Ogni anno, il 18 marzo
Giovedì – quarta settimana di Quaresima
(Es 32,7-14 / Sal 105 / Gv 5,31-47)
Ogni anno, il 18 marzo sarà la Giornata nazionale in memoria di tutte le vittime del Covid. Sono nomi. E dietro ogni nome ci sono persone. La data non è casuale: fa riferimento a quell’insolita e straziante processione di automezzi dell’esercito intervenuti per portare nei crematori di altre regioni le salme di molti di questi defunti. Quell’immagine – mi perdonerete – io non vorrei più vederla anche se non stento a pensare che i mezzi di informazione in questi giorni non mancheranno di riportarla davanti ai nostri occhi. Da quel giorno Bergamo – s’è anche detto – è diventata la Wuhan italiana. Non vorrei più vedere qeull’immagine non per dimenticare o per rimuovere, ma come a stendere un velo di pudore e di rispetto. Sarà anche servito mostrare al mondo a che punto eravamo ma certe immagini cozzano con molte altre. Sullo stesso schermo. Nella memoria di chi c’era – piccoli e grandi – quelle immagini sono presenti e probabilmente portano pure il nome di trauma.
Il processo di rielaborazione è un cammino individuale. Ci sono manifestazioni esteriori che intendono aiutare ad una rielaborazione collettiva: sono venuti cantanti nel cuore della Città per provare a lenire il dolore, orchestre intere hanno suonato e musicisti hanno composto canzoni che già suonano come inni per incoraggiare un po’ tutti. Anche oggi, segni e gesti importanti, solenni. Uno di questi: l’inaugurazione del «Bosco della memoria», accanto all’ospedale della Città. La vista di quegli esili alberi da poco piantati per un po’ di anni ci chiederà di fare un gran bel salto in avanti ad immaginare quando quel bosco sarà fitto e rigoglioso. Negli studi di progettazione, si usano programmi informatici che ormai immaginano per noi. Li chiamano rendering: la conversione mediante apposito software del profilo di un’immagine bidimensionale in un’immagine dall’aspetto realistico e percepibile come tridimensionale, grazie al calcolo accurato della prospettiva e all’aggiunta di colori, luci e ombreggiature.
Celebriamo una Giornata della memoria come quella di oggi, soprattutto per questo invito quasi paradossale che ci chiede un balzo prospettico in avanti. Non solo ad immaginare un bosco. Ma per pensare al futuro. Si dice – e un po’ ci si accorge – che manchiamo di visioni, di sogni? Forse. L’invocata normalità ha ancora troppo il sapore di un ritorno al passato, antecedente a questa data. Ma è la Vita ad attenderci sempre, ogni giorno. Ed è davanti a noi. Come il giorno che ci sveglia, con il suo canto degli uccelli, un vento che deterge il cielo e quel carico di impegni domestici o lavorativi. Per piccoli e grandi. Una tavola e del pane. Degli amici con cui condividere gioie e dolori. E per chi crede, Lui, che sempre ci dice «Sono qui».
Nel giardino della casa parrocchiale abbiamo piantato, mesi fa, degli alberi donati dalla Forestale per ripopolare le nostre campagne di specie autoctone. E così quei fuscelli di oggi, arbusti di domani, sono già a dimora. «Non è stagione per piantare!» mi dissero. Le piccole piante erano arrivate tra una riapertura e una seguente chiusura. Sono arrivate quando non era stagione. Degli shelter, (piccole protezioni tubolari in plastica semitrasparente) devono aver fatto il loro dovere: proteggere dal freddo, far arrivare comunque la luce ed eventualmente impedire che il peso piuma degli uccelli spezzi il più esile dei rami. Nel giorno della piantumazione gli uccelli arrivarono e parve un segno, un miracolo. Dall’alto delle loro visioni in volo, s’erano accorti che il paesaggio già si stava modificando a loro beneficio, prima ancora che salissi ai piani alti della casa per vedere il colpo d’occhio di quegli alberi. Poi arrivò la neve, abbondate per questa regione. Davvero non era stagione?
Una domenica poi, rientrando dalla Messa, quando la neve iniziava a sciogliersi al tepore del primo sole, trovai quella distesa di neve tutta trapuntata di qualcosa di grigio, marrone. Da lontano non capivo. Aperto il cancello, uno stormo intero di uccelli s’è levato in volo. Ed io non ho mai il riflesso di prendere il telefonino per scattare video o foto. Ho riflessi più lenti (accanto ad una spiccata fantasia) che si persero a contemplare e a riflettere quanto appena visto. Cos’è mai questo spettacolo? In questi giorni mi capita di passare accanto a queste creature appena piantate e ne ho già sbirciato i germogli. Assieme a bulbi seminati qua e là che ora fanno capolino, sembrano già dirmi che l’inverno è passato.
