No ci resta che… rallegrarci
III domenica di Avvento
(Is 61,1-2.10-11 / Lc 1 / 1Ts 5,16-24 / Gv 1,6-8.19-28)
Ho come l’impressione di non essere l’unico, questa mattina, ad essermi svegliato presto. Qualche ricordo d’infanzia me ne da certezza. È appena passata la lunga notte di santa Lucia ed ora si apre un giorno di stupore, di meraviglia per i doni da lei portati ai più piccoli. Perfino la gioia si incarna, si fa vedere e si esprime in mille salti di gioia incontenibile, in cento strilli euforici, o perfino in una bocca aperta piena di stupore. Dove? Nelle case dove ci sono dei bambini e in quelle di chi, pur solo, riesce a pensare a questo segno prodigioso. È qualcosa che immediatamente si diffonde negli adulti quando poi, riflettendoci bene, scoprono quanta gioia c’è nel donare piuttosto che nel ricevere.
Quest’anno, per coincidenza nel calendario, due giorni di gioia coincidono: il giorno di santa Lucia e la terza domenica di Avvento, da sempre intitolata “Gaudete”, per quell’invito insistente alla gioia contenuto nelle letture che sono proclamate durante l’Eucarestia. Dice Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” (Is 61,10). E Paolo, che scrive ai cristiani di Tessalonica: “Fratelli, siate sempre lieti...” (1Ts 5,16).
La gioia non è un’accessorio che decidiamo di indossare oppure no prima di uscire di casa al pari di un cappello, una sciarpa, un paio di orecchini o una cravatta. La gioia è distintivo da cristiani, eppure così a stento ci lasciamo riconoscere per questo segno. Quest’anno poi, molte persone avrebbero di che svestirsene. E quando morte e lutto passano nelle case, parlare di gioia o deciderci per essa, a molti sembra quasi un torto o un affronto fatto a chi non è più. Oggi il nostro Dio parla chiaro, senza troppi raggiri e ci chiede di rivestirci nuovamente di questa gioia. Una gioia che credevamo forse di conoscere quando ci dicevamo felici e spensierati. Ma ancora non era gioia da Vangelo e per cristiani. È la gioia dei testimoni della luce. È la gioia di chi si lascia contagiare dalla gioia altrui senza invidiarla, è la gioia che si diffonde tra noi per mezzo dei più piccoli, come accade proprio oggi nelle nostre case; è la gioia di chi accoglie l’ultimo arrivato; è la gioia di chi apre una finestra o una persiana per fare entrare la luce di un nuovo giorno nella propria casa. È la gioia di un saluto donato o ricevuto per strada, anche a chi non si conosce. Un saluto porta sempre gioia, fa sentire meno soli su questa terra. Chi saluta sempre e comunque sa come vanno le cose qui. Un saluto rallegra la vita di Maria di Nazareth e la gioia di quel saluto viene trasportata fino alla casa di Zaccaria e condivisa con Elisabetta la quale, sentì il bambino sussultare di gioia nel grembo. Presa tra due gioie, quella di Maria e quella del figlio nascituro, non le resta che rallegrarsi pure lei.
A caccia di libri (rigorosamente in libreria), proprio ieri mattina, mi son sentito preso da uno strano sentimento. Odo in lontananza musiche natalizie. Uscito dal parcheggio sotterraneo, trovo una piccola giostra per bambini: anticata nello stile, vuota, ferma ma illuminata a festa… e quelle stesse musiche di Natale diffuse nell’aria ad un volume probabilmente più forte del consentito, come un disperato tentativo di far richiamo. Lo so, non è quella la gioia. E neppure un giro di giostra la può dare. Ma quel giostraio solo in mezzo ad una piazza m’è parso d’improvviso un Giovanni Battista nel deserto. Quell’uomo senza bambini sulla giostra, semplicemente non era. Da soli, noi non siamo. E la verità di quella giostra non è nel suo girare a vuoto ma nell’attirare i piccoli i quali, saliti a bordo, diffonderanno a centrifuga la gioia a chi da fuori li osserva. I grandi, che quella gioia semplice non la comprendono più, se ne stanno coi piedi a terra come balordi a questi giri di giostra, salvo quando ti passa davanti il piccolo che riconosci legato a te. E la sua gioia è la tua. Ed io, che stavo andando proprio in libreria, mi son trovato discretamente a pregare, camminando per strada, con le parole di Madeleine Delbrêl che spesso porto dal cuore alla memoria: ” Poiché le tue parole, mio Dio, non son fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per possederci e per correre il mondo in noi, permetti che, da quel fuoco di gioia da Te acceso, un tempo, su una montagna, e da quella lezione di felicità, qualche scintilla ci raggiunga e ci possegga, ci investa e ci pervada. Fa’ che, come “fiammelle nelle stoppie”, corriamo per le vie della città, e fiancheggiamo le onde della folla, contagiosi di beatitudine, contagiosi della gioia”. Onde di folla non ce ne sono più. A maggior ragione dunque! Almeno per quei pochi che incontreremo!
