Le arti manuali… e alcune cose da recuperare
Ho trovato alcune illustrazioni. Osservatele. Si commentano da sole. Non richiedono neppure troppa attenzione. Le comprendono tutti. Forse stanno lì come uno specchio. E qualcuno ci si può ritrovare. Forse molti. Osservate e poi continuiamo a riflettere…
Ogni tanto, negli ambienti ecclesiali, si invoca o si chiede: quando riprenderanno le attività pastorali o quando riapriranno gli oratori? Vorrei provare a dirlo così: se riapriranno gli oratori o le attività parrocchiali, io non penso che sarà semplicemente per effetto di un decreto o di un comunicato. E se bastasse un comunicato ad autorizzare la riapertura, chi ci sarebbe (ad aiutare)? Chi ci starà? Questa sarà di certo la mia prima domanda alla comunità degli adulti, preoccupata dell’educazione dei più giovani (!?). E nemmeno vorrei che tornassimo a fare le cose di prima senza nemmeno sapere se queste abbiano ancora un senso. Un bar in oratorio? Con tutte le questioni igienico-sanitarie per bar e ristoranti, come cimentarsi? Ovviamente certe attività che si facevano in parrocchia avevano un loro perché… ma in pratica, avendolo perso di vista, l’effetto ottenuto era una specie di crescente disinteresse, un raffreddamento globale mescolato ora ad una certa paura.
Questo tempo in cui ci troviamo, è anzitutto un tempo utile per osservare attentamente la realtà, mutata rapidissimamente o soltanto messa ancor più in evidenza per effetto di questo invisibile virus. Si potrebbero decidere alcune “cosucce” (piccole cose) finalizzate a salvarci perfino da ciò che oggi sembra essere salutare come il restare uniti attraverso contatti virtuali. La questione della DaD (didattica a distanza) nelle scuole è già un “bel” problema. Io continuo a ripetermi che non è affatto salutare. Non si tratta di fare gli indovini… ma – lo si poteva già dedurre dalla vita degli adulti – poco vi vuole a comprendere che l’uso eccessivo, smisurato e irrefrenabile di internet e di tutti i social non ci aiuta molto per ritrovare la nostra dimensione e il nostro giusto posto nel mondo. Vogliamo dunque parlare di stress, burn-out, esaurimenti nervosi, depressioni, o altre patologie più serie causate proprio dall’uso della tecnologia? Non sono esperto in materia ma l’eco di qualche problemino di questo genere arriva anche alla porta della casa parrocchiale. E quando questi problemi arrivano alla porta della mia casa, il problema – mi dico – ha già camminato parecchio. Se poi si vuole essere più scientifici e rigorosi, si possono anche leggere alcune statistiche, alcuni studi o relazioni in materia. Ma basta davvero guardare attentamente intorno.
L’uomo si è troppo spesso compreso al centro del mondo e della creazione, dimenticandosi che egli pure è una creatura che vive in mezzo ai suoi simili e che siamo così simili spesso lo percepiamo perfino nella scoperta del dolore o del male di cui possiamo essere anche responsabili. L’uomo: una creatura in contatto diretto e costante con tutte le altre. Centralità dell’uomo non ci autorizza ad ignorare il resto del mondo e tutte le altre creature. Fu la scoperta – ed è ancora attuale – di San Francesco d’Assisi quando intonò il suo Cantico delle Creature: “Laudato sii, mi Signore, cum tucte le tue creature…”. L’uomo di tutte queste creature potrebbe essere la voce. Potremmo farle gioire con noi perché con noi stanno bene. Mentre a volte le altre creature gemono e soffrono proprio a causa dell’uomo. Ci sono materie preziose che ricaviamo da elementi della creazione che potremmo far parlare attraverso il frutto delle nostre mani. Il genio di Michelangelo traeva da blocchi di marmo meravigliose sculture alle quali, come lui stesso diceva, mancava soltanto la parola.
