Accogliere ciò che un Altro aggiunge
(Ger 23,5-8 / Sal 71 / Mt 1,18-24)
Napoli. 5 Novembre 2020. Al risveglio la città si trova arricchita di un’opera d’arte offerta da un artista. Un bambino appena nato (o forse ancora un feto che deve venire alla luce?) è esposto sulla pubblica piazza. Per lo più legato con una catena al suolo pubblico. La notizia fa il giro della città prima, e poi del Paese. Dapprima non è l’artista a parlarne ma probabilmente proprio coloro che, abituati a passare da quelle parti mossi dalla solita routine, si sono imbattuti in questo dono. Più tardi sarà l’artista stesso ad intervenire spiegando il significato di quell’opera. L’opera si chiama Look down. Guarda in basso. Si deve soltanto aggiungere una «o» per trasformare una parola entrata prepotentemente, dallo scorso mese di marzo, nel nostro vocabolario quotidiano e collettivo: lockdown che significa confinamento, messa in sicurezza.
Ogni bambino che viene alla luce è sempre vita che si aggiunge alla Vita. Lo intuirono presto gli uomini. Lo sanno bene uomini e donne delle Sacre Scritture che si sentono visitati da Dio anzitutto attraverso il dono di un figlio. Un grembo sterile o un seme morto aprono un sacco di questioni nel profondo del cuore, questioni che giungono fino al cielo in forma di supplica. Benedizione faceva da sempre rima con figli. Figli che non erano da “fare” ma da accogliere, perché venivano sempre dal cielo, anche quando la scienza già aveva capito il meccanismo complesso della generazione. Oggi, tra i calcoli da fare si valuta pure se un figlio lo si può fare. Perché è ancora il “fare” che predomina. Non certo l’accogliere. Oggi.
E ci scandalizziamo e ci facciamo giudicanti di chi si porta appresso quattro figli di cui uno a spalle, serenamente addormentato, dentro una fascia di stoffa che aderisce – come la fede – alla mamma.
Nessuno prima di noi, uomini moderni e contemporanei, s’era mai permesso di dire ad alta voce che un figlio è un costo. Forse nemmeno lo si pensava. E poi, eccoci costretti a sostituire macchine all’uomo e, ogni volta, ci sembra sempre un gran progresso: casse automatiche a sostituire una cassiera al supermercato che almeno ti diceva “buongiorno”, sempre e nonostante tutto. Obbligata a chiederti se hai la tessera e se vuoi i bollini per la raccolta. Ma l’automazione è per ridurre le file, è per non far perdere tempo. E quelle file virtuali di chi vuole scaricare l’applicazione di turno, non le vedete? Ma il nervoso lo mangi a fette!
E non sappiamo neppure più attendere in fila il nostro turno. Quel tempo preziosissimo in cui puoi startene un attimo a pensare, a riflettere. Non dico a pregare. Almeno riflettere un attimo. I figli nascono dopo un tempo di attesa. E quel tempo di attesa scava in noi riflessioni e pensieri. Domande miste a paure e speranze.. la fede non cresce proprio attorno ad un grembo in dolce attesa? Ormai siamo abituati solo a contare il numero dei morti delle vittime da Covid. Lo dico con tutto il rispetto per chi è morto e per chi soffre la perdita. Ma lo dico anche con un pizzico di amarezza perché bisognerebbe riuscire a trasformare i numeri in nomi. Perché non è il numero che conta ma il nome, la storia, la tessitura di legami recisi in brevissimo tempo. E quella vita che sembrava crescere come riparata da intemperie proprio per effetto di una calda coperta di legami affettivi, è nuovamente nuda ed esposta in piazza. Nemmeno più sappiamo cosa sia il “velo di pudore” che almeno sapevamo stendere su chi muore o su cose che era meglio non mettere in piazza.
Leggiamo di Giuseppe oggi. L’uomo giusto che deve convertire la sua stessa idea di giustizia. Non è giusto perché potrà avere un figlio, frutto del suo seme. Nemmeno il tempo di fare due conti: quel figlio è opera di Spirito santo. E se vuole mantenersi giusto, Giuseppe altro non deve fare che accogliere ciò che Dio aggiunge. Come il suo stesso nome dice.
Giuseppe è l’uomo che evita la piazza dove poteva ufficialmente rinunciare alla sua promessa sposa per mantenersi giusto e osservante della Legge di Mosé. Aveva appena pensato e deciso di ripudiarla in segreto, come a stendere un velo pietoso, e invece si trova avvolto di grazia pure lui per quelle parole che il Signore stesso gli rivolgerà in sogno. Mentre cioè l’uomo non può disporre di sé come vorrebbe. Solo svegliandosi dal sogno, Giuseppe comincerà a vivere. Smettendo di sognarsi. Giuseppe guarda in basso: il suo cuore non si riempie di orgoglio e di ambizione. Guarda alla sua fidanzata già divenuta umile serva del Signore. Pensa al figlio che già cresce in lei. Pensa a sé dentro una storia umile ma visitata da Dio.
Per ascoltare l’antifona di questo giorno, clicca sulla freccia bianca nella barra sottostante
O Adonai,
e condottiero di Israele,
che sei apparso a Mosè tra le fiamme,
e sul Sinai gli donasti la legge:
redimici col tuo braccio potente.
O Adonai,
et dux domus Israël,
qui Moysi in igne flammae rubi apparuisti,
et ei in Sina legem dedisti:
veni ad redimendum nos in brachio extento.
Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24)
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,
che significa «Dio con noi».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta,
indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere
forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento
la gestazione
e poi dare alla luce.
Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore
e cercare di amare le domande stesse
come stanze chiuse a chiave e come libri
che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.
Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non sappiamo.
(Rainer Maria Rilke)
Benedetto sia il silenzio perché nel silenzio si accoglie il mistero e benedetta la parola quando risveglia, porta lieti annunci ed indica la direzione da seguire.
Fa’ o Signore, che accogliendo il Tuo silenzio eloquente e le parole Tue, di Tuo figlio e di tutti coloro che hanno cercato di comprendere e fare il Tuo volere, diventiamo e restiamo anche noi obbedienti ad un annuncio che è di salvezza, perché è per la vita, per la rinascita, per la conversione… per il BENE di TUTTI.
Aggiungi Tu laddove noi sempre più sottraiamo, perché Tu sei il VALORE AGGIUNTO di chi ancora Ti cerca e accoglie.
C’è da pregare davvero, di cuore, perché noi tutti si sappia portare a frutto, far ben maturare l’esperienza di questa pandemia; includendovi il bene come il male, per cambiare l’orientamento dei nostri passi, dei nostri sguardi e delle nostre azioni in questo mondo. Grazie, sempre grazie don Stefano per le nuove fiammelle che sai risvegliare nella brace sopita della fede del quotidiano indaffarato.