Guarda dove metti i piedi
(Eb 12,18-19.21-24 / Sal 47 / Mc 6,7-13)
Di riflesso, dopo un fallimento o un rifiuto, puntualizzava ancora di più la propria identità, il senso di quel suo stare in mezzo ai suoi. Degli sfacciati spiriti impuri, privi di ogni pudore, gli gridarono in faccia la domanda che c’è nel cuore dell’uomo: «Che cosa sei venuto a fare qui? Sei venuto a rovinarci?». A prendere o a portare? A sottrarre o ad aggiungere?
Non saprei davvero dire come vanno le cose oggi a proposito, anche se ho come la netta percezione che ogni persona che giunge a noi non sia ancora percepita come un valore aggiunto, un dono. Questo pensiero divisivo ed escludente, ancora vivace di questi tempi, è il primo spirito impuro latente nel cuore dell’uomo: credere che la presenza altrui sia una minaccia, un pericolo, un rischio.
Di riflesso, dunque, prese a mandarli due a due. L’altro, il proprio simile: unica e decisiva compagnia per sostenere quel mandato evangelico. Li mandò praticamente a mani vuote. A mani vuote significa certamente senza armi, senza strumenti di difesa. Quelle mani vuote sono già un segno di pace.
E comandò che indossassero un paio di sandali, così che guardando a dove mettevano i piedi lungo il cammino, di riflesso si potessero sempre ricordare della loro dignità. La dignità di un discepolo non sta in ciò che possiede ma in ciò che porta in sé. La dignità del figlio che s’era smarrito da casa gli è restituita mettendogli sandali ai piedi quando tornato a casa dal padre, si accorge che quella relazione gli ridava il suo posto in casa e nel mondo. Se tornava per essere figlio doveva necessariamente ammettere il padre. E il padre non poteva far altro che accoglierlo e ridonargli dei sandali ai piedi. Anche il popolo nel deserto, in partenza all’Egitto verso la terra promessa, ricevette l’ordine di indossare sandali ai piedi (Es 2,11) mentre più tardi, molto più tardi, l’apostolo Paolo invitava ad avere i piedi calzati per l’annuncio del Vangelo di pace (Ef 6,15).
Fatte pure tutte le debite applicazioni al particolare tempo storico in cui ci troviamo, a volte mi chiedo se sapremo ancora sostenere una qualunque situazione di vita in presenza. Se sapremo accogliere ancora questo invito ad andare. E dove? Sta diventando tanto comodo questo virtuale! E ovviamente non lo dico per sostenerlo. Neppure per demonizzarlo, ma conosciamo pure l’umana indole alla rassegnazione, all’adagiarsi in ciò che è più comodo. Quell’ampio campo d’azione che è il mondo fuori da me, lo si sta teorizzando e costruendo sempre più attorno ai nostri unici bisogni. Di riflesso, il rischio è che i bisogni altrui non vengano nemmeno più considerati o ascoltati.
Anche io sono tra quel 70% di preti che si servono di internet per provare a raggiungere qualcuno, un nuovo modo di andare in missione, già che siamo più qui, nel vasto mondo virtuale, che per strada. Ho raccolto un invito di chi mi chiedeva di poter leggere qualcosa, per stare un po’ vicini, anche solo così. Un tentativo dunque per raggiungere, un modo per avvicinarsi, un piccolo strumento. Resto fermamente convinto tuttavia che la testimonianza evangelica continua a risiedere nel cammino di viandanti, nel pane condiviso, nella casa aperta.
Mi domando: cosa faranno i discepoli di Gesù dopo questo tempo di crisi? Come andremo nel mondo? Come torneremo ad aprire le nostre case, le nostre chiese, le nostre parrocchie? Sapremo di nuovo sentire prepotente questa necessità evangelica? Voglio sperarlo! Fortemente! Il come potrebbe essere il frutto di una certa creatività pastorale che, credo, ci appartenga ancora.
La tua sapienza ci sta guidando,
sebbene noi non capiamo come e dove.
