Fare i conti con tempi lunghi
Signore unico e onnipotente, Signore che ci vedi, Tu che unisci tutto sotto il tuo sguardo, Signore di tenerezza e di misericordia, Dio che sei nostro, pienamente. Insegnaci a pregare insieme, Tu, l’unico maestro di preghiera, Tu che per primo attiri quanti si rivolgono a Te.
Dal Vangelo secondo Luca (18, 1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Le diede così fastidio che gli parve perfino di avere un occhio livido, come se avesse ricevuto un pugno da un pugile. È il verbo greco che Luca utilizza in questa parabola per descrivere la fastidiosa insistenza della vedova. Colpisce con insistenza che pare scagliare colpi negli occhi del giudice che non teme Dio e non ha riguardo per nessuno. Ma ora non può fingere di non vedere o di non sentire. Quell’andirivieni della vedova è questo colpire sotto gli occhi. È il martello che batte sul chiodo o – meglio – la goccia che scava la roccia. L’evangelista Luca utilizza un verbo che torna soltanto un’altra volta tra le pagine della Bibbia. Sarà l’apostolo Paolo che lo utilizzerà nella prima lettera i Corinzi, quando dice: “Perciò, io corro dritto al traguardo, mettendocela tutta; lotto come un pugile che vuol vincere e non tira colpi a vuoto” (1 Cor 9,26)
Ci sono nella Scrittura storie di vedove più celebri e coraggiose: Rut, Tamar, Giuditta per fare alcuni nomi. Di questa vedova invece non si sa proprio nulla, nemmeno in quale città abitasse. Ma questa vedova ha la grinta del pugile. Un’atteggiamento che contrasta con la postura di molte vedove dell’epoca che entravano psicologicamente e fisicamente in uno stato di prostrazione per quel concreto e frequente rischio di finire nel numero degli scartati, di chi non avendo più valori non aveva valore alcuno. Non è un caso che l’Antico Testamento, a più riprese, affermi che Dio difende l’orfano e la vedova. E neppure è un caso che tra i comandamenti ce ne siano pure alcuni che chiedono sostegno e rispetto per orfani, vedove e stranieri.
Parabola, questa, sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi. Nemmeno dobbiamo chiederci il motivo di questo racconto. È Luca che ci informa del perché Gesù raccontò ai suoi discepoli questa parabola: se il regno di Dio era già in mezzo a loro (ammesso e concesso che lo compresero) a far presto problema nelle prime comunità di cristiani, fu il ritardo del ritorno del Figlio dell’uomo. Ci sarebbe per altro da chiederci: cosa ci aspettiamo da questo Suo ritorno? Farà giustizia prontamente, dice il Vangelo, ma quel “prontamente” non coincide certo con i nostri calendari. Lo vediamo ancor più in questo tempo: l’uomo è impaziente, non sa più attendere. Non sappiamo attendere in fila il nostro turno, non sappiamo attendere che passino questi giorni cattivi.
E quella domanda: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?“ è forse un dubbio sulla bocca di Cristo o una legittima domanda nel cuore stesso dei credenti, delle comunità? Fatichiamo parecchio a fare i conti con tempi lunghi. Le spedizioni rapide in 24/48 ore sono diventate il motivo che ci spinge a decidere per un acquisto o per un altro. Allo stesso prezzo un prodotto ha più valore perché lo ricevo rapidamente. Non conosciamo più la pazienza delle lettere scritte ma solo l’urgenza di una risposta immediata ad un messaggio. Anche il nostro modo di cucinare s’è fatto rapido e veloce. Non conosciamo più i segreti di una cottura lenta e così ci autorizziamo a cibi precotti, liofilizzati o disidratati arricchiti di sapore in modo artefatto.
Ci stiamo forse dimenticando che alcune cose che acquistano valore col tempo. La storia ci ha restituito edifici che oggi per noi sono opere d’arte quando all’epoca erano edifici di uso quotidiano. Ci sono cibi che necessitano di stagionatura. Vini che diventano pregiati invecchiando nelle botti di antichi legni. Il seme che spunta o un uomo che cresce ha bisogno di tempo. Ci sono poi affetti e relazioni che si impreziosiscono col passare del tempo; amicizie o amori che si consolidano col passare degli anni. E pure il nostro legame con Dio acquista valore col passare del tempo. È come fedeltà di amici o di coniugi. Mi piace davvero pensare che la preghiera doni questo valore alla vita, alle nostra relazione con Dio, e perfino un valore (relativo) alle cose.
A leggere attentamene questo Vangelo, non posso che trovare perfino giusto che Dio ci faccia attendere a lungo: non è di certo Lui che deve spicciarsi. Forse è proprio l’uomo che deve rallentare la sua corsa, e allentare la presa. Basta aprire le mani e chiedere ogni giorno: il pane quotidiano, il perdono, la pace nel cuore. E così viene il suo regno, e così Dio è riconosciuto come Padre, e così la sua volontà si compie in noi perché non vuole certo che uno solo dei suoi figli si perda.
Ogni giorno, o Padrone della vita,
starò davanti a Te.
A mani giunte, o Dio della terra,
starò davanti a Te.
Sotto il tuo cielo senza rive,
in silenzio, nascosto,
con cuore umile, con lacrime agli occhi,
starò davanti a Te.
In questo mondo vario,
in riva al mare del lavoro,
in mezzo agli uomini della terra,
starò davanti a Te.
Quando in questo mondo
la mia opera sarà compiuta,
o Re dei re, solo, in silenzio,
starò davanti a Te.
(Rabindranath Tagore)
Preghiera insistente, non solo per essere esaudita ma anche come “allenamento” per mantenere nutriti la fiducia la speranza e l’amore per tutti e verso un Padre che SEMPRE ci ama.
In quante parabole troviamo che la Fede guarisce uomini e donne dalle loro infermità e li salva? Signore, salvaci ancora oggi, accresci la nostra fede affinché restando fedeli nel poco possiamo prendere parte alla Tua gioia, dimostrando un briciolo di Fede, quale ringraziamento per la fedeltà che ci dimostri e per la fiducia che da sempre riponi in noi. Possa il Figlio dell’uomo, quando verrà, trovare la fede su questa terra.
Bisognerà tornare insistentemente ad avere fiducia in Lui.
Se Dio sa meglio di noi ciò di cui abbiamo bisogno… perché la necessità di chiedere in continuazione? Questo rivolgersi a Lui per chiedere apre il nostro cuore alla consapevolezza che abbiamo un Padre in Cielo, che ci ascolta e ci ama…che, come Gesù, possiamo chiamare con affetto “Abba papino” e a cui possiamo abbandonarci con fiducia.