Rigenerazione
(Gdc 6,11-24 / Sal 84 / Mt 19,23-30)
Tra le pagine della Scrittura, la ricchezza non è di per sé qualcosa di negativo. A volte è addirittura presentata come segno di benedizione e di quella benevolenza divina che non fa mancare nulla. Un vero paradiso, dai tempi di Adamo. Perfino Giobbe lo saprà: il suo rapporto con il Signore non poteva che essere un rapporto felice. Il tentatore interverrà proprio colpendo il tesoro di Giobbe, per provare se davvero credesse in Dio. La Terra promessa poi non è un pezzo di deserto ma una terra di abbondanza, di fertilità, dove scorrono latte e miele.
«In verità – disse Gesù – difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli». Com’è dunque possibile che Gesù stesso se ne esca con un’affermazione del genere? Più che un giudizio, questa sua Parola nasce dall’osservazione della realtà stessa: un giovane che possedeva molti bene se n’era appena andato, col volto triste. Il denaro, dunque, fa oppure no la felicità dell’uomo? Proprio domenica, nel giorno dell’Assunzione di Maria, l’umile ragazza di Nazareth cantava «Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote!» (Lc 1,53). Fatico a pensare Maria in un atteggiamento canzonatorio, di chi gode per la rovina altrui. Nel Magnificat ascolto la benevolenza e la misericordia che Dio fa agli uni come agli altri. Felici dunque saranno gli affamati che mangeranno gratuitamente. E felici dovrebbe pure essere i ricchi che se ne tornano a casa a mani vuote, lieti di aver portato un sorriso a chi piange, lieti di aver potuto dare se è vero – e come se è vero! – che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. (At 20.35)
Quello che appare un giudizio tranciante di Gesù nasce dall’osservazione della realtà. Ma neppure guardarsi attorno basta. Occorre una parola che ci avverta, ci aiuti a riflettere. Altrimenti potrebbe nascerci quel pizzico di invidia per ciò che non si ha. Potrebbe anche nascere nel cuore la stessa domanda di Pietro il quale, improvvisamente, osa esternare un pensiero plurale: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?»
La risposta di Gesù non ha più i toni del monito, dell’avvertimento. La risposta di Gesù è tanto pacata quanto solenne. Considerato quanto sia difficile lasciare le ricchezze, Gesù pare riconoscere esplicitamente ai suoi discepoli il coraggio che hanno avuto nell’aver effettivamente lasciato tutto per seguirlo. Non si illudano, tuttavia, quei discepoli di essere giunti a destinazione, di aver raggiunto lo scopo e centrato l’obiettivo. Lasciare tutto è solo per una miglior sequela, per camminare liberi. Seguire Gesù è per lasciarsi condurre verso una meta. Quella meta assume oggi un nome particolare: Gesù stesso parla di rigenerazione del mondo.
Il vocabolo, comparso nella nuova traduzione del Vangelo, forse suona perfino più famigliare e comprensibile di questi tempi. Siamo abituati a parlare di rigenerazione di materiali, per un ecologia che ci metta in cammino per un maggior rispetto del pianeta Terra. E così nascono imprese per la rigenerazione di materiali già utilizzati. Gettare il meno possibile, preferendo la rigenerazione. Penso alle cartucce delle stampanti, penso a cellulari e smartphone ricondizionati, penso a bottiglie di plastica che diventano tessuti termici. Si ricicla e si rigenera.
Che cosa c’è dunque da rigenerare in materia spirituale, se anche Gesù utilizza termini che hanno assonanze con l’ecologia per un nuovo mondo? I fatti di cronaca interpellano parecchio, che accadano vicino a casa o a distanza di migliaia di chilometri. Penso che a pochi chilometri da casa mia una figlia quindicenne abbia potuto uccidere la madre; penso a quanto succede venti, quarant’anni dopo in Afghanistan, a Kabul. La sensazione che sia passato del tempo ma che non si sia fatto neppure un passo è molto forte. In entrambe le situazioni. Cosa spinge un figlio ad uccidere perfino un genitore? Cosa spinge ad occupare città e territori con modalità non proprio civili, sotto gli occhi dei potenti del mondo che sembrano assistere sbigottiti, come se l’unico loro errore fosse quello di essersi distratti per un breve attimo?
Parlavo proprio ieri con amici che lavorano in favore di persone diversamente abili e di minorenni salvati da conflitti famigliari. Pare – a detta loro – che siamo diventati incapaci di dire alcuni no, quelli più necessari. Il potere di acquisto poi, che ci viene anche dal possedere denaro più facilmente, ci autorizza a pensare che tutto sia lecito e possibile.
Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Forse – mi dico – sono proprio questi rapporti a costituire il punto di rigenerazione. E non è soltanto questione di tagliare cordoni ombelicali laddove fossero ancora troppo annodati. Forse sarebbe sano ricordare oggi più che mai che proprio da quel legame siamo venuti. Non a caso un comandamento chiede di onorare padre e madre, se non altro riconoscendo in loro le radici. Tagliare radici è comunque sempre far crollare un albero che sta crescendo.
Il Vangelo di oggi sembra suggerirci la necessità di una rigenerazione dei nostri rapporti. Cosa sarebbe altrimenti il Vangelo se non la proposta di una vita più fraterna anche fuori dalle mura domestiche, di comunioni non fondate su interessi personali o di parte?
Signore, mio Dio,
attendo il tuo Spirito,
perché mi venga in aiuto.
Vieni, mio Dio,
e apriti la strada verso il mio cuore,
così che esso si dilati
fino a contenere una sconfinata fiducia.
Dal Vangelo secondo Matteo (19,23-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
Credo in un solo Dio,
che non guarda il colore della pelle,
Creatore di un’umanità variopinta,
che ha creato l’universo
ha dispensato beni abbondanti
perché venissero giustamente distribuiti,
fra tutto il suo popolo.
Credo in Gesù Cristo,
nato da una donna del popolo,
che è stato deriso, sfigurato e giustiziato
e il terzo giorno è risuscitato da vincitore.
Egli non avvalla le decisioni dei potenti,
né subisce le fluttuazioni della Borsa.
Egli continuerà a giudicare
l’odio e l’arroganza degli uomini.
Credo nello Spirito della Riconciliazione,
nell’unico corpo dei senza-diritti,
nella comunione delle masse sofferenti,
nella potenza che vince
le forze disumanizzanti degli uomini;
nella risurrezione della dignità umana
della giustizia e dell’uguaglianza
e nella vittoria finale della fratellanza.
Alcuni giorni fa, ho ascoltato alla radio una piccola parte di un’intervista alla figlia di Gino Strada. Sono rimasta colpita da questa frase: “Papà tornava a casa per salutarci tre volte all’anno. Quando partiva gli chiedevamo: “Ma quando torni?” e quando tornava gli domandavamo “Quando parti?”.”
Il Vangelo di oggi mi ha fatto pensare a lui e alla sua famiglia.
“Se qualcuno ha dei beni in questo mondo e chiudesse il cuore agli altri nel dolor come potrebbe la carità di Dio rimanere in lui. Insegnaci Signore a mettere la nostra vita al servizio di tutto il mondo…”, perché dov’è carità e amore, lì ci sei Tu che risplendi per noi, con noi ed in noi.
Veniamo alla luce grazie ad un Dono grande e totale per essere donati e donarci al mondo,nel poco che siamo ed abbiamo, nella libertà e con amore. Insegnaci e ricordaci Signore come fare di ogni nostro giorno, dell’intera nostra vita un dono, partendo da Te e tornando ogni volta a Te.
Sarebbe prezioso davvero che tutta questa umanità variopinta, creata e voluta da Dio diversa -mi piace pensare- come diversi sono i colori sui quadri più belli più, imparasse a disporre armonicamente le proprie diversità ed i propri contrasti per farne valore di crescita. Perchè come nella pittura anche il contrasto possa acquisire un valore di bellezza, di splendore. Sarebbe prezioso se imparassimo ad insegnare il rispetto prima ancora che ad essere rispettati. Sarebbe un primo passo fondamentale, ma capace di diventare travolgente, e ne abbiamo proprio bisogno.
Al risveglio prego e cerco di capire cosa posso fare perché ogni uomo e donna sconfissero com’è bello e buono vivere con amore fraterno?
Quando mi corico ringrazio il Signore per il dono della fede e di tutto ciò che mi offre la vita, nella mente e nel cuore penso a quanta gente in molti parte del mondo sta camminando per trovare un po, di pace ,e spesso rifletto incredula cos’è che spinge l’uomo a togliere la vita a al fratello?
La preghiera mi viene in aiuto a prestare soccorso hai terremotati di Haiti c’è anche una ragazza del paese vicino a noi ,e che dire di quanta gente nel silenzio si prendono cura dei fratelli.
Si possiamo rigenerarci amandoci come fratelli sull’esempio di Gesù