La rosa e la neve
Immacolata Concezione di Maria
(Gen 3,9-15.20 / Sal 97 / Ef 1,3-6.11-12 / Lc 1,26-38)
La neve è caduta anche qui, nella pianura. Sono già passati alcuni giorni e la pioggia sta ormai lavando ogni cosa. La terra sembra già ubriaca da non voler più bere questo dono che viene dal cielo. Nel giardino di casa ci sono ancora vecchie piante di rose in fiore. Rose e neve fanno davvero un binomio incredibile, quasi come un dogma. Intendi il silenzio, la purezza e quel tocco di colore che macchia benigno il manto candido che ha ricoperto la terra.
È come un velo pietoso, steso sulle nostre miserie. È come ombra dell’Altissimo che copre ciò che dell’uomo non riusciamo più a nominare o non vogliamo più sapere. E noi qui, giorno dopo giorno, a cercare di comprendere quelle Scritture che a leggerle senza un briciolo di fede farebbero perdere la poesia a chiunque: troppa violenza – perfino tra fratelli – troppi morti, troppe guerre, troppe stragi, troppe lacrime, troppe tombe.
È per questo che dico, a chi vorrebbe cimentarsi nella lettura delle Scritture, di non farlo da soli. Ed è ben per questo che sempre si precede la loro lettura con l’invocazione allo Spirito santo: per non essere soli; perché venga accanto a noi un angelo a spiegarci veramente cosa dice Dio, il Signore, mentre a noi pare soltanto che le cose non vadano per il verso giusto. Anche per la fanciulla di Nazareth, che preparava la sua vita con Giuseppe, qualcosa non andò secondo progetti e previsioni. Che nemmeno li sappiamo quei suoi progetti o, forse, li intuiamo appena quando si dice di lei che era promessa sposa di un uomo della casa di Davide.
Si preparava a vivere con un artigiano di quelli che sanno fare un po’ di tutto in paese. Ma non è la bellezza di umani manufatti ad interessare, quanto lo strumento che lei e lui diventeranno nelle mani di Dio. E da principio fu modellata, lei pure, immagine e somiglianza di Dio. Che sembra una statuina del presepe di quelle che collochi all’ultimo, quel pezzo unico e prezioso: non ci sarebbe presepe senza di Lei, né natale senza la madre.
Un angelo le entrò in casa. Dentro. E non poteva che essere un angelo, per non contraddire la Parola di Dio, già che non fa violenza contro alcuno ma sempre attende l’umano consenso. La ragazza si spaventò per un saluto che le chiedeva di rallegrarsi. Com’è possibile? Esista una gioia più grande di quella che già provava al pensiero di non essere più sola ma di andare a vivere con un uomo accanto? Un angelo, nel porgerle un saluto, le stava dicendo qualcosa che sapeva già di Pasqua. Maria la storia la conosceva bene e sapeva perfettamente che “Dio-con-noi” è Colui che ha già attraversato molte prove con il suo popolo. Ecco perché a quelle parole ella fu molto turbata. Un certo stridore tra gioia e dolore, come la rosa e la neve.
E così l’angelo annuncia, come volesse spiegare un piano tenuto in segreto fino a quel giorno. Annuncia la gioia più grande per una donna, una gioia che però sarà di tutto il mondo. Davanti al mistero del Male, comparso come un loquace serpente che ti si insinua tra i piedi, Dio non sa fare altro che rendere fecondi i grembi delle donne più umili o perfino sterili.
Da quando l’angelo le portò parole che ancora volteggiavano nell’aria prima ancora di essere scritte in un libro; dal giorno primordiale in cui lo Spirito si librava come a covare questa terra, madre e matrigna… da quel giorno noi possiamo leggere la storia e le Scritture con occhi nuovi. Non come chi non osa credere ai suoi occhi, non con gli occhi ciechi di chi non vuole vedere e passa oltre, ma con gli occhi di chi crede pur senza aver veduto. Ed è in quel momento che le parole dell’angelo si fanno promessa perché, quel giorno, le parole in casa e nel cuore di Maria non furono didascalia a commento di fatti già avvenuti. Si accorse pian piano, come madre che comincia a sentire il figlio animarsi nel grembo, che quelle parole annunciate e raccolte, stavano facendosi carne in lei. La Parola le scalcerà in grembo come un bimbo che non lascia riposare quando ci si adagia comodi, dimentichi che porti si porta in sé una parola viva, che non si deve schiacciare con bruschi movimenti di un corpo che non è più tuo.
