La gioia di Maria… con tutto il rispetto per le (sue) lacrime
Visitazione di Maria ad Elisabetta
(Sof 3,14-18 / Is 12 / Lc 1,39-56)
È pur vero che la spiritualità delle persone e l’approfondimento di certi temi di meditazione vanno spesso di pari passo con eventi storici. Mi spiego: in epoche di guerre, di dolore o di fatica in genere è abbastanza naturale proporre il crocefisso alla devozione popolare, meditando sugli aspetti più dolorosi di quella passione: dalla corona di spine al sangue che gocciola fino ai piedi. In un contesto simile è anche facile pensare a Maria, la madre di Gesù, facendola in tutto simile a noi. E così l’umano dolore delle madri per la morte di un figlio si incarna proprio nella devozione a Maria, raffigurandocela lei pure, tutta gemente e piangente nella medesima valle di lacrime, compagna migliore di tutti i nostri dolori.
Traduco: se succede così a noi, così sarà successo pure a Lei. E può anche essere. Ma il Vangelo racconta il dolore di Maria con un pudore verginale, senza entrare prepotentemente a descrivercelo come farebbe la cronaca nera odierna precipitandosi sul posto per tentare un’intervista ai protagonisti. Il dolore di Maria, laddove naturalmente possiamo coglierlo, è invece – stando ai Vangeli – sempre avvolto di silenzio, un silenzio che parla di attesa, di qualcosa che dovrà accadere… la resurrezione?
Scrivo con un certo timore il pensiero di oggi, sapendo quant’è sviluppata una certa spiritualità mariana, tendente per lo più al doloristico. Così Maria, di questi tempi, sarebbe compagna di tutte le nostre lacrime, di tutti i nostri dolori. Piange spesso, Maria. Secondo noi. Piange nelle statue, nei dipinti, nei santuari… piange accanto a chi piange. Eppure, io c’andrei molto cauto con questa faccenda del pianto delle madri, perché ogni madre, se piange, piange in segreto, senza farsi vedere dai figli. E a cosa serve mostrare il pianto della Madre per convincere i figli a comportarsi meglio, se Ella piange proprio per causa nostra?
Mi sembra tutto ancora così troppo umano, perfino ricattatorio in un certo senso: ti mostro che la mamma piange e magari piange proprio per tutti i misfatti umani. Forse non ho colto il senso, forse c’è un significato che mi sfugge. Sta di fatto che nei Vangeli, nonostante l’apparente terribile profezia di Simeone che preannuncia una spada che trafiggerà l’anima di Maria (Lc 2,35), la Madre risplende piena di grazia, colma di Spirito. È certo il dolore della morte del figlio, ma la spada è esattamente la Parola di Dio che proprio mentre il dolore uccide, chiede di sperare contro ogni speranza. Il dolore che trafigge nell’ora della morte, è pure un pungolo che invita Maria a ricordarsi di quel magnifico cantico di lode di cui Lei stessa è autrice.
Intendiamoci pure: dietro ai pianti di Maria ci stanno vicende storiche o racconti leggendari di tutto rispetto ma il Vangelo porta a noi un messaggio di gioia proprio attraverso le visite di Maria. Come quella che fece un giorno alla cugina Elisabetta. Mentre noi, come figli, corriamo incontro alla mamma perché ci siamo fatti male, perché sono successe cose brutte, Maria potrebbe venire ancora a noi portandoci un Vangelo di gioia, come un giorno andò dalla cugina Elisabetta. E noi potremmo ancora salutarla come benedetta fra tutte le donne. Portare Vangelo è benedizione, avere in seno quella parola che aspetta solo di venire alla Luce, illuminando tutti coloro che sono nella casa.
Vangelo non è avvicinarsi a Maria e farla simile a noi. Vangelo è lasciarsi raggiungere da Maria, così piena di Spirito santo, così colma di grazia e di gioia. Sapendo che suo desiderio è proprio quello di condividerci quella grazia e quella gioia, come il vino di Cana per il quale intervenne facendo notare al Figlio l’ammanco e chiedendo ai servi l’obbedienza ad un comando che rasentava l’assurdo.
Vangelo è sempre invito a conversione. E potrebbe anche risuonare come invito ad asciugare le lacrime, a non piangere più, forti di quel Cantico di lode che oggi potremo proclamare tutti assieme dei nostri luoghi di culto, mirabile sintesi di tutte le profezie del Primo testamento e anticipo delle Beatitudini che Gesù pronuncerà. Maria visita Elisabetta come un sole che sorge dopo la notte, oltre le montagne di fatiche e di problemi. Il Signore Dio eliminerà la morte per sempre, asciugherà le lacrime su ogni volto, farà scomparire da tutta la terra l’ignominia del suo popolo. Profetizzava questo Isaia (25,8) e l’esultanza di Maria nei giorni della sua gravidanza è già prova della Vita che vince la morte. Maria sulla soglia di una casa, suggerisce le parole per riconoscere Dio già presente e all’opera in noi e attorno a noi.
