Il clima giusto

Alla fine, perché la vigna porti i suoi frutti, ci vogliono pure le giuste condizioni climatiche. Questa alleanza che Gesù è venuto a sancire con i suoi discepoli avrebbe di nuovo proprio i tratti di un legame di amicizia. L’amicizia è dunque la giusta condizione climatica perché la vite porti frutto.

Un’alleanza poggia inevitabilmente su degli accordi, delle norme, delle clausole sottoscrivendo le quali ci si considera alleati. Parlava di tralci che devono rimanere uniti alla vite come se volesse parlare di amicizia. La leggerezza del suo comando, del suo giogo, non è sinonimo di poca serietà ma è da iscriversi proprio nell’impegno di custodirsi nell’amicizia. È in virtù dell’amicizia che l’obbedienza al comando si fa più leggera. Se i comandamenti evangelici non scaturissero dal cuore di un Amico, non avremmo che una serie comandi la cui pesantezza coinciderebbe con quella di molti altri obblighi. Non c’è peggior obbedienza di quella legata al dovere o alla paura. In questo senso l’obbedienza non è davvero più una virtù. L’obbedienza è virtuosa quando permette di scorgere libertà e amicizia. 

Il popolo che Dio s’era scelto, era stato asperso con il sangue di animali sacrificati perché comprendessero che tra loro e Dio c’era consanguineità. Gesù prende il frutto della vite e afferma nella condivisione di quel calice la consanguineità, attestando così che la vigna ha prodotto i suoi frutti, che il legame è stabilito per sempre: Gesù si dichiara Amico donando la sua vita. Non c’è amore più grande di chi dona la sua vita per i propri amici. La prova di questo dono è dunque nel vino versato come di sangue che stipula un patto. Egli sigilla così l’amicizia fedele, si dichiara il balsamo nella vita, colui che non tradisce. 

Prima di stipulare un contratto siamo soliti informarci di tutte le condizioni e quando abbiamo trovato quelle più convenienti allora scegliamo e firmiamo per questo o quel patto. La grande condizione del rapporto con il Signore sta in un clima di amicizia, non di schiavitù, né di sudditanza. 

Anche i servi portano frutto ma questo è frutto di ordini imposti al prezzo della vita stessa del servo. Gesù paga di persona il prezzo di questo riscatto: toglie dai nostri rapporti ogni forma di ricatto. Comandò di amarci gli uni gli altri perché l’obbedienza non fosse cieca e triste. Il frutto della vite ci apre gli occhi e noi scopriamo non tanto di essere disobbedienti e nudi come Adamo ed Eva, ma di essere rivestiti di quegli stessi sentimenti che furono in Gesù.

Ne va del sapore stesso del vino, del gusto della vita: l’obbedienza, in un clima di amicizia, risulta libera e gradevole. Certo che servono delle regole, dei comandi per garantire la Vita ma occorre anche che il comandamento sia abbracciato liberamente e per amore. Non certo per forza.

Per parecchio tempo l’immagine del culto è rimasta legata ad un servizio che assomigliava di più ad una schiavitù, qualcosa che si osserva con fatica. Oggi la vera immagine di un culto che piace a Dio potrebbe essere proprio quella della custodia dell’amicizia. Perdere questo legame sarebbe come ripiombare in antiche schiavitù. Comandò che i discepoli si lavassero i piedi gli uni gli altri, cosa che neppure i servi erano tenuti a fare. Per amicizia tuttavia è possibile andare oltre: forse che ad un amico non lavereste i piedi? 

C’è bisogno di questo clima nelle comunità cristiane, nella Chiesa: sentire che l’amicizia è condizione per rimanere buoni discepoli, per portare buoni frutti. Pensiamo ancora che l’amicizia offerta sia un gioco da ragazzi, qualcosa che va bene fintanto che si è bambini. I piccoli amano l’amicizia perché sentono che in quel rapporto c’è una serietà che supera ogni tipo di garanzia, che va oltre ogni clausola. Da grandi invece pare che abbiamo tutt’altro da fare: risultati e numeri da portare a casa.

