Cuore custode
illustrazione di David Almond, Levi Pinfold, La diga, ed. Orecchio Acerbo – 2018
Cuore immacolato di Maria
(Is 61,10-11 / 1Sam 2,1.4-8 / Lc 2,41-51)
L’obbligo del pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, in occasione della festa di Pasqua, decorreva al compimento del tredicesimo anno. Il figlio adolescente si unisce ai genitori per quella consuetudine con un anno di anticipo, come attesta l’evangelista Luca con un dettaglio anagrafico: quando egli ebbe dodici anni. Non vivrà una vita sul filo del precetto o dell’obbligo. Il che non significa che sarà uno sregolato. Un’altra sapienza, un’altra giustizia lo guidava.
Di quella festa non se ne parla. Siamo forse lasciati liberi di immaginarcela in una composizione di luogo. Il profeta Isaia cantava già da tempo: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. (Is 2,3). Quel pellegrinaggio annuale compiuto anche da Maria e da Giuseppe raccontava di questo desiderio che avevano nel cuore: camminare per i sentieri del Signore, seguendo la strada tracciata dalla parola.
Anche quell’anno, per quella Pasqua salirono secondo la consuetudine – per tradizione, diremmo noi? – eppure qualcosa di nuovo già c’era senza che ancora se ne accorgessero: il figlio era con loro. Una medesima strada per andare a Gerusalemme e poi, quando giunse il momento di rientrare a casa, quel figlio non era più con loro. Sembrava già aver imboccato la sua strada.
Il racconto ora lascia intuire tutta la preoccupazione per quello smarrimento contrapponendo all’angoscia umanissima di quei genitori, la ferma quiete di un figlio che, al contrario, non s’era per nulla scomposto o allarmato di essersi smarrito. Non v’era ragione alcuna per quel figlio di agitarsi perchè andò diritto dove volle andare. Trovatolo, fu il più pacifico di tutti. In questa scena del ritrovamento fra i dottori del tempio, Gesù, pur nella sua giovinezza, sembra essere l’unico che ha ben presente la strada da percorrere.
Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole. Con tutto il cuore ti cerco: non farmi deviare dai tuoi precetti. Conservo nel cuore le tue parole per non offenderti con il peccato. Benedetto sei tu, Signore; mostrami il tuo volere. Con le mie labbra ho enumerato tutti i giudizi della tua bocca. Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia più che in ogni altro bene. Voglio meditare i tuoi comandamenti, considerare le tue vie. Nella tua volontà è la mia gioia; mai dimenticherò la tua parola. (salmo 119,9-14)
Quei dottori esperti della Legge del Signore (verosimilmente siamo in una sinagoga nei pressi del Tempio) si saranno di certo chiesti quali studi stava facendo quel ragazzino non avendolo tra gli iscritti delle loro scuole. Che esista una scuola migliore della loro? La vita al nord, a Nazareth e nell’alta Galilea non è certo la vita di città, non è la vita della «Gerusalemme bene». È là che quel dodicenne crebbe. La sua casa fu la prima scuola. Il suo villaggio, la sua regione bastavano per fargli comprendere quanto fosse già complessa e molteplice la società in cui stava crescendo. Quei vecchi canuti studiosi della Legge, che nemmeno sapevano come andava la vita là fuori erano esattamente il simbolo di una religione che non sa rinnovarsi interiormente. La Parola della Legge di cui tanto quei dottori parlavano, sembrava già diventata lettera muta. Non diceva nulla forse neppure più a loro.
Le parole di quel giovane ravvivarono, nella forma dello stupore, il cuore di quei vecchi anziani interpreti della Legge. Le parole di quel giovane pacificarono il cuore dei due genitori in ansia per averlo perduto. Le parole di quel giovane conservano ancora oggi per noi quella stessa vivacità: è bello sapere che c’è Qualcuno che si occupa delle cose del Padre. E tra quelle cose ci possiamo trovare ciò di cui noi abbiamo più bisogno mentre continuiamo sempre a preoccuparci di cosa mangeremo, di cosa berremo, di cosa indosseremo.
Lo stupore di quei genitori, Maria e Giuseppe, dovette essere grande nel vedere «il loro bambino» dialogare con gli anziani del tempio. Il loro bambino era già all’altezza della situazione. Non compresero appieno, ma certo, di quel figlio ebbero fiducia.
Vedo in quei giovani genitori, Maria e Giuseppe, lo stesso stupore di tanti genitori che in quest’anno hanno portano ogni domenica mattina i loro figli al nostro piccolo «Laboratorio della Parola». A volte sembrano spettatori di qualcosa che non li riguarda in prima persona… ma io so che sono intenti a conservare nel loro cuore di madri e di padri quella sensazionale scoperta: i loro figli non sono più solo loro. Sono anche figli del Padre. Te ne accorgi da come parlano, da come stanno con noi adulti a parlare di cose che non sono «cose di chiesa». Si parla della vita, del nostro quotidiano. E io mi chiedo, nel cuore: «Cosa saranno mai questi figli?». Padre santo, custodiscili nel tuo amore.
O Dio,
che hai preparato una degna dimora dello Spirito Santo
nel cuore della beata Vergine Maria,
per sua intercessione concedi a noi
di essere tempio vivo della tua gloria.
Per Cristo, nostro Signore.
(dalla liturgia odierna)
Dal Vangelo secondo Luca (2, 41-51)
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.
Sei Tu, o Dio,
che da sempre
mi stai cercando,
mi stai aspettando…
Ancora sei Tu
nomade d’amore
in cerca
di stabile dimora
negli anfratti
del mio cuore.
Eccomi, Signore!
E tutto,
per me,
è sempre antico
e sempre nuovo.
(Anna Maria Canopi)
“Padre santo, custodiscili nel tuo amore!”… Grazie don Stefano, per questa semplice e bellissima preghiera, che commuove chi – come me – ha un cuore di nonna…
Che le nostre giornate siano fatte di silenzi eloquenti, di parole benedicenti e le nostre preghiere, nelle loro molteplici forme, come incenso, salgano a Dio.
Insegnaci a custodire la Tua Parola nel nostro cuore e a desiderarla come nostro cibo quotidiano, come fece Maria “Madre dell’attesa e donna di speranza, donna del sorriso e Madre del silenzio…Ora pro nobis”.