Quando Dio parla e Lo si ascolta, ti prende. E come poteva spiegare ora a Giuseppe che quel corpo esile – come la tenda di chi considera la vita un continuo pellegrinaggio – era già divenuto nuova arca di Alleanza? E che lei non poteva concludere altre alleanze? Ma Dio ha disposto tutto. Il tormento di Maria non durerà a lungo. Dio ha in serbo altri angeli. Altri messaggi. E tutto volge alla Luce. Tutto si orienta verso la Luce e ogni cosa esce dal caos informe quando, come Maria, si dice: “Avvenga per me secondo la tua parola“.
La preghiera della liturgia – cosa che mi ha sempre colpito assai – recita: “O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di lui
l’hai preservata da ogni macchia di peccato...”. A pochi giorni dalle feste natalizie siamo per un attimo spinti ai piedi della croce, nell’ora in cui le tenebre ricopriranno questa nuova creazione in corso. Quel giorno in cui il Figlio le moriva davanti agli occhi, quel giorno in cui sarebbe lecito dubitare dell’uomo per tanta malvagità contro i suoi simili, quel giorno in cui si è tentati di dubitare perfino di Dio… quel giorno, la ragazza di Nazareth, non seppe far altro che rinnovare la sua disponibilità. Non fu dunque la vedova a cui stava morendo pure il Figlio e che la pietà di un discepolo stava per accogliere in casa sua. Quel giorno fu nuovamente madre, ricordando proprio le parole dell’angelo. Le rimasero scolpite nella carne. E presto si rallegrerà nuovamente di sapere che Colui che riempie i grembi, è anche Colui che svuota le tombe. Ed ella canta “di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono… Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri Padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”.
Vieni, o Spirito Santo e donami un cuore puro,
pronto ad amare Cristo Signore
con la pienezza, la profondità e la gioia
che tu solo sai infondere.
Donami un cuore puro,
come quello di un fanciullo che non conosce il male
se non per combatterla e fuggirlo.
Vieni, o Spirito Santo e donami un cuore grande,
aperto alla tua parola ispiratrice
e chiuso ad ogni meschina ambizione.
Donami un cuore grande, forte e costante fino al sacrificio,
felice solo di palpitare con il cuore di Cristo
e di compiere umilmente, fedelmente
e coraggiosamente la volontà di Dio.
Amen.
(Paolo VI)
Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Questo, Maria, è il tuo natale silenzioso,
non festeggiato dai voli degli angeli
e dall’omaggio dei pastori,
ma custodito entro di te.
Nel tuo grembo il cielo e la terra s’incontrano;
il tuo grembo è pregno della storia universale,
che si compie, in uno spazio così tenero e bianco
di carne tiepida e innocente.
Forse, quel grembo, te lo accarezzi e te lo guardi,
con pudica emozione,
come fa ogni madre in attesa del figlio.
E aspetti, con trepida speranza,
di vedere come mai sia
il volto del Dio invisibile cui tu
stai dando visibilità.
(Adriana Zarri)
Vergine del silenzio,
che ascolti la parola e la conservi,
donna del futuro, aprici il cammino.
Silenzio di chi vigila,
silenzio di chi attende,
silenzio di chi scopre una presenza.
Silenzio di chi dialoga,
silenzio di chi accoglie,
silenzio di chi vive in comunione.
Silenzio di chi prega,
silenzio di chi è in pace,
silenzio di chi è “uno” nel suo spirito.
Silenzio di chi è povero,
silenzio di chi è semplice,
silenzio di chi ama ringraziare.
VERGINE DEL SILENZIO – D. Machetta
(Nella Casa del Padre – Elledici)