… e cosa ci fai anche tu qui?
La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio,
un unico grande colloquio.
A volte, i miei piedi piantati sulla tua terra,
i miei occhi rivolti al cielo,
le lacrime mi scorrono sulla faccia,
lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza.
Io non combatto contro di te, mio Dio,
tutta la mia vita è un grande colloquio con te.
(Etty Hillesum)
Dal Vangelo secondo Luca (12, 8-12)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».
Improvvisamente il linguaggio si fa quasi giuridico. La scena stessa è quasi un processo. Siamo sempre fuori dalla casa del fariseo che invitò Gesù a pranzo. Una folla all’esterno attendeva Gesù e i suoi discepoli. Presagio indiscusso di una folla davanti alla quale Gesù stesso si troverà esposto, nel rapido processo che gli fu intentato prima di essere crocefisso. Presagio indiscusso di altrettanti processi che i discepoli dovranno sostenere durante il tempo della loro predicazione del Vangelo. Basta leggere il libro, dello stesso autore, intitolato: “Atti degli Apostoli”. Gesù sembra predire quanto accadrà agli stessi suoi discepoli. Ci vuole ben poco a capirlo: se hanno trattato così il Maestro, similmente avrebbero trattato i seguaci. Non dimentichiamoci che Luca scrive a cose avvenute. Noi pure professiamo la nostra fede a cose avvenute: fu crocefisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno risuscitò da morte.
Non riuscirono a far tacere la Parola. Ed essa, risorgendo da morte, andò a collocarsi per opera dello Spirito santo sulla bocca dei suoi discepoli. E così, la Parola continua la sua corsa, fino a noi. Ora. Mentre meditiamo. Un lungo processo di fede, opera dello Spirito che è Signore e che da la Vita… e che scardina tutti quei processi umani che cercano sempre di eliminarlo dalla faccia della Terra.
A volte, non lo nego, mi prende un velo di sconforto nel vedere con quanta facilità viviamo come se non conoscessimo Gesù. Non lo dico per pietismo o in senso devozionale. Non lo dico per le percentuali dei credenti praticanti che dalle nostre parti sembrano calare col passare del tempo; non lo dico per comunioni eucaristiche offerte ai fedeli ma non accolte durante la celebrazione della Messa. Lo dico soprattutto in merito a come Gesù ci ha chiesto di comportarci in mezzo agli uomini del nostro tempo. A volte sembra davvero che non lo abbiamo mai conosciuto, mai incontrato, mai sentito una sua parola. “Va’ e anche tu fa così” di samaritana memoria non è quasi più l’agire spontaneo dei discepoli. Mi dico pertanto che non dev’essere una questione di naturalezza, di spontaneità. Per non rinnegare Cristo davanti agli uomini, c’è solo una cosa da fare: rinnegare se stessi. Dimenticarsi di sé, di quello che più umanamente faremmo per questa inclinazione naturale a salvare la propria vita prima che quella altrui. Non mi scandalizzo, ma sentire con quanta facilità diciamo di essere credenti, cristiani… e con quanta leggerezza viviamo come se Cristo non esistesse o non fosse mai esistito… Un sentimento vagamente religioso ci pervaderà sempre, ma un’amicizia viva, intensa con Gesù, il Cristo…?!
Non mi perdo d’animo. E per farlo so che non mi devo allontanare neppure dal Vangelo. Ed è così che mi ricordo di un uomo, un certo Simone chiamato poi Cefa, Pietro, che per tre volte disse di non conoscere Gesù. E il gallo non aveva ancora cantato… ma quel canto fu già speranza. Era il segno di un nuovo giorno che stava per sorgere. Gallo canente spes redit dicevano i latini. La speranza rinasce al canto del gallo. Spessissime volte, al mattino presto quando scrivo questi testi, sento dalle finestre giungermi il canto di un gallo. Vivo in campagna ma, a dire il vero, il gallo più vicino alla mia casa disterà qualche centinai di metri. Eppure il suo canto, attraversa il buio e si fa riconoscere come il canto che mi annuncia un nuovo giorno, un nuovo inizio. Fuori è ancora buio, il freddo ormai inizia a pungere, ma il canto del gallo ridice la speranza. Gesù Cristo torna a visitarci come un sole che sorge, come la luce che vince la notte. Di qui la necessità di camminare e comportarci onestamente come in pieno giorno, quando alla luce vediamo la Luce, quando cammin facendo i volti degli uomini si riconoscono come fratelli.