Ogni corpo a motivo del suo peso tende al luogo che gli è proprio. Un peso non trascina soltanto al basso, ma al luogo che gli è proprio. Il fuoco tende verso l’alto, la pietra verso il basso, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. L’olio versato dentro l’acqua s’innalza sopra l’acqua, l’acqua versata sopra l’olio s’immerge sotto l’olio, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. II mio peso è l’amore; esso mi porta dovunque devo andare. Il tuo dono ci accende e ci porta verso l’alto. (sant’Agostino, sull’amicizia)

O Spirito Santo Paraclito,
pieno di gioia, inizio la preghiera:
donaci di conoscere il Padre, e di conoscere il Figlio.
Sì, o Spirito del Padre, dolce ospite dell’anima,
resta sempre con me per farmi conoscere il Figlio
sempre più profondamente.
O Spirito di santità,
donami la grazia di amare Gesù con tutto il cuore,
di servirlo con tutta l’anima 
e di fare sempre e in tutto ciò che a lui piace.
O Spirito dell’amore,
concedi a una piccola e povera creatura come me,
di rendere una gloria sempre più grande
a Gesù, mio amato Salvatore. Amen.

(Charles de Foucauld)

Dal Vangelo secondo Giovanni (15,12-17)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Saldo è il mio cuore, o Dio,
saldo è il mio cuore.
Voglio cantare, voglio inneggiare:
svégliati, mio cuore,
svegliatevi, arpa e cetra,
voglio svegliare l’aurora.

Ti loderò fra i popoli, Signore,
a te canterò inni fra le nazioni:
grande fino ai cieli è il tuo amore
e fino alle nubi la tua fedeltà.
Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.

salmo 56


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Piccoli Pensieri (4)

Dania

Due cose rievoca la mia memoria pensando alla parola “amico”: la prima è una canzone di Laura Pausini “Un amico è così” che sentivo tanto vera allora, quanto ora che l’ho riascoltata. E la seconda è la storica frase che dice che “chi trova un amico trova un tesoro…”, e non posso che ricollegarla al Vangelo, a Gesù. Chissà se chi l’ha detta ha pensato a Lui, nostro vero tesoro, perché chi Lo trova o meglio si lascia trovare e raggiungere dal Suo amore, è questo ciò che sente e crede. È proprio un gran bel Mistero la fede di ciascuno e questo incontro che non può che venire in reciprocità di sguardi e di cuori.

7 Maggio 2021
Emanuela

E Gesù è riuscito a chiamare amico anche Giuda, proprio nel momento in cui lo tradiva…

7 Maggio 2021
Rosaemma

La grande differenza nell’osservanza di alcuni precetti sta proprio nel sentire questo legame di amicizia con Gesù…lo possiamo constatare personalmente.
Ho impresse nella mente queste parole di un prete “illuminato”:”Perché vai a messa?”
Per il precetto,per obbligo,per abitudine?No…questa era la mia realtà di prima…Ora è un desiderio, un piacere, quasi un bisogno. Perché? La risposta è questa:”C’è Lui che ti aspetta!” E Lui è
l’Amico vero,Colui che ti ama immensamente…

7 Maggio 2021
Adriana Salvi

Quanto siamo lontani dallo spirito di amicizia che permetterebbe nella Chiesa e nella società di formare un corpo fedele agli insegnamenti di Gesù…
Tutti pronti a giudicare, a diffidare dell’altro che la pensa in modo diverso, a criticare se i sacerdote che ci guida non corrisponde ai nostri canoni.
Ho frequentato diverse parrocchie nella mia ormai lunga vita,ma che fatica a cosiderarsi amici: manca la volontà e il tempo di fermarsi ad ascoltare, ad entrare nei panni degli altri, a capire e compatire.
E che dire, in questa pandemia,della difficoltà di accettare le regole x amore e rispetto della vita propria e degli altri, anche se ciò comporta la rinuncia a piccole libertà o piaceri? Veramente dobbiamo rivedere il senso del nostro essere uomini e cristiani.

7 Maggio 2021

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