Alberi, animali, organismi e microrganismi, batteri e bufere, nevi pereni e nevicate… siamo creature dentro la creazione. Pensarci al centro del mondo e sentircene un po’ troppo padroni – magari a portata di qualche clic – non ci fa bene. Hai mai sentito il profumo delle farine e del pane che cuoce? L’odore un po’ acidulo del lievito? Hai mai sentito l’odore del larice, dell’abete, del ciliegio mentre lo lavori? E la resina di un tronco t’è mai rimasta sul palmo delle mani? E poi, saresti capace a togliertela di dosso? E la terra, quella bassa, ti ha mai fatto piegare la schiena per coltivarla o per raccoglierne i frutti? Hai mai sentito l’odore dell’olio di lino mentre dipingi? E i colori li hai mai visti mescolarsi in mille tonalità e un dipinto prendere forma sotto i tuoi occhi? E i calli sulle dita delle mani ti hanno mai fatto male mentre impari a suonare uno strumento?
Mi piacerebbe tanto che la Chiesa, quella che spera di riaprire i suoi luoghi di incontro, diventasse o tornasse ad essere un grande laboratorio di arti manuali. Una scuola pratica dove qualche adulto che ancora ci crede, qualcuno che ha già attraversato la prova dell’apprendistato, qualcuno che ha sperimentato a lungo prima di vedere un risultato, qualcuno che possa parlare della gioia e della soddisfazione raggiunti attraverso la perseveranza, passando anche attraverso qualche fallimento, qualcuno che con passione, possa insegnare qualche arte manuale. Per salvarci dalle depressioni profonde e da ulteriori disagi futuri… che già questa stasera il telegiornale dava notizia di scorribande di adolescenti tra le vie di una cittadina non troppo lontana da qui. E qui nel paesello circolano giovani ubriachi a far bravate da gente annoiata. E se ancora non potremo o non sapremo farlo insieme, in parrocchia, in oratorio… iniziate, per favore, a casa vostra.
Ho imparato a suonare, mi sono messo a dipingere e ora faccio pane. Potrei sembrare un cerebrale, uno che pensa, che parla e scrive assai, ma mi ritengo sempre un fantasioso, creativo e pratico. E quanto penso e rifletto, tutto nasce nel tempo passato ad osservare o, ancor più, nel tempo in cui mi sono dedicato a qualche arte manuale.
Lunedì poi riprenderemo a leggere e ad ascoltare favole. Questa volta in compagnia di Andersen. Anche questa la ritengo un’attività di quelle che potrebbero aiutarci. Leggere da soli o leggere per altri. Raccontare storie scritte in tempi non sospetti per sentir parlare ancora di noi, dell’uomo, del mondo. A volte pensando anche al Cielo. Arrivano messaggi edificanti e simpatici nei quali mi si racconta come vengono recepite ed utilizzate queste letture: per alcuni sono come il fuoco del camino attorno al quale la famiglia si siede per ascoltare e poi per condividere qualcosa che è spuntato nel cuore di qualcuno già durante l’ascolto. Le favole sono attese dai più piccoli come un piccolo rito serale che li calmi prima di dormire. Io sono enormemente contento di questo. Ho posto un rimedio per coloro che rischierebbero in futuro di addormentarsi con lo smartphone a portata di mano. Che poi lo faranno comunque, lo so… ma se mai arrivassero a considerare l’insignificanza di certi riti contemporanei, tornare al rimedio proposto oggi, potrebbe essere più semplice. Sogni d’oro – e non incubi – dunque. Buon riposo!
Trasformiamo i campi di calcio presenti negli Oratori, in campo di preghiera/lavoro.
Sono abbastanza grandi questi campi di calcio per coltivare frutta e verdura per molti bisognosi.
Per le attività sportive ci sono miriadi di società sportive in cui i giovani potranno svolgere
i loro sport. Le aule potranno diventare aule di laboratori per creazioni.
Produrre candele per la Liturgia, pane e quant’altro sarà possibile.
Non servono insegnanti laureati per insegnare a zappare, seminare e, raccogliere.
Radunati intorno al campo-calcio divenuto campo-coltivato anche di Fiori per la Liturgia, si potranno svolgere benissimo e in tutta sicurezza le formazioni catechistiche. Gesù parlava alle folle radunate all’aperto. In Sinagoga l’ascolto della Parola.