Quando un campanello bastava a risvegliare attesa e fede
Lettera ai genitori nei giorni di Santa Lucia
Mentre i più piccoli scrivono lettere ai santi che in questo tempo portano i doni, pubblico nuovamente un mio scritto a proposito di questa tradizione che sta subendo una strana trasformazione. Il testo porta la data 2019, quando ancora ci si poteva recare a Bergamo nella chiesa dedicata a santa Lucia per depositare lì la propria lettera. Fatti i debiti adattamenti a questo tempo di pandemia, questo articolo può aiutarci a non perdere il senso di certe tradizioni che legano piccoli e grandi in un grande esercizio che potrebbe fungere da laboratorio per la fede.
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Scrivo di Santa Lucia. A pochi giorni dalla sua festa. Scrivo non tanto di lei. Non ne ha bisogno. La sua vita di giovane martire testimonia che lei per prima si è fidata delle parole di Gesù, proprio quelle che abbiamo ascoltato nella Liturgia in questi ultimi giorni di Novembre: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere (Lc 21,12-13)
Lucia, la nostra amata santa Lucia, quella che – tradizione vuole – porti i doni ai bambini nella notte tra il dodici e il tredici dicembre, ha saputo ascoltare la parola di Gesù. Da questo ascolto è nata la sua fede che l’ha resa perseverante fino al martirio, cioè fino a donare la sua vita per non rinnegare o smentire il Vangelo. Ha voluto, cioè, vivere fino in fondo questa pagina del Vangelo. Per questo ha dato la vita davanti a coloro che l’hanno torturata, cavandole gli occhi.
Scrivo di Santa Lucia, o meglio, della bella tradizione legata a questa giovane e generosa martire. E per farlo, occorre conoscere bene la storia di questa santa. E occorre capire cosa lega la martire Lucia alla nostra usanza che la vuole portatrice di regali, lei che – cieca – non sbaglia una consegna! Mi pare, senza ombra di dubbio, che tutto ruoti attorno al tema dell’ascolto, un ascolto che difficilmente si accompagna alle visioni.
Per favore, cari genitori: rispettiamo Lucia e questa tradizione così come ce l’hanno consegnata. E lasciate dunque che vi spieghi dove sta tutto il bello di questa festa dei bambini. Ancora oggi, come una volta, sono molti i bambini che scrivono una lettera alla santa. Poi, accompagnati dai genitori, si recano a Bergamo, nella piccola chiesa posta all’inizio della via dedicata allo shopping cittadino. Entrati nella piccola chiesa, si rimane meravigliati dal numero di lettere che circonda la teca in vetro contenente l’effige della santa con, probabilmente, alcune sue reliquie. Sono diversi i Santi i cui resti riposano in qualche altare. Disseminati in tutte le chiese a testimonianza della corsa fatta dal Vangelo. A testimonianza di quanti amici e fratelli hanno preso sul serio il Vangelo e lo hanno testimoniato nella loro vita. Li possiamo vedere e venerare.
La tradizione inizia da qui, da quella lettera da scrivere (ancora a mano, con disegni e colori… anche questo non lo trovate sorprendente?) e da portare a Santa Lucia. Il moderno lo abbiamo aggiunto noi e ci può stare: la fotografia scattata con lo smartphone da postare sui social come a dire: «Io ci sono andato! Tra quelle lettere c’è pure la mia». Ci si va, in uno dei sempre più rari momenti di intimità famigliare.
È da lì in poi che inizia la magia o il miracolo, quello che vorrei «difendere» con queste righe. La magia – o il miracolo – vuole che solo nella notte tra il dodici e il tredici dicembre quella santa si svegli e corra per tutta la durata della notte più lunga che ci sia, corre di casa in casa accompagnata da un asinello che traina un carretto pieno di doni. Nessuno ha mai pensato di darle un mezzo di trasporto più veloce. L’asinello vince su tutti: è simbolo biblico ed evangelico e i bambini attenti a tutti i dettagli lo ritroveranno nel presepio. E i grandi, che conoscono un po’ il Vangelo, lo ritroveranno nei giorni precedenti la passione di Gesù. Muoversi con l’asinello è simbolo di pazienza, di tenacia, di mansuetudine.