Le cose di prima sono passate. Ecco: ne sono nate di nuove. E come fai a non ricordarti che Lui ce lo aveva detto? Tutto quello che finisce in terra porta molto frutto. Parlava di un chicco di grano. Di un granello di senapa. Gli uomini attendono la Vita dal Cielo e dal Domani ma quasi in maniera paradossale essa viene dalla Terra e dal Passato di chi prima di noi ha vangato, seminato, irrigato… e ora è già morto. E non mancheremo di rispetto se contemplando la spiga non pensiamo più soltanto al chicco sotto terra. Non mancheremo di memoria se condivideremo il pane venuto dalla farina di quelle spighe, venute da tanti chicchi.
Giovanni Battista era la lampada per la Luce che venne appena dopo. Il Figlio in Terra (ma anche sepolto nella terra) è testimonianza del Padre che sta nei cieli. Un volto rimanda alla voce e la voce dice la Parola. Un libro è testimonianza della Parola. Alcune parole volteggiano ancora nell’aria, sono vive. Altre, scritte nei libri sono diventati solchi di inchiostro. Ma quando apri il libro e leggi, per effetto dello Spirito quelle parole si rianimano, risorgono dalla morte ed arrivano a noi per portarci la Vita.
«Ma voi – dice Gesù nel brano di Vangelo odierno – non volete venire a me per avere vita». Un monito quaresimale che calza bene anche per questa prima giornata della memoria. Non è rimprovero per chi non crede o non vuole credere; per chi non pratica o pratica a modo suo. Cosa significa quel «venire a me» se non stare dietro a Gesù per osservare la vita dal suo punto di vista? E non dalle nostre visioni addolorate, dolenti, risentite, incupite… Egli chiamò a sé alcuni discepoli per correggere il loro sguardo: osservate, diceva. E per dare loro una visione, una prospettiva.
Oggi farò due passi ad osservare quei piccoli alberi appena piantati che hanno già passato un inverno. Ne osserverò i germogli e proverò ad immaginarli già cresciuti. Ciascuno faccia quello che meglio crede per celebrare questa giornata: minuti di silenzio, un tempo di preghiera con una candela alla finestra, un suono di campane, un digiuno… quello che vi sentite di fare, fatelo. Facciamolo. Ma in prospettiva di una Vita forse non più «normale» secondo i nostri pensieri, ma una Vita piena che tutti desideriamo ricevere. E non parlo di morte. Sto pensando alla Vita. E Lui venne ad offrircela.
Padre buono,
supplichiamo la tua misericordia
perché possiamo camminare fedelmente nella via del Vangelo,
che Gesù, come un seme fecondo, è stato in mezzo a noi.
Il tuo santo Spirito, ci porti alla Vita,
e ci dono la forza di procedere, in tutte le stagioni,
verso la Pasqua, pienezza di vita che non muore più.
Andrew Lloyd Webber, Pie Jesu (dal Requiem), Hauser, Violoncello / Josephine Ida Zec, bambina soprano / Ochestra filarmonica e Coro Zvjezdice di Zagabria
Dal Vangelo secondo Giovanni (5,31-47)
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
C’è una legge vera nella vita impressa in ogni cosa,
Legge che muove gli astri del cielo
in un concerto d’armonia.
E in terra canta nei colori della natura,
Canta nella natura.
Il giorno cede il passo alla notte per amore,
la notte saluta il giorno per amore.
Dal mare sale l’acqua al cielo per amore
e l’acqua riscende dal cielo al mare per amore.
La pianta dà le foglie alla terra per amore,
La terra ridona le foglie per amore.
Un seme cade in terra e muore per amore,
La vita germoglia dal solco della morte per amore!
Questa è la legge eterna, legge di Dio,
un Dio che per amore ha creato ogni cosa…
Ed ha nascosto amore, ed ha nascosto amore
dietro apparenze di morte e di dolore.
È la legge vera della vita impressa in ogni cosa,
Legge che muove gli astri del cielo
in un concerto d’armonia.
E in terra canta nei colori della natura,
Canta nella natura.
“…perché forte come la morte è l’Amore”
a mia mamma e a tutte le vittime del Covid
Perché nasca una pianta bella e forte, serve che un piccolo seme cada nella terra e muoia. Così ha fatto GESÙ per noi: lui, l’amore del padre, dona la vita per noi e ci insegna che nulla è più grande dell’amore. (dal deserto alla luce)
Caro Don Stefano, la leggo sempre con molto interesse e piacere. Mi arricchisce sempre e di questo le sono grata. La sua riflessione di oggi 18 marzo mi trova totalmente in sintonia pensando al significato più vero e profondo che il giorni della “memoria” dovrebbe avere. Spero che oggi i media sappiano trasmettere messaggi ripetuti di speranza e di nuova vita accanto a quelli disperati e tristissimi dati dalle drammatiche immagini dei camion militari, fin troppo inflazionate. Gesù ci insegna come fare per andare avanti guardando soprattutto a ciò che nasce, ringraziando ciò che lo ha concepito e fatto nascere seppure attraverso il dolore e la morte. Proprio come ha fatto lui per tutti noi. Ed è questa la Quaresima secondo me. Così dovremmo vivere ogni anno il giorno della memoria, anzi tutti i giorni dell’anno.
“Gli alberi sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo in ascolto”.
Rabindranath Tagore