Ascende chi sa discendere
Ascensione del Signore (B)
(At 1,1-11 / Sal 46 / Ef 4,1-13 / Mc 16,15-20)
Andavano verso Gerusalemme. Salivano al monte di Dio. Era un comando, una Legge per Israele. Un invito che riecheggiava su note festose di salmi scritti appositamente per quella salita, perché il cammino fosse meno pesante di quello attraverso il deserto. E la lode, più che il lamento, doveva accompagnarne la salita. Non una faticosa scalata, ma una lieta ascensione. «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». (Is 2,3)
Dal salmo 119 al salmo 133: sono stati raccolti tutti insieme e vanno precisamene sotto il nome di «salmi delle ascensioni». Ci basti leggerne alcuni versetti per capire, per allenarci a questo movimento ascendente del credere: Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto (sal 119). Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? (sal 120) Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore» (sal 121). A te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli (sal 122). E avanti di questo passo…
È dell’uomo questo desiderio di salire, di ascendere, di elevarsi in alto. Dai tempi della torre di Babele. Ma con quale spirito ci si eleva? Eppure è delle creature sentire perfino un’irresistibile attrazione per la terra: perfino le foglie mollano la presa e cadono a terra quando viene la stagione. Quando l’uomo muore qualcuno dice che torna alla terra da cui fu tratto, altri preferiscono dire che va in cielo… almeno l’anima.
Predominare è delle creature. Fin da piccoli ci insegnano che il leone è il re della foresta e tutti gli animali stanno sottomessi al suo ruggito. In un branco di animali della medesima specie si stabilisce chi è il capo. Anche l’uomo fa ugualmente con i suoi simili e con diverse altre creature. Il limite non è ben delineato: si passa dalla custodia al dominio, dalla protezione all’usurpazione. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci indichi la via per ascendere ogni volta che sentiamo quant’è gravoso vivere.
Anche Gesù salì. A Gerusalemme, certamente. Fu il suo pellegrinaggio terreno quello che lo portò a discendere dal cielo. Venne in pellegrinaggio verso l’umano, fino a discendere negli inferi. Conobbe la sete, la fame, il freddo… e la malvagità dell’uomo. Il peccato dell’uomo. Il male di cui l’uomo è capace. La sordità dell’uomo; la cecità dell’uomo; il mutismo dell’uomo: l’indifferenza insomma. Bisogna scendere nelle profondità della natura per sentire poi questo invito a rialzarsi, quel desiderio di ascendere.
Scrive san Paolo nella lettera agli Efesini: «Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?». Dalle festività natalizie ad oggi abbiamo conosciuto e approfondito questo totale abbassamento, questa discesa di Gesù. Fin da piccolo stava sottomesso ai suoi genitori… l’ascolto fu la strada maestra della sua crescita. Alzava lo sguardo quando c’era da riportare tutto all’essenziale. Capitò a Zaccheo che, piccolo di statura, dovette salire su un albero per farsi grande. Gesù alzò lo sguardo. Scendi subito, disse… non è quella la strada! Si sale al potere e ci si accomoda… Anche Levi, comodamente seduto al banco delle imposte, venne invitato ad alzarsi. Non è quella la strada! Il denaro è strumento di umane «ascensioni», di scalate sociali e anche i piccoli ci imitano in quest’avida sete di guadagno e di potere. Guadagnare bene, più del necessario, possedere sono ormai sinonimi d’essere qualcuno, avere una posizione altolocata. Fu tentazione diabolica nei quaranta giorni di deserto: essere portato in alto per ricevere tutto ai proprio piedi, senza guardare in faccia a nessuno. Solo per quel desiderio di dominare. L’inizio della sua vita pubblica, della sua vita adulta coincise con un esplicito rifiuto a quella proposta. Sapeva bene che doveva discendere.
Si chinò per scrivere a terra quando gli portarono una donna colta in adulterio, quasi fosse il capro espiatorio. Alzava lo sguardo al cielo prima di condividere il pane. Sentiva che tutto era come un dono venuto dall’Alto. Fino a quell’ultima sera quando si chinò per lavare i piedi dei suoi discepoli. Pareva davvero che abbassandosi, volesse fare grande l’uomo. Ma per un altra via, con un altro Spirito. Elevare l’uomo, non lasciarlo sprofondare nella polvere, invitarlo a crescere elevando lo spirito.
