Ricordatevi di quell’invito…
Mercoledì – seconda settimana di Avvento
(Is 40,25-31 / Sal 102 / Mt 11,28-30)
Terminata l’opera della creazione, il settimo giorno il Creatore si riposò. Anche quel giorno fu benedetto e il riposo fu scritto su tavole di pietra insieme a tutti gli altri comandamenti. Storicamente, la salvezza s’è incarnata attorno ad un crescente numero di oppressi costretto a sottostare agli ordini di un faraone che, intimorito a sua volta dal loro crescente numero, non sapeva far altro che imporre lavori sempre più duri e forzati perché non avessero modo di crescere e moltiplicarsi a tal punto da costituire un’eventuale ribellione.
Così, la Parola di Dio pareva già incarnata attorno ad alcune persone, nei fatti che stavano per accadere. Dio parla, comanda e ordina cose che apparentemente suonano più complicate e difficili che perpetrare sfinimenti per ordine del faraone. Qualche resistenza anche Mosè la ebbe, e come lui tutti coloro che il Signore chiamava: tutti vittime di un sentire comune che vorrebbe uomini forti e valorosi per compiere grandi imprese. A leggere le Scritture si intuisce sempre più che l’obiettivo è proprio quello di confondere potenti e sapienti servendosi proprio di uomini e donne di bassa statura, senza doti apparenti. Come, ad esempio, il giovane Davide davanti al possente Golia.
Un popolo, ora agli ordini di Mosé, camminerà verso una terra che si annunciava come luogo di riposo, dopo immani fatiche forzate. Il cammino fu lungo, più del dovuto, per quell’esasperante resistenza ad ascoltare la Parola di Dio. Ogni mattino, al risveglio, dopo che il corpo ha ritrovato le sue forze con il riposo della notte, chi prega la “Liturgia delle ore”, ripete le parole del salmo 95 che invita ad ascoltare la voce del Signore senza indurire il cuore perché proprio questa chiusura alla Parola è la causa di nuove fatiche. Quel cammino che poteva essere compiuta in tempi più brevi, si è appesantito a causa della loro durezza di cuore. Il popolo intonerà lamenti e scaglierà accuse contro Mosé e Aronne come se stesse rivolgendole direttamente al cielo. La liberazione annunciata pareva improvvisamente un fardello più pensante. «Quella generazione mi disgustò per quarant’anni e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato non vogliono conoscere le mie vie, perciò ho giurato nel mio furore: non entreranno nel mio riposo!». (salmo 95)
Dio s’è dato un obiettivo: farci entrare nel suo riposo. È un tema caro alla fede di Israele. Il riposo è un comando. È la ricompensa per chi ha osservato la Parola del Signore e ha mosso i suoi passi nelle sue vie senza disperdere forze ed energie a tentare scorciatoie o battere ampie vie che non portano in un nessun posto. Il profeta Isaia descrive benissimo le nostre umane fatiche e quella stanchezza che piomba addosso perfino ai giovani. E rilancia l’ipotesi di un volo, di una corsa o di un cammino fatto senza stancarsi. “Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”. (Isaia 40, 29-31)
Figlio del suo popolo, profondo conoscitore della storia di cui ormai Egli è parte, esperto nello scrutare i cuori e grande osservatore delle folle stanche e sfinite, Gesù si presenta oggi come il nostro luogo di riposo, un punto di ristoro per le nostre vite. Basterebbe ricordare quell’invito che rivolse quel giorno a persone semplici che però avevano solo un desiderio: ascoltarlo.
Ci sono giorni in cui sentiamo la stanchezza e la fatica del vivere. Inspiegabilmente tutto pare più pesante. Solo la legge di gravità pare animare il nostro quotidiano, ma noi crediamo che lo Spirito santo spinga fino a noi le parole del mite e umile Cristo in terra.
Dio dell’eternità,
Tu lo sai che il nostro linguaggio umano
riesce poco ad esprimere la nostra attesa
di una comunione con Te.
Ma Tu ci concedi il dono
di una vita nascosta in te.
E così sorge l’aurora di una fiducia.
Amen.
Dal Vangelo secondo Matteo (11,28-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Signore, tu conosci le nostre debolezze.
Tu sai quanto sia facile per noi scoraggiarci.
Tu sai quanto timorosamente
scegliamo le nostre parole
e muoviamo i nostri passi.
Ciononostante, tu ci hai chiamati.
In questo noi confidiamo.
Opera in noi, se questa è la tua volontà.
Serviti di noi e rendici utili.
(Jörg Zink)
Ristoro:”benefica compensazione dell’indebolimento fisico;consolazione, conforto…”
Quella volta che dentro la fatica ci siamo sentiti leggeri, avevamo il cuore semplice.
[…] Quale gioia starsene ai piedi della parola e ascoltare con tutta la propria anima e tutta l’intelligenza questa bocca che parla! Non si tratta di archivi umani, messi a disposizione per essere bene o male esplorati con la zappa del minatore e le provette dell’alchimista, ma è la storia di tutto l’universo, osservata dal punto di vista di Dio stesso.
(Paul Claudel)
Forse è vero che siamo più stimolati per “fare” che di pensare al riposo, che non vuol dire oziare.
Il Signore Dio, al termine della Creazione, si riposò.
È strano pensare Dio stanco, ma il Suo riposo lo ha usato per guardare a tutto il Creato appena concluso e vedere che era “cosa veramente buona” godendone la visione.
Anche Sant’Agostino dice “il mio cuore è inquieto, finché non trova riposo in Te”.
Allora, Signore, donami di praticare e apprezzare il riposo, perché anch’io possa trovare rifugio in Te e, guardando indietro, scoprire qualche “cosa buona” eseguita, renderTi grazie e offrirTela come dono gradito. Amen