Un regno a misura di bambino
(Gs 24,14-29 / Sal 15 / Mt 19,13-15)
Che donne e bambini non contassero granché al tempo di Gesù lo abbiamo scoperto al termine del racconto della moltiplicazione dei pani. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini, annota l’evangelista (Mt 14,21). Parlare di bambini significava certamente far riferimento a coloro che non erano ancora adulti nella fede. All’età di tredici anni, dopo aver frequentato una scuola rabbini, si diventava adulti per aver studiato la Legge: saperla leggere, cadenzandola su particolari toni o intonazioni, saperla commentare… questo faceva di un bambino un piccolo adulto.
Eppure Gesù considera tratto distintivo dei bambini quello stupore e quella semplicità che generalmente si perdono col diventare adulti. Crescere per noi è costruirsi un mondo di sicurezze, mentali e anche fisiche. Crescere per noi è sviluppare autonomie… che non è soltanto sapersi annodare i lacci delle scarpe. Chi perde autonomia e sicurezza rischia poi di ritrovarsi oggetto di scarto, sicché stare al mondo, per un adulto, corrisponde di più ad un difendersi dal mondo. Nel mondo dei grandi, la realtà è guardata sempre più con sospetto, vediamo intenzioni nascoste ancora prima che qualcosa accada ed in genere, ultimamente, è sempre più grande il rischio di propendere per l’omissione.
Il bambino è semplicemente spontaneo. Non è che un bambino sia più buono. È semplicemente più diretto. Riconosce di non poter vivere da solo dunque accetta quello che gli viene dato. A loro appartiene il regno dei cieli, dice Gesù nel Vangelo. Dovremmo noi rivolgerci a loro perché ci lascino entrare in quel regno che già possiedono. Un figlio appartiene ai suoi genitori… e che dibattiti! Ma il regno dei cieli appartiene a loro.
Signore,
guidati dallo Spirito Santo,
osiamo invocarti con il nome di Padre:
fa’ crescere nei nostri cuori lo spirito di figli adottivi,
perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
(dal salmo 15)
A volte mi capita di pensare a come sarebbe splendido il nostro mondo se tutti noi – come per magia – diventassimo adulti nelle nostre capacità cognitive e restassimo bambini nell’esplosione di un’emotivita’ spontanea e di un atteggiamento semplice e naturale.
Nella realtà invece diventiamo tutti adulti, ci sobbarchiamo di responsabilità e preoccupazioni, di paure e di incertezze e, a scapito dell’autenticità, adottiamo il controllo, che è sicuramente funzionale se è sano ed opportuno, ma corriamo il rischio di fare i pasticcioni se il controllo medesimo è impregnato di giudizio, incomprensione, invidia, eccessiva ambizione, ipocrisia.
Poi succede che misuriamo, facciamo attenzione a non essere troppo buoni perché corriamo il rischio di essere considerati fragili o bigotti … non siamo mai fermi per evitare il rischio di perdere, oppure fallire, o non arrivare … o, diciamolo bene, di sentire il vuoto dentro di noi, che può far male.
Dove vogliamo arrivare?
Cosa realmente ci motiva?
Perché rinunciare alla spontaneità del nostro agire o rispondere? cosa ci preoccupa della nostra autenticità?
Gesù ci invita ad essere come i nostri bambini;
solo così ci sarà possibile entrare nel Regno dei Cieli.
Essere come i nostri bambini significa rimettermi in gioco vivendo appieno il mio animo puro, ricercando e valorizzando le occasioni nelle quali meravigliarsi, i gesti o le curiosità di madre natura per cui stupirsi …
anche se sono diventata grande.
Provare meraviglia!! che bellezza, gioia vera!!
Intuisco bene quanto la grandezza sia avvolta dentro uno spirito puro, innocente e vero.
Si dice che siamo grandi quando diventiamo adulti,
ma stasera mi viene da dire che occorre rimane piccoli per sentire la grandezza di uno spirito che cerca di rimanere bambino …
come fanno i nostri bambini.
Come ci suggerisce Gesù, oggi.
Grazie.
Nasciamo spontaneamente curiosi, entusiasti, spontanei… E poi crescendo andiamo “definendoci” meglio e, così facendo, irrigidendoci progressivamente in quella che sarà poi la nostra forma da grandi. Eppure un po’ di spontaneo entusiasmo infantile è bene tenerlo vivo per mantenere attive certe “antenne della curiosità” rispetto a ciò che è nuovo, diverso, mai esplorato. Per prendersi il tempo -come i bambini- di esplorare una cosa nuova prima di giudicarla. Già questo non sarebbe poco… Ma c’è un’altra cosa che dovremmo imparare a tener viva come i bambini: la capacità di esprimere il nostro bisogno di essere amati e rassicurati. I bambini lo fanno, di slancio, sia quando hanno paura, che quando hanno sonno, ma anche quando la mamma o il papà li hanno sgridati: cercano l’abbraccio, la vicinanza, la riconciliazione con le persone di riferimento. Se giá è tanto bello l’abbraccio di mamma e papà (anche da grandi!) quanto più bello può essere l’abbraccio di Dio Padre.