soccorrere la Madre che sta per cadere a peso morto. Poi le preghiere e gli inni lunghi, lunghissimi della tradizione: Stabat mater dolorosa, juxta crucem lacrimosa… che, incontrando poi la musica, sono diventati capolavori di composizione per cori e orchestre.

Ma il dubbio mi rimane! Non sono così convinto che Maria ai piedi della croce si sia scomposta per quanto stava accadendo. Mi sbaglierò di certo. Sono un uomo e vengo dal pianeta Marte. Le donne vengono da Venere, un altro pianeta… un espressione di John Gray per dire che spesso uomini e donne non si capiscono. Non ho quindi pretesa di interpretare sentimenti femminili anche se ho visto parecchie madri perdere i loro figli:  è certamente qualcosa che pare essere perfino contro ogni logica o la natura stessa delle cose già che sulla morte avrebbe precedenza chi è nato prima e una madre sarebbe disposta a sacrificare se stessa per la sopravvivenza e la vita del figlio. Eppure accade ancora che una madre sopravviva al figlio.

Questa memoria, questa devozione che invita a pensare al dolore di Maria trova probabilmente le sue radici in epoche in cui davvero erano ancora molti di più i figli che morivano. Penso anche solo ai tempi delle guerre in cui giovani soldati venivano mandati al fronte… e  le madri, in casa, a pregare e scrivere lettere in attesa di una risposta che testimoniasse semplicemente che il figlio era ancora vivo. Gli accenti delle devozioni religiose cadono sempre a descrivere epoche e passaggi. Un po’ come i crocefissi che fino all’anno mille circa erano sempre dipinti svegli e gloriosi seppur in croce, mentre ad un certo punto se ne sottolineerà l’estremo dolore facendo colare sul corpo rivoli di sangue, rendendo cianotico l’incarnato, chiudendo infine gli occhi. Come a voler sottolineare che Cristo è morto veramente, in epoche in cui probabilmente qualcuno dubitava della vera morte di Gesù o in tempi in cui si moriva violentemente tra guerre e battaglie?

Prevale – comprensibilmente – il nostro sentimento anche in materia di fede, o meglio, quando la fede incrocia certi snodi esistenziali che non si possono raggirare. Nel rispetto del dolore di ciascuno e dei vari modi per viverlo, credo che non siamo oggi invitati ad immaginare le urla di dolore di Maria quanto piuttosto ad aprirci a qualcosa di inatteso, di insolito… e, come disse già Maria all’inizio del Vangelo quando lei pure fu invitata alle nozze di Cana, fare quanto Gesù ci dirà. Il nostro sentire o la nostra immaginazione vorrebbero Maria bisognosa lei pure di soccorso ai piedi della croce… mentre Giovanni nel quarto Vangelo dice qualcosa di nettamente differente. Se soccorso c’è, trattasi piuttosto di mutuo soccorso. Maria riceve Giovanni come figlio, mentre Giovanni accoglie Maria come sua madre. Gesù sembra dire a Maria che è stata una buona madre tanto che sente di poter far gustare al discepolo la stessa bontà. 

Lascerei davvero alla cinematografia di far udire urla di dolore mescolate al vociare delle folle, di far vedere il sangue che cola dai corpi prima fustigati e poi crocefissi… lascerei perfino alla TV di straziarci i cuori nell’ora delle morti da cronaca. Io mi fido del Vangelo. Che non mostra nulla… se non ciò che serve, ma sempre attraverso l’arte di raccontare e di plasmare con la parola, come fu in principio. All’inizio di ogni inizio c’è sempre la Parola. È la Parola che plasma e da forma a ciò che poi esisterà. È così da sempre… e anche alla fine sarà così! Anche al termine della parabola terrena di Gesù, prima di morire, Egli parla e tutto è fatto; comanda e tutto esiste (salmo 33).

Credo, a questo punto, di essere uscito dal dilemma iniziale. Stabat mater, certo! E ci stia pure addolorata… ma accogliamo la rivelazione del Vangelo: attraversò anche Lei quell’indecente umano dolore di madre che perde un figlio, ma stette obbediente fino alla morte. Stette con lo stesso atteggiamento di fede che sempre la contraddistingue ogni volta che “appare e la si incontra” nel racconto evangelico: “Maria meditava tutte queste cose, serbandole nel suo cuore“. Maria è colei che è sempre tesa ad ascoltare la Parola di quel Dio che ora parlava per Lei con voce di Uomo. Come seppe riconoscere nei vagiti natalizi quel Dio che chiede aiuto all’uomo e che allo stesso tempo non ha bisogno di noi per salvarci, così seppe cogliere le ultime volontà di un Figlio che sapeva bene di aver messo al mondo e che mai volle trattenere per sé.

Mi confondono spesso con gli scettici… alle apparizioni mariane o alle devozioni in suo onore. Semplicemente preferisco stare sul testo evangelico. Quando lo avrò compreso totalmente, quando lo avrò fatto tutto mio e lo si potrà leggere completamente nel mio corpo, allora potrò volgere lo sguardo altrove. Tuttavia sento che non basterà un’intera esistenza e pertanto perdonatemi se non mi giro a guardare in altre direzioni, ma preferisco stare davanti alla pagina evangelica. Quando la morte spezza legami e pare far cessare rapporti vitali, ecco che nell’aria c’è ancora in giro la Parola che da’ vita.

Resto meravigliato quando vedo Grigio (il mio cane) che di tanto in tanto si ferma immobile a fiutare l’aria e poi si mette a girare il muso qua e là come se nello spazio di pochi centimetri possano essere racchiusi odori e profumi differenti… A volte mi piacerebbe essere proprio capace di distinguere nell’aria ciò che profuma di Vita, ed avere orecchie tese per ascoltare la Parola anche quando si fa buio su tutta la terra. È vero, ci sono anche animali che all’odore del sangue corrono e si avventano sul cadavere. Ma scelgo di preferire il profumo del Vangelo, scelgo di stare con le orecchie tese ad ascoltare la Parola che ogni mattino ci risveglia e ci fa – spero – più attenti alla Vita.

Rogier Van Der Weyden, Maria ai piedi della croce, (1399-1464)

Signore, donaci una lingua da discepoli

perché sappiamo indirizzare una parola agli sfiduciati.

Anche questa mattina,  fa’ attento il nostro orecchio

perché possiamo ascoltarti come tuoi discepoli.

Aprici, Signore, l’orecchio

e donaci di non opporre resistenza alla tua Parola.

Signore, noi sappiamo che tu ci assisti,

e per questo abbiamo fiducia in Te.

Per questo possiamo reggere anche nell’ora del dolore

perché tu non ci lasci nella confusione e nello smarrimento. 

(liberamente… dal terzo canto del Servo del Signore, Isaia cap.50)

Tu, o Purissima, prega per noi:

nell’ora della prova fa’ che siamo provati

e trovati del giusto peso.

Prega per noi,

perché siamo rinnovati nella grazia

e capaci di operare nel tuo segno divino.

Madre di tutti gli esseri,

seno che custodisce i germi

dei campi fertili della vita universale,

in questo giorno a te dedicato

cantiamo le tue lodi, e spezziamo il pane

della pietà e della misericordia.

Ti salutiamo, o Maria,

conforto e madre di tutti gli esseri.

(Giovani Vannucci)


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