Forse sta proprio qui il senso di riconoscere il Figlio dell’uomo. Nei volti di persone che incontriamo per la strada ci sono fratelli che, abitati e mossi dallo stesso Spirito, sono in ricerca di Qualcuno che possa riconoscerli e correr loro incontro. Mi è capitato tante volte e anche nell’ultimo pellegrinaggio ad Assisi: trovare casualmente sul posto persone che mai avrei pensato di trovare o di rivedere, in quello stesso luogo e in quello stesso momento. Mentre stavo spiegando qualche dettaglio degli affreschi nella Basilica Superiore, o mentre all’ombra degli alberi si stava per entrare all’Eremo delle Carceri… si avvicina qualcuno, ci si riconosce. Sorpresi e felici di rivedersi.
“…E cosa ci fai anche tu qui?”. Essere riconosciuti a distanza da casa: scopri quanto intenso è stato il cammino, quanti passi si sono fatti e tutti grazie a Gesù e al suo Vangelo. Non è questione di celebrità. È questione piuttosto di riconoscere quei buoni legami sono nati nella propria vita grazie a Dio. Se non fossi cristiano e prete oggi – mi dico – chissà dove sarei, cosa starei facendo, come starei vivendo… forse sarei ancora chiuso in casa mia come quando da ragazzo non osavo quasi mai uscire di casa. Fu proprio l’incontro con il Vangelo, con la sua Chiesa (nel dettaglio: un’allora giovanissima comunità parrocchiale quasi mia coscritta) a spingermi fuori casa e fu, a pensarci bene, la mia personale pentecoste.
Passatemi i riferimenti autobiografici. Voleva essere solo un semplice invito per ciascuno a ripercorrere nella preghiera di oggi o nell’arco della giornata, la propria esistenza, provando a ripensare a tutte le persone che, grazie a Gesù Cristo e al suo Vangelo, abbiamo conosciuto. Cosa saremmo oggi, senza di Lui e senza di loro?
Veramente lo Spirito è Signore e dona la Vita. I tribunali degli uomini condannano, sentenziano. E così ci troviamo spinti e costretti a rinnegare palesemente la fraternità. Davanti al tribunale di Dio è bello scoprirsi fratelli. Solo così non avremo rinnegato Gesù. E Cristo, sarà tutto in tutti. Non per capacità umana. Solo e soltanto per opera dello Spirito santo.
Che dire, dunque?
Già ascoltato e meditato altre volte, questo canto (le cui parole sono tratte dal testamento di Chiara Lubich) anche oggi ci potrebbero fare bene.
So che sei qui in questo istante,
so che sei qui dentro di me,
abiti qui in questo niente
ed io lo so che vivi in me.
Che mai dirò al mio Signore
che mai dirò tutto tu sai,
ti ascolterò nel mio silenzio
e aspetterò che parli tu.
E mi dirai cose mai udite,
mi parlerai del Padre,
mi colmerai d’amore,
e scoprirò chi sei.
Io sento in me la tua pace,
la gioia che tu solo dai,
attorno a me io sento il cielo,
un mondo di felicità.
Mio Dio sei qui,
quale mistero
Verbo di Dio e umanità.
Non conta più lo spazio e il tempo
è scesa qui l’eternità.
Cosa sarà il Paradiso,
cosa sarà la vita,
sarai con noi per sempre, sempre,
tu tutto in noi, noi in te.
I tribunali ci fanno dimenticare la fraternità,proprio vero!
I tribunali ci fanno dimenticare la fraternità, forse proprio in questa frase c’è la difficoltà centrale che incontriamo nel seguire Cristo.Grazie
Veramente è bello pensare a quante persone attraverso la nostra piccola vita hanno incontrato Gesù…È lo Spirito che dà la vita,la carne non giova a nulla…dice Giovanni nel suo Vangelo. È un dono che ogni giorno chiede di essere donato…
Ciao Jacques.
Quando eri tra noi abbiamo cercato di aiutarti nelle tue varie necessità.
Un giorno mi hai chiesto: “Perché fai questo per me senza chiedere niente in cambio?”
La domanda mi ha colto di sorpresa, ho balbettato una risposta: “Sai, vado in chiesa, prego, cerco di seguire Gesù…”
Sei tornato nella tua terra, mandavi auguri a Natale e Pasqua.
Mi tornava in mente la mia risposta. Forse lo Spirito Santo mi ha aperto la mente perché l’unica risposta che dovevo darti era: “Ti aiuto perché sei mio fratello in Cristo”
Ora sei fra le sue braccia.
Grazie Jacques.
La tua domanda ha risvegliato la mia coscienza.
Scusami se non te l’ho detto di persona.
Signore Gesù aiutami a vedere nelle persone che incontro l’immagine del tuo Volto, per non dimenticare che sempre ci esorti a vivere come fratelli.