Mai parlò così un uomo!
Sabato – quarta settimana di Quaresima
(Ger 11,18-20 / Sal 7 / Gv 7,40-53)
Leggeremo e mediteremo oggi alcuni versetti del capitolo 7 di Giovanni. Su un complesso di ventun capitoli possiamo dire che di strada da fare ce ne sarebbe ancora parecchia. Eppure già qui si respira una tensione incredibile attorno alle parole e alla persona di Gesù. A primavera, in prossimità delle feste pasquali, Gesù aveva moltiplicato i pani e i pesci (Gv 6) e s’era Lui stesso presentato come il pane disceso dal cielo (Gv 6,41). Qualche mese dopo, in autunno, si recò nuovamente a Gerusalemme per la festa delle Capanne, la festa che ricorda il lungo pellegrinaggio del popolo nel deserto durante l’esodo dall’Egitto. Le capanne, ancora oggi, vengono costruite ovunque: se ne vedono sui balconi di casa, nei cortili, per le strade. Per tutta la durata dei giorni di festa, queste capanne diventano casa per famiglie e gruppi di persone. Le tende hanno tutte una medesima particolarità: devono avere una copertura che lasci intravedere le stelle del cielo, a ricordo di quel passaggio, di quel pellegrinare verso la liberazione.
Cercarono di dissuadere Gesù affinché non salisse a Gerusalemme: la tensione e le controversie attorno alla sua persona erano già alle stelle. Proprio in questo contesto e nell’ultimo giorno della festa, Gesù si presenterà nel Tempio gridando queste parole: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7,37-38). Lo disse mentre vedevano i sacerdoti del Tempio bagnare l’altare di acqua girandovi attorno per sette volte, secondo l’usanza di quella festa. Immaginiamo anche noi la scena, per quello che possiamo: nel mezzo di una festa religiosa, dove gli occhi sono catalizzati attorno ad un gesto rituale sacro di cui probabilmente la povera gente ben poco sapeva del suo significato recondito – ma così si deve fare perché tradizione lo chiede – proprio mentre tutti seguono e partecipano a quelle operazioni, un uomo si alza in piedi e grida le parole di cui sopra. La festa è come guastata ma, ancor di più, quell’uomo sarà subito giudicato pazzo. Tuttavia chi lo aveva incontrato veramente e aveva già ricevuto i benefici del suo passaggio, i benefici di un incontro con Lui, non rimase più indifferente alle sue parole e alla sua persona.
C’è una tensione incredibile attorno a Gesù. Alcuni lo riconoscono già come il ricercato che altri vogliono uccidere. Altri contesteranno i suoi insegnamenti in quanto non ha il titolo di studio o la nomina per farlo. E poi le sue umili origini (nato a Betlemme e cresciuto a Nazareth) sono quasi un segno evidente della sua poca autorevolezza. Eppure, in mezzo a quella confusione che s’era generata attorno a Gesù e alle sue parole, a qualcuno viene il legittimo sospetto che proprio Lui potrebbe un profeta e ancor di più il Cristo.
Nel dubbio ci si appellava alla testimonianza di due o tre. La Scrittura stessa poi era Legge a cui rifarsi e appellarsi per pronunciare un giudizio. «Sta scritto» era la formula che al limite non prevedeva appelli ulteriori. Ma anche il diavolo, (ce lo raccontano gli altri vangeli) nei giorni della tentazione, s’era presentato a Gesù con certi inconfutabili «Sta scritto». Eppure Gesù, citerà a sua volta altre parole della Scrittura che sembrano smentirne altre.
Anche a noi può capitare, davanti ai testi delle sacre Scritture di sentirci come smarriti e molte parole sembrano contraddirne altre. L’ascolto delle Scritture in effetti non è per noi soltanto Legge insindacabile, inappellabile e dirimente di tutte le cause e le questioni. L’incontro con le Scritture, per noi, è cammino stesso della fede che ci porta ad incontrare la persona di Gesù, vero Uomo e vero Dio. Egli è punto di incontro. Saranno i farisei che utilizzeranno spesso il criterio interpretativo dell’inappellabilità delle Scritture e tutto il dibattito sarà un cercare di ordinare precetti. Perfino Nicodemo, un fariseo, si sente dare dell’ignorante e viene zittito con un semplice: «Studia e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». Quelli non sapevano che Nicodemo aveva già incontrato la Parola di Dio non solo attraverso lo studio dei rotoli e dei libri sacri. Nicodemo (in Gv 3) era andato nascostamente, notte tempo, a colloquiare con Gesù mosso da quel desiderio di conoscere a fondo, di vedere chiaro anche di notte, proprio come un popolo che camminava nelle tenebre e di colpo ha visto una grande luce (Isaia 9,1). Egli intuiva che attorno alla persona di Gesù la Parola si faceva più vivida, luminosa, chiara. Ciò che a volte per scritto pareva incomprensibile ed ermetico, in Gesù si dischiudeva come Verità. Bevendo a quella fonte, Nicodemo non riuscirà più a bere acque intorbidite da interpretazioni e strumentalizzazioni della Legge stessa.