Giovanni Battista, anche ad un primo sguardo, non sprizza gioia… ma appunto, non è lui la gioia. La gioia dei profeti sta tutta nell’indicare Colui che passa accanto alle nostre vite che paiono ancora un disegno di vie tortuose e aggrovigliate. Lucia per i più piccoli, e Giovanni per gli adulti, hanno entrambi a che fare con la Luce. Entrambi ne sono testimoni. Così come noi, dal giorno del nostro battesimo, quando siamo stati illuminati da Cristo. E ogni anno, la madre Chiesa non si stanca di farci fare questo giro di calendario per non perdere la gioia di essere figli, venuti alla luce nel nostro natale ma così desiderosi di rimanere nella Luce. Dai tempi di Abramo noi pure siamo quelle stelle accese nella notte. Un canto nella notte e nel giorno di Natale ci attende. Saranno gli angeli a portarcelo in terra. E noi potremmo unire, una volta tanto, le nostre voci alle loro. Non cantiamo illusioni o abbagli. Cantiamo per chi ha dato la vita per noi. Ed è solo questo che ci fa star bene al mondo: sapere che qualcuno ha dato la vita per noi. E perché il dono di noi stessi (la Vita non è forse dare la vita?) sia incoraggiato da quel dono che Dio ha fatto a noi nel tempo: la sua presenza, la sua amicizia, la sua Casa, la sua Parola, il suo Pane, la tua Tenerezza, la sua Misericordia. Il suo Figlio, nostro fratello.
Guarda, o Padre, il tuo popolo,
che attende con fede il Natale del Signore,
e fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza
il grande mistero della salvezza.
(dalla liturgia)
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28)
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Sapessimo anche noi rispondere
cosa siamo,
quale il compito di ciascuno,
quale la sua missione!
E non confonderci con Te,
non comprometterti con le nostre presunzioni:
essere e dirci appena voce, solo voce
che grida nei deserti,
e ritenerci tutti, tutti indegni
di sciogliere perfino i legacci
dai tuoi calzari:
così tutti crederanno a Te
e non a noi, Signore.
Di gioia ricolmaci, Signore:
che sia la gioia il segno che tu sei venuto
e donaci la grazia di pregarti sempre e di cantare,
per ogni cosa rendendo grazie a Te,
Cristo, figlio del Dio della pace!
Amen.
(David Maria Turoldo)
Questa domenica della gioia, ci fa riflettere sulla figura di Giovanni Battista e ci indica la via verso la Luce e la radicalità della sua testimonianza, che siamo chiamati a vivere nell’umiltà.
Signore Gesù, quanto è difficile oggi praticare l’umiltà. Prevale il sentimento di essere superiori agli altri,per sentirci felici, superiori agli altri, nell’avere successo.
Tu ci hai amato per primo e non dobbiamo fare niente per valere qualcosa ai Tuoi occhi. Già siamo
” grandiosi ” per il solo fatto che Dio ci ama e ci ha chiamati alla vita.
Che dopo lo smarrimento, l’isolamento e la tristezza il nostro mondo possa conoscere un nuovo contagio: quello della gioia e del bene. Signore, aiutaci a gioire per e nel poco, che è molto alle volte e nemmeno ce ne rendiamo conto… I piccoli oggi ci siano maestri di gioia, ci contagino con la felicità per quanto hanno ricevuto in dono. La vera magia è questa: gioire per e con gli altri!
Grazie di cuore Don Stefano per queste tue preziose riflessioni… E anche per la proposta di nuovi autori! Non conoscevo Madeleine Delbrel, ma il pur breve testo che hai inserito oggi mi ha senz’altro incuriosita. È bello scoprire nuovi modi per cantare la gioia! Grazie per questi regali!
Che bello sentir parlare di gioia ed augurarcela reciprocamente!
È vero! Manchiamo di gioia.
Mi ricordo, tanti anni fa, una “Lectio divina” di don Carlo Tarantini a commento del brano di Vangelo sulle nozze di Cana:
“Signore, non hanno più vino..”
Signore, non hanno più gioia..
il commento di don Tarantini.
Mi aveva molto colpito, allora, questo commento.
Ma, riflettendo, devo dire che purtroppo è vero.
Anno dopo anno, facciamo fatica ad accogliere l’annuncio dell’Angelo ai pastori.
I dolori, le preoccupazioni, la situazione di oggi prevalgono su pensieri di speranza, che porta alla gioia.
E allora, Padre, aiutaci a vedere nel dono del Tuo Figlio, un regalo immenso pieno di Luce, al quale attingere nei nostri momenti bui. Amen