Chiudiamo perciò gli occhi
e nell’incertezza, ti chiediamo:
conduci noi alla pienezza del nostro essere,
che la tua volontà si compia,
che il tuo regno venga!
Dio, sogno di luce nella nostra notte!
Dal Vangelo secondo Marco (6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
È bello cantare inni al nostro Dio
é dolce innalzare la lode!
Il Signore ricostruisce Gerusalemme
raduna i dispersi di Israele
guarisce i cuori spezzati e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
le chiama ciascuna per nome
il Signore è grande e potente
la sua sapienza non si può misurare
il Signore innalza gli umili
ma abbassa i malvagi fino a terra.
Intonate al Signore il ringraziamento
cantate inni per il nostro Dio sulla cetra,
egli copre il cielo di nuvole
prepara la pioggia per la terra
fa germogliare l’erba sulle colline
provvede il cibo agli animali
ai piccoli del corvo gracchianti.
Non apprezza il vigore del cavallo
non stima la forza dell’uomo
il Signore trova gioia in chi lo teme
in quelli che sperano nel suo amore.
Egli manda il suo messaggio sulla terra
e corre velocemente la sua parola
fa scendere la neve come lana
come polvere sparge la brina.
Egli manda briciole di ghiaccio
di fronte a questo freddo chi resiste?
poi manda ancora la sua parola: è disgelo
fa soffiare il suo vento: scorrono le acque.
Egli rivela la sua parola a Giacobbe
i suoi voleri e i suoi giudizi a Israele
non fa così con nessuna delle genti
nessuna di loro conosce i suoi giudizi.
(salmo 147)
Sono un viandante che nel cammino di fede attraverso il passaparola di un’amica nel periodo del lokdown ci ha fatto incontrare. Poi ho scoperto grazie ad un’altra amica che già Ti conoscevo.
Ringrazio sempre il Signore per i compagni di viaggio – anche se virtuali- che mi affianca: sono doni della Sua grazia.
Pre pandemia facevo un viaggio all’anno, alla scoperta di un nuovo angolo di mondo.
Qualcuno mi ha fatto notare che le stesse cose si vedono anche in TV o in rete…
Vero, ma vuoi mettere un’altra sulle dume del deserto sentendo il freddo pungente del mattino e soprattutto l’incontro sia con la gente del posto che con i compagni di viaggio?
Nemmeno le foto fate da me riescono a rendere l’idea della bellezza di queste esperienze.
Se è così per i viaggi, come non può esserlo per l’esperienza di fede?
Gesù ha detto :”quando due o tre sono uniti (cioè stanno fisicamente uniti) nel mio nome io sono in mezzo a loro”questo è cio che risponde al bisogno profondo del nostro cuore. È necessario ogni volta per una vera condivisione ripartire da qui.
“Non occorre creare niente di nuovo. Occorre soltanto rinnovare il proprio rapporto con Dio, con gli uomini e le cose, con la vita in generale. In altre parole, bisogna riscoprire il miracolo quotidiano, quel miracolo che accade in mezzo a noi”.
( Vivere con il cuore Padre Slavko Barbaric)
Ieri sera ho visto un film che raccontava la storia di Chiara Ludwig. Chissà che alla fine della pandemia non nasca un movimento di condivisione che quel “condividi” virtuale così immediato possa diventare un gesto quotidiano
Grazie. Avevo bisogno di un invito a uscire dal mio bozzolo, a non lasciare che la tv mi atrofizzasse il cervello, a VIVERE. “C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza”
Chiesa on line? Sacramenti a domicilio? Digita uno per le lodi mattutine, due per il vangelo del giorno ….
Scusate il paragone ma non possiamo paragonare il teatro alla tv!
Dai risultati ormai certi dell’esserci appartati nei confini delle nostre case, quasi estranei dentro un unico edificio, forse, in parte, la risposta del futuro che ci vuole in smart working o dietro a delle app dalle quali ci sembra possibile gestire il mondo!
L’impasto non lievita se non dosiamo gli ingredienti!