In cambio, i bambini sono stati educati presto a lasciare un segno di cura e attenzione per la santa e l’asinello: alla finestra si mettono del latte, del fieno, dell’acqua, una carota… qualcosa per sostenerli nel lungo lavoro di consegna. La santa poi, mentre i piccoli dormono già, viene fatta accomodare in casa per offrirle una bevanda calda. Al mattino si trovano tazza vuota e resti di una merenda fugace: attestano che la santa avrebbe gradito quel gesto di attenzione fatto dai piccoli insieme ai grandi. Anche l’asinello… ha mangiato tutto! E bravi quei bambini che hanno pensato a dar da bere e da mangiare! Bravi, perché avete fatto le opere della carità. Come chiede Gesù, nel Vangelo di Matteo, capitolo 25: «Avevo sete… avevo fame…lo avete fatto a me!»
Ma il miracolo non è tutto qui. Esso inizia ancora prima quando, nei giorni che precedono quella lunga e magica notte, i genitori invitano i figli a fare attento il loro orecchio perché già si può udire il campanellino che accompagna la venuta di Santa Lucia. E i bambini, che hanno l’udito fine (anche per i suoi più acuti) sono i primi che in casa, magari mentre si sta cenando, dicono di aver sentito… Ecco: questo mi pare un bel segno da salvare, perché come dice San Paolo nella lettera ai Romani «La fede nasce dall’ascolto!» L’ascolto della Parola di Dio, certamente. Quel campanello al cui suono facciamo attente le orecchie dei piccoli tuttavia diventa fin da piccoli, un potente strumento per educare alla fede. Sento il campanello: mi faccio dunque attento, fremente di attesa e trepidante di gioia. E mi rallegro di averlo sentito. Ma non trovate questa cosa fantastica ed eccezionale?
Perché dunque far vedere Santa Lucia? Perché organizzare carretti e sfilate di svariate santa Lucia per le strade? Eppure ce lo avevano ben detto che santa Lucia non si vedeva se non in quella chiesetta dove potevamo portare la lettera. E lei dorme, riposa… perché una grande notte, fatta di generosità, la attenderà presto.
Ecco, non so se mi capite, carissimi genitori: smettiamola di mascherarci da Santa Lucia! Non fingiamo. Non prendiamo in giro nessuno. Ma soprattutto non «spezziamo l’incantesimo», o meglio, non banalizziamo la fede! «Camminiamo nella fede e non nella visione» (2 Corinzi 5,7) si legge ancora in un passaggio del Nuovo Testamento. Ci sono cose che vanno credute senza ancora averle viste. E noi adulti, malati come siamo di idolatria, abbiamo sempre bisogno di vedere per credere! E ci siamo dimenticati che anche noi da piccoli abbiamo creduto a tutto quello che succedeva anche attorno a Santa Lucia. Credere senza comprendere forse, il senso profondo e segreto che si tramanda di generazione in generazione.
