Posseduti o liberati?
(Eb 2,5-12 / Sal 8 / Mc 1,21-28)
Non aveva ancora aperto bocca. Era soltanto entrato in sinagoga. Aveva superato una soglia. Da fuori a dentro. Quel giorno, nel luogo dedicato all’ascolto della Parola di Dio, è uno spirito impuro a far sentire la sua voce. Agli occhi dei presenti parve una profanazione del luogo di culto. Per Gesù di Nazareth la vera profanazione è dentro l’uomo quando qualcuno riesce ad impossessarsene. E l’uomo perde la sua libertà. Ma ora, nulla di più sconvolgente per chi è riuscito ad entrare in possesso dell’uomo, di trovare davanti a sé Colui che è venuto a liberare e salvare l’uomo. E non prima se stesso (scendendo dalla croce). E lo spirito impuro riconosce che è giunta la sua rovina. I presenti, quei pii israeliti accorsi per ascoltare la parola di Dio, rimasero stupiti o forse ne ebbero paura, o semplicemente stavano a guardare non sentendosi chiamati in causa direttamente. O forse si sentivano apposto pensando che di non essere coinvolti in questa storia di possessione. Gli era bastato imparare che in sinagoga si sta in silenzio, che quello non è il luogo per le esternazioni ma – certamente – è luogo per curare l’interiorità.
«Che cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell’uomo perché te ne curi?». C’è questa domanda nel fondo di noi stessi. Ed è sempre una sorpresa e un piacere ritrovarla nel libro dei salmi o nella liturgia, come capita proprio oggi. Una domanda che io stesso mi sono posto nuovamente nei giorni del Natale perché gli abissi insondabili sono più ampi e profondi dentro di noi che nei cieli. E non di certo perché siamo riusciti a scrutare le stelle e le galassie. Una domanda che riemerge prepotente ogni volta che stiamo davanti alle follie compiute dall’uomo, mio e nostro simile. Perché in fondo, profondamente e radicalmente, crediamo ancora che l’uomo non sia quello che appare. In fondo c’è una speranza di bene. Un seme buono perfino dentro le mele che noi vediamo marce. Pregare con questa domanda sulle labbra significa sapere che possiamo stare davanti a Dio con la stessa questione, come in attesa di un segnale, una risposta. E la domanda cede via via il posto ad un’altra domanda: chi sei Tu, Dio, che ti abbassa così tanto da prendersi cura di un uomo?
Quell’uomo che entra nella sinagoga, Gesù di Nazareth, non porta risposte precise ad altrettanto precise domande. Egli vuole dirci ciò che l’uomo non è. E dice pure ciò che Dio non è. È piuttosto lo spirito impuro che grida nell’uomo a dire chi è Gesù. Pare davvero che i demoni siano più abili dei discepoli a riconoscerlo. E questo ci potrebbe perfino consolare: che una certa lentezza a credere e un’incapacità degli occhi a riconoscere sia un buon segno… Se non fosse che Gesù rimproverò i suoi discepoli per questi ritardi a riconoscere… il Bene e ciò che fa Male all’uomo.
Entrato nella sinagoga, rapidamente Gesù pronuncia le parole necessarie che fanno chiarezza, dicendo esattamente ciò che l’uomo non è, mentre lo spirito impuro svela l’identità precisa di Gesù. L’uomo non è quel groviglio di possessioni da cui è posseduto. L’uomo è un essere libero. Forse ha esercitato la sua libertà nell’andarsene lontano da sé, o nel fare ciò che desiderava… e ora si trova semplicemente meno libero e un po’ più posseduto. Ci possiede perfino l’idea che tra noi e Dio permane una distanza, lo spazio tra il puro e l’impuro, tra il santo e il peccatore, il cielo e la terra. E non ci schiodiamo da questa comoda distanza che talora serve a noi per esercitare false libertà o per dichiarare qualcosa di irraggiungibile, non alla nostra portata.
Fa’ tanto comodo a volte questa distinzione tra puro e impuro. Noi qui in terra. Dio lassù nel cielo. A volte percepito come lontano, altre come lontanissimo. E l’uomo qui nel suo piccolo mondo, con i suoi problemi, con le sue illusioni… E quando l’Altro sconfina, entra negli spazi che per noi sono sacri, superando quegli stretti argini che ci possiedono e ci rinchiudono, noi non possiamo far altro che gridare il timore di essere rovinati. Gesù entra nella sinagoga ma è la Parola di Dio ad entrare nel cuore dell’uomo, vero tempio dove Dio si vuol far presente. Questa apertura e questo sconfinamento dai canoni classici delle religioni, costituiscono l’ora della salvezza. Da quando il Verbo s’è fatto uomo e ha posto la sua tenda in mezzo a noi, Egli non sarà più colui che abita i cieli, ben distanziato. Scopo religioso dell’impurità sta proprio nel far persistere la separazione. Scopo umanissimo della purezza di Dio, della sua santità, sta piuttosto nel ritrovare vicinanza, relazione, dialogo.
«Taci, esci da lui!» disse. E lo dice ancora oggi. Per chi medita questa parola. Deve ancora uscire da noi questo spirito che ci possiede e ci rinchiude, ci rimpicciolisce il cuore e ci restringe la mente. E finisce per accecarci di avidità. Più tardi, quando Gesù stesso avrà dilatato il suo cuore e allargato le braccia sulla croce, come un uomo che tenta di tener aperto un mare che lo sta per inghiottire o due muri che lo stanno per schiacciare, un’altro Spiritoci sarà offerto in dono. E senza possederci spalancherà le porte, si farà interprete dei diversi linguaggi umani e infonderà calore alle membra indolenzite dal freddo gelido dell’indifferenza.
Forse non sapremo dire con la stessa precisione dello spirito impuro chi è Gesù. Ma almeno sapere che effetto fa il suo Spirito, che cosa succede vivendo alla sua presenza, questo
La tua parola muove il profondo del cuore,
la tua parola risana corpo e anima,
la tua parola rallegra il mio cuore,
la tua parola dona consolazione e felicità.
Jhoann Olearius
Dal Vangelo secondo Marco (1,21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafarnao, insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
A te siano lode e onore,
riconoscienza e gratitudine,
perchè la tua fedeltà si è manifestata
in tutto il corso della mia vita
in modi sempre nuovi.
Nelle mie memorie ho scritto:
«Il Signore ha fatto cose grandi per me,
perché mi ha aiutato fino ad oggi.
Ämilie Julianne von Schwarzburg-Rudolstadt
Io ringrazio il Signore per aver messo sulla mia strada persone come don Stefano.
Il Signore ci conosce, vede nella nostra profondità dove “folletti malvagi”, con i loro frammenti di specchio acuminati, cercano di allontanarci dalla presenza di Dio in noi. O Signore che la Tua parola scenda in profondità, riempia tutti gli spazi, per trovare pace solo in Te.
“Effondi come rugiada il Tuo Spirito”… trovo meravigliosamente evocativa e poetica l’immagine di questo Spirito che è Amore e che si effonde come rugiada.
Questo Amore profuso abbondantemente, instancabilmente fino alla morte ed oltre da Gesù Cristo ci aiuti a resistere alle forze del male che è in noi e fuori di noi (“come leone ruggente si aggira”) affinché si combatta il male con un bene ancor più grande. Una bella lotta, che Qualcuno però ha già vinto per noi…e noi abbiamo tanto ancora da imparare da Lui.