Anche il chicco di grano, dopo essere caduto nella terra, è come attirato al cielo. È a quel punto che nascono lo stelo e poi la spiga, e il chicco pieno nella spiga. Saliva a Gerusalemme per salire in croce. Discese in Terra per aprire una via al cielo.
Quando si fissa un oggetto che scompare fino a perdersi all’orizzonte, gli sguardi molteplici convergono verso quell’unico punto, oggetto di osservazione. Lasciò il suo modo visibile di abitare la terra. Lo seguirono fino a perdersi. Angelici messaggeri dovettero riportarli coi piedi a terra: invito perenne ad ascoltare la sua Parola. Fece una promessa. Fu come se avesse seminato nuovamente in loro un’attesa. Una nuova gestazione, quella della comunità dei suoi discepoli, che di lì a poco, nella Pentecoste avrebbe visto la luce, avrebbe avuto il suo natale.
Poiché uno è l’uomo, e il corpo, e il mondo,
e uno sei Tu, Padre, che operi in tutti
e sei sopra tutti,
donaci di servire anche noi
secondo la grazia che a ciascuno
è stata data nel Cristo, in attesa
di partecipare tutti alla sua gloria.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Marco (16,15-20)
In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Forse era molle
quell’estrema porzione di suolo,
calpestata da Te,
per via di quella tua partenza
che pareva lasciare il mondo orfano.
Ma Tu, Signore, non lasciavi la terra
ma, in qualche modo, la portavi con Te.
Sì, lo portasti con Te quel calore di zolla,
di pietra, di mondo:
lo portasti con Te,
come un annuncio della resurrezione delle cose;
altrimenti forse anche Tu
saresti stato triste nel lasciarle.
Le portavi con Te, Signore,
ed entravi in un diverso modo di presenza.
No, non ti sei allontanato, quel giorno,
ma ti sei fatto prossimo a tutti:
ormai sottratto al limite che è dell’uomo mortale
ma che l’uomo glorioso può infrangere.
Certo, tra noi morituri e Tu risorto,
c’è un anacronismo,
una sfasatura di tempo e di stato,
una diversità di situazione.
Ma è giusto che sia così,
se Tu devi essere il nostro primogenito
e precederci nella terra dei vivi
che non morranno più.
(Adriana Zarri)
Che sia così, Signore, per sempre:
mai la tua Chiesa si confonda
con questi sistemi e civiltà,
ma sia sempre e solo «Missione»:
sempre in missione
in tutti i paesi della terra:
tutti pronti, se cacciati,
a scuotere la polvere
e ad andare altrove:
solo e dovunque all’opera
perché venga il tuo Regno,
in attesa di Te che puoi tornare
quando vuoi, di giorno, di notte,
oggi e nei secoli dei secoli.
Amen.
(Davide Maria Turoldo)
Gesù ascese ma con la promessa che sarebbe stato con gli apostoli e con noi ogni giorno fino alla fine del mondo. E quanto è bello sentire che Lui è nell’ascolto che offro ad un’amica, nella compagnia ad una persona che si sente sola, nella consolazione a chi soffre o è triste…Lui è in ogni cosa che sa di perdita di tempo, che avviene nella gratuità, che ti fa dimenticare un po’ di te stesso per pensare all’altro…poter sentire che non agisco solo per conto mio ma anche per conto di Dio è comprendere che le cose belle, buone e vere, il Bene vengono solo da Lui e grazie a Lui. Senza il Signore davvero non potremmo fare nulla e fare con gli altri vale ancora di più perché “è più bello insieme, è un dono grande l’altra gente…”. Che la Tua Parola ci accompagni in ogni nostro giorno, ci istruisca e ci aiuti a comprendere e fare sempre più la Tua volontà.
Mi torna in mente il principio di Peter: in una gerarchia ogni dipendente tende a salire di grado fino a raggiungete il proprio livello di incompetenza. È così in tutti gli ambiti, in azienda come dentro un partito. Salire, sempre!
Eppure basterebbe guardare alle piante: zero posizioni apicali. Vige la regola del mutuo soccorso.
Abbiamo ascoltato tante volte la storia del chicco di grano.
Ma poi quel grano che fine fa? Come viene condiviso? Speriamo sempre che qualcuno ne custodisca una parte per continuare il ciclo.