C’è poi un altro pericolo che minaccia la tradizione di Santa Lucia. Figli come siamo del mondo che consuma in fretta e che accelera il tempo, molti amano chiedere a Santa Lucia di passare qualche giorno prima da loro, soprattutto se il tredici dicembre è un giorno infrasettimanale. «Cara santa Lucia, puoi passare da noi la domenica precedente? Così siamo a casa e giochiamo tutto il giorno con i tuoi giochi. Così anche mamma e papà assistono alla scoperta del tesoro». Ma non sono i figli a chiederlo. Spesso sono i genitori a combinare la consegna in base alla loro disponibilità. Così chiedendo, per sei anni su sette Santa Lucia deve fare consegne prima del tempo, già che una sola volta ogni sette anni il giorno tredici cadrà in domenica. Risparmiamoci i calcoli del bisestile. Lasciamo dunque che santa Lucia arrivi la notte a cavallo tra il dodici e il tredici… e cosa importa se a scuola questi portatori di gioia al mondo che sono i bambini, sono più agitati e incontenibili? Ci da forse fastidio perdere un giorno di lezione perché non si riesce a contenere la gioia? Ce ne fossero di più di questi giorni della gioia incontenibile e contagiosa. E se papà non vede la scena perché è già partito per andare al lavoro? Tranquilli! Non vi ricordate forse che in quella mattina del tredici dicembre i primi ad alzarsi, prima ancora della sveglia e di voi genitori sono proprio loro, i vostri figli che «non stanno più nella pelle»per la gioia e che, furbescamente o saggiamente, la sera prima voi stessi avete messo a dormire anzitempo?
Ma poi, quando finirà l’incantesimo, cosa resta? La delusione di averci creduto? No, carissimi! Si apre a quel punto il tempo per spiegare quanto accaduto fino ad ora quasi per magia o per miracolo e che, cioè, il Bene è bello compierlo anche in silenzio, senza far rumore, nel segreto e nel nascondimento. Una mamma e un papà, certamente, dicono nel quotidiano l’amore per i figli. Quei doni ricevuti ogni anno a Santa Lucia, da questo personaggio avvolto di fascino e di mistero, dicono l’eccesso dell’amore, quell’amore quotidiano mai ringraziato e che non provoca più stupore. Genitori e parenti, autori di quei doni che arrivano sempre e comunque anche ai bambini più monelli (magari accompagnati da un po’ di carbone dolce, giusto per ricordare che…) genitori e parenti desiderano proprio, una volta ogni tanto, restare anonimi ed osservare lo stupore che si rinnova attorno a ciò che rischia, anche nei più piccoli, di diventare scontato o dovuto.
Su, da bravi! Lasciamo fare a Santa Lucia come ha sempre fatto e noi aiutiamola così, che la tradizione in questione è proprio bella. E se la manteniamo così, ci può insegnare ancora molto. Può insegnare a noi grandi che siamo stati piccoli e ai piccoli che sono chiamati a crescere in umanità. In parole più semplici e povere: non siamo noi donatori a dover apparire… ciò che ancora e sempre deve venire al mondo è la gioia di quei figli che siamo noi tutti, gioia che può nascere solo dal sentirsi amati in in modo sempre smisurato e gratuito.
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Mi hai fatto piangere di tenerezza! Grazie
Grazie!!! Hai fatto memoria di quello che ho vissuto (50 anni fa).
Anche se eravamo nel pieno del cosi detto “boom economico” e quindi lavoro e soldi circolavano
in abbondanza, ricordo che la mia mamma fece un “debito” per portare S. Lucia a me e al fratellino.
Si metteva, se ricordo, della farina gialla davanti alla porta di casa, e una ciotola di acqua,
questo serviva per dar da mangiare all’animale da soma che trasportava i regali della Santa l’evento era annunciato dal suono di un campanellino melodioso.
Poi arrivò la “rivoluzione Copernicana” “il cosiddetto ‘68” che nella sua ideologia sfrattò queste tradizioni
perché dissero allora che “portavano i bambini” a sognare in un modo che era surreale….
Personalmente anche io ebbi una delusione!
Ma questa delusione non mi ha ferito, anzi mi ha aiutato a comprendere il Mistero. Grazie alla Tradizione e alla Formazione Biblica arrivata appunto in quegli anni sono riuscito a stare a galla in un mondo abitato non da uomini e donne buone, ma da automi. “Ho conosciuto la Verità, e la Verità mi ha fatto Libero” libero, libero dal mercato degli psicologi. Il mio Psicologo si chiama Gesù ed è gratuito.