Sono già numerosi i tentativi di catturare Gesù per eliminarlo. Le guardie del Tempio erano ormai allertate. L’attenzione dell’intelligence era per lo più concentrata a contenere – eventualmente catturare – quell’uomo. Ma succede qualcosa di inatteso: le guardie che ricevono ordini solo dall’autorità costituita, disobbediscono di fatto agli ordini precisi ricevuti. Trovandosi davanti all’uomo in questione, lo ascoltano parlare. Senza armi alcune le guardia si sono confrontate con Gesù. Gesù, il mite e disarmato, conosce cosa c’è nel cuore dell’uomo ed opera un processo di liberazione perfino delle guardie del Tempio le quali, tornano dai committenti riferendo il loro stupore, la loro meraviglia e denunciando, di fatto, la loro disobbedienza agli ordini.
«Mai un uomo a parlato così!» Cosa gli disse? Cosa udirono? Non c’è dato sapere. Solo l’esito è chiaro. Queste guardie abituate solo a ricevere ordini da eseguire, sono probabilmente state toccate sul vivo, nell’intimo della loro coscienza. Ma poco importa ai capi di sapere quali parole hanno cambiato il cuore dei soldati. Altre guardie, nei giorni della Passione andranno a catturarlo. Al capitolo 18 di questo stesso Vangelo leggiamo: Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io» (Gv 18, 4-8)
Sono io o Io-Sono? E proprio qui sta il nocciolo della questione: Gesù si presenta con parole che nessuno ha mai udito e mentre tutti si dividono attorno alla sua controversa presenza, Egli non farà altro che rimandare continuamente a quel nome con cui il Signore stesso s’è presentato ai padri di quel popolo di una fede molto confusa che si appellerà alle usanze, alle tradizioni, ai riti e alle pratiche di sempre. Saranno i poveri, i semplici e perfino dei soldati stanchi di obbedire a dei ciechi comandi, a riconoscere in quell’uomo il Figlio di Dio. Sapremo anche noi, forse stanchi di tanta sterile osservanza, di tanto ritualismo, di tanta esteriorità reggere questo faccia a faccia con Gesù, colui che dice le parole al cuore dell’uomo?
Invia nei nostri cuori e nelle nostre menti
il tuo Spirito santo,
affinché riveli a noi Te,
Parola che sei dal principio,
che crei e contieni ogni cosa,
e fa’ tacere ogni altra voce che non sia la Tua.
Stefano Battaglia/Michele Rabbia, Oracle, Pastorale
Dal Vangelo secondo Giovanni (7,40-53)
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario:
per vivere in Comunione con Dio Padre;
per diventare con Te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario,
o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.
Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza
e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.
Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,
e per avere certezze che non tradiscono in eterno.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi,
per imparare l’amore vero
e camminare nella gioia e nella forza della tua carità,
lungo il cammino della nostra vita faticosa,
fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso,
con Te benedetto nei secoli.
Giovanni Battista Montini (Paolo VI)
dalla lettera pastorale all’Arcidiocesi «Omnia nobis est Cristus»
per la quaresima 1955
Gesù spogliaci dei rituali, dal si deve fare così, e donaci di incontrarti come acqua viva
Fa un po’ impressione pensare a quanto dirimente sia ancora oggi la parola del Vangelo, quante discussioni accenda ancora su “ciò che è lecito fare” e ciò che non lo è. Ma per quello, io credo, la differenza la fa il contatto con il popolo, con il gregge dei fedeli. I soldati qui non si erano mica messi a leggere i testi, no, erano usciti ed erano andati ad incontrarlo di persona, ascoltando le parole della sua bocca ed attingendo alla fonte del linguaggio non verbale delle sue azioni. Una bella differenza davvero!