Vieni, luce vera. Vieni, vita eterna.
Vieni, felicità senza fine. Vieni, luce senza tramonto.
Vieni, gioia eterna.
Vieni, tu che hai destato la nostra povera anima.
Vieni, come soffio e mia vita.
Vieni, consolazione della mia povera anima.
Vieni, mia gioia, mia gloria, mia delizia senza fine.
Vieni, perché alla fine anch’io mi ritrovi in Te.
(Simeone nuovo teologo)
Dal Vangelo secondo Luca (1,39-56)
In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
La tua parente, Elisabetta
seppe vedere in te la Madre del Signore
e accolse Lui, nell’accogliere te.
Fa’ che anche noi sappiamo riconoscere
il Dio nascosto che ci viene incontro;
vestito della carne e delle sembianze degli uomini;
fa’ che sappiamo accoglierLo accogliendo,
servirLo servendo,
amarLo amando.
(Adriana Zarri)
“L’anima mia magnifica il Signore”. 40 anni fa, dovendo scegliere e commentare un brano di vangelo durante una messa comunitaria, avevo deciso di proclamare l’Annunciazione, l’accettazione della vita scelta per noi da Dio. Ma qualcuno mi precedette … e mi trovai la Visitazione con il Magnificat. Non ricordo che cosa dissi. So che il Magnificat rimase la “mia” preghiera, quella che sussurravo a sera prima di dormire. Non saprei dire se riuscissi a farlo anche nei giorni bui, ma credo che avesse il suo posto anche in quei giorni, con la consapevolezza che “il pianto può durare una notte, ma al mattino viene la gioia”. E ancora oggi ripeto il mio Magnificat tremando al pensiero di quante cose ha riempito Dio la mia vita, che troppo spesso do per scontate. Grazie Signore.
La riflessione di oggi mi ha fatto ricordare la mia nonna materna. Lei che, per reazione all’esaurimento che la prese all’indomani dell’isterectomia cui dovette sottoporsi, si buttò a capofitto nella fede mariana. Famigliarmente, per un buon lasso di tempo, fu “il gazzettino padano di Medjugorje”. Fu lei che, sempre fedele al rosario quotidiano, mi insegnò per prima il “Salve Regina” che, pur se bambina, apprezzai subito. Era la prima preghiera che “capivo”, ne capivo il senso ed era un senso che mi piaceva. Della Madonna non si parla granché nel Vangelo, ma forse non serve neppure. In questo brano di oggi è già racchiuso tutto il senso della sua straordinarietà: l’abbandono totale, in piena e completa fiducia, a Dio. Non è da tutti e richiede senz’altro la provvidenziale spinta dello Spirito Santo. Eppure è stata la prova vivente che si può fare e, grazie alla fede, aver la forza di andare ripetutamente oltre i propri limiti. Quest’opera di Arcabas non la conoscevo, grazie mille Don Stefano per averla condivisa! Trovo che sia puntuale e calzante come poche rappresentazioni lo sono state: c’è tutta l’umanità ed al contempo la straordinarietà. Forse anche perché, fatta da un nostro contemporaneo, riesce a “parlare meglio” a noi uomini e donne di oggi.
Sono poche le parole di Maria nel Vangelo, a parte la preghiera del Magnificat.
E non sono mai parole di pianto o sconforto, anzi sono spesso prese di posizione coraggiose o controcorrente.
Davanti alla croce Maria tace, è solo Gesù che parla per affidarlo a Giovanni e Giovanni a lei.
“Io ti ringrazio per questo silenzio che resta tra noi…” è un canto che si fa preghiera: Maria donaci la tua forza e aiutaci a seguire il tuo esempio di fede, non nelle parole, ma nel silenzio operoso del quotidiano.
Il mio marito un giorno mi dice: “Ho bisogno di sentirmi atteso”… mi si è aperto un portone…
È questa la vocazione, la missione di ognuno, gratitudine in ogni evento della vita: siamo stati creati per amare e per amore!!!
La sola essenza che rende liberi, la vera chiave di volta in ogni relazione.
Grazie, Signore, per le preghiere silenziose di ogni madre, che scaldano il cuore, che infondono fiducia nella vita, che creano relazione con me stessa, con il prossimo, con Te, Signore della Misericordia e della Pace.
La vera concessione alla gioia… la semplicità, una delle perle preziose di Maria, porta del cielo, quella su cui iniziare ogni nuovo giorno.
Maria pregava con i salmi con fedeltà al Signore…. Siamo agli inizi dei tempi di Maria, evviva Maria, aiutiamoci a scoprire sempre più colei che in tutto e in tutti ha riconosciuto la Vita vera. Grazie ad ognuno per il suo esserci nella semplice quotidianità donandosi. Il Signore vi benedica
e faccia splendere il suo volto su di voi. Lode e onore a te, Signore della Vita!