…quella doppia cittadinanza
Lunedì 13 settembre, ore 15.30. Passo per un saluto da mio fratello, in azienda. Ho con me una borsa a tracolla. All’interno i miei documenti d’identità, un solo libro e il computer portatile. Mi si accende una lampadina: la connessione!!! Potevo anche pensarci prima, a dire il vero. Il fatto è che proprio non c’avevo pensato. Il mio nome è ancora registrato nel Comune di Lurano ma io già non abito più lì. Terminato il mandato di parroco il 2 settembre scorso, non mi accontento di una semplice scadenza e vorrei garantire una sorta di continuità-presenza almeno per le celebrazioni, in attesa che il paese conosca di persona il suo nuovo parroco, don Mauro, il prossimo 26 settembre.
Si capisce dunque che i lavori in corso non hanno a che fare con manutenzioni o aggiornamenti ma più semplicemente con un passaggio, un altro passaggio. Come ne viviamo tanti quotidianamente, senza nemmeno più prestarvi attenzione. Come se ne vivono di più particolari in alcuni momenti della vita. Passaggio è un termine che amo molto. Lo sento così legato alla fede! La fede è fatta di passaggi e non di cose statiche o immobili. La fede è frutto di passaggi. Come la speranza. Come la carità.
Questa condizione di passaggio – di questi giorni – mi fa pensare ancor più intensamente a chi è costretto ad altri passaggi certamente più forzati, più pericolosi, più destabilizzanti. M’è bastato un giorno intero in giro, senza aver un modo alquanto immediato per dissetarmi, per rendermi conto di quanto diamo davvero tutto per scontato, anche aprire un frigorifero o un rubinetto…. e bere. Così, questa mattina, nella tracolla c’è finita pure una borraccia termica con dell’acqua fresca. Bar ce ne sono, supermercati pure, case amiche dove suonare e chiedere un bicchiere d’acqua… ma tutto questo rientra in tutto ciò che c’è di più scontato attorno a noi. Uscire da una casa e sapere di non rientrarci, anche questo è un passaggio. Uscire di casa al mattino, passare una giornata in giro e non dare per scontato di fare ritorno… anche questo è passaggio.