La gioia? evangelica radicalità
(At 15,7-21 / Sal 95 / Gv 15,9-11)
Parlava di vite e di tralci, di potature e tagli. La sua stessa pasqua – i giorni della sua passione, morte e resurrezione – fu taglio e potatura. Sapeva chi lo avrebbe tradito e Lui considerava chi sarebbe rimasto. Qualche tralcio sarebbe stato tagliato. Per altri fu una potatura. Parlava già della comunità dei suoi discepoli come di una vigna ancor prima che tutto accadesse.
Soltanto Lui riusciva a vedere campi di grano già maturi quando appena spuntavano i germogli. Soltanto Lui immaginava i frutti mentre l’agricoltore potava la vigna. Soltanto Lui pregava per chi avrebbe creduto alla testimonianza dei discepoli mentre questi stavano per tradirlo. Soltanto Lui poteva far trovare una sala già pronta per festeggiare la Pasqua mentre il suo cuore iniziava a riempirsi di angoscia per quanto avrebbe sofferto nella notte prima di morire. Come quando vedeva davanti ai suoi occhi, folle di affamati e assetati, di afflitti e di perseguitati e già li chiamava beati. In piedi. Risorti. In cammino.
Soltanto Lui poteva parlare di gioia mentre il cuore dei discepoli si stava facendo triste per il fatto che di lì a poco non sarebbe più rimasto con loro. Non a caso il verbo «rimanere» viene utilizzato con una notevole insistenza, prima di essere tolto di mezzo. Il suo andare al Padre non era la sua morte ma quella sua decisione di rimanere nell’amore.
La sua morte avrebbe potuto essere un momento di tensione ulteriore, un tempo di vendetta dei suoi discepoli che avrebbero cercato di fare giustizia del loro Maestro ucciso ingiustamente? Le folle gridavano passando sotto la croce: «Salva te stesso! Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce» (Mt 27,40). Avrebbe forse potuto scendere dalla croce per quell’idea di potenza che noi attribuiamo al divino di fare tutto quello che noi non possiamo? Ma Gesù in croce vi rimase. Fino alla fine. E questa è la grandezza di Dio. Rimane sulla croce perché rimanga in noi il segno di Colui che ha dato la vita per i suoi amici. Rimase dunque in croce, come vite ben radicata nella terra, per rimanere nell’amore del Padre, per non lasciare quella via d’amore tracciata nei comandamenti.
È così che rimase sulla via dei precetti come per rimanere sulla via dell’amore. E tutti i comandamenti sono via per amare, per rimanere uniti al Padre e ai fratelli. Il tralcio non è che un trait-d’union tra la vite e i frutti. Non trovò simbolo più eloquente che quello della vite: un albero che rimane nella terra e chiede di rimanere a chi gli vive attorno. La vite diventa simbolo di radicalità evangelica: rimanere nell’amore significa dunque rimanere fedeli alla terra rimanendo fedeli al comando di Gesù stesso. Radicalità evangelica è la nostra gioia, frutto di questo legame con il Vangelo, unico nostro legame.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima […]
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. (salmo 15)
C’è più gioia nel dare che nel ricevere: questa fu tutta la vita di Gesù. Diede se stesso, lasciandosi anzitutto amare dal Padre e donandosi agli altri. Siamo così impermeabili all’amore del Padre, siamo irriducibilmente resistenti alla tenerezza di Dio che preferiamo ancora crederLo distante o piuttosto incombente come una minaccia. Dio è amore e non può che amarci. Rimanendo fedele a se stesso, non può che rimanere con noi in questo modo.
La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera.
E quello stesso pozzo che fa scaturire il vostro riso
fu più volte colmato dalle lacrime vostre.
E come potrebbe essere altrimenti?
Signore, insegnaci ad ascoltarti,
tu che vieni alle nostre labbra quando preghiamo.
Signore, insegnaci a parlarti.
Signore, insegnaci a chiamarti Padre nostro:
fa che ci sentiamo famiglia attorno alla tavola della gioia
in una preghiera che ha il gusto del pane e del vino,
una preghiera che sia la nostra dimora.
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,9-11)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera.
E quello stesso pozzo che fa scaturire il vostro riso
fu più volte colmato dalle lacrime vostre.
E come potrebbe essere altrimenti?
Più a fondo vi scava il dolore,
più gioia potete contenere.
La coppa in cui versate il vostro vino
non è la stessa coppa cotta nel forno del vasaio?
E il liuto che addolcisce il vostro spirito
non è lo stesso legno intagliato dal coltello?
Quando siete felici,
se scruterete il vostro cuore,
troverete che è ciò che vi ha fatto soffrire
a darvi ora la gioia,
E quando siete afflitti, guardate ancora nel cuore,
e scoprirete che state piangendo
solo per ciò che vi ha reso felici.
Alcuni di voi dicono: “La gioia è più grande del dolore”
e altri affermano, “No, il dolore è più grande”.
Ma io dico a voi che sono inseparabili.
Essi giungono insieme,
e quando l’una siede a tavola con voi,
ricordate che l’altro dorme nel vostro letto.
In realtà, oscillate tra il dolore e la gioia
come i piatti d’una bilancia.
Solo se vuoti, state fermi e in equilibrio.
E quando il tesoriere vi alzerà
per pesare il suo oro e il suo argento,
allora la gioia o il dolore
dovranno per forza sollevarsi o cadere.
Khalil Gibran
Insegnaci Gesù a rimanere a dimorare presso Te
In giardino non ho la vite, ma un nocciolo e un melograno.
Dopo la potatura diciamo sempre scherzando che sono rimasti solo 4 rami secchi che sembrano “messi in croce”.
Poi ogni primavera ci sono la meraviglia e la gioia di vedere le gemme che spuntano dai rami… e comincia la paziente attesa dei frutti…
E così due semplici alberi ci testimoniano la pazienza del Padre, che ci coltiva con amore, in attesa che ci decidiamo a portare frutto.
Rimanere in Lui per sentire fortemente che Lui è e rimane in noi… La Sua carità rimane in noi e ci spinge a metterci al servizio di tutto il mondo, mostrandocelo attraverso la vita, le parole e le opere di Gesù. Il Suo insegnamento e la Sua testimonianza di vita amata, condivisa e donata valgono più di tutte le parole d’uomo messe insieme, di qualunque cosa. E noi abbiamo ancora tanto da imparare…
Grazie Gesù che come un paziente maestro ci insegni ciò che più conta: rimanere nell’amore, il Tuo e quello del Padre Nostro.
Le cose brutte nel mondo ci sono eccome e continuano ad accadere, è vero.
La vita può essere dura, faticosa, anche crudele a volte, assolutamente vero.
Manifestazioni di ingiustizia ci capitano quotidianamente sotto gli occhi, più che vero!…Ed è altrettanto vero che in un contesto così non è che sia facilissimo avere fede. Allora come fare? Ad esempio mettere l’accento sulle cose buone, belle e sane che ci sono, anche loro, eccome. Anche se non “fanno notizia” e allora saltano meno agli occhi, ma ci sono anche loro. Ne è costellata la nostra quotidianità come il mondo intero. Ricordarsi che c’è anche del bello, del buono e del sano è fondamentale per non perdere la fiducia, per non arrendersi e continuare a sperare, e sperando agire, perché il mondo possa migliorare anche grazie alle nostre piccole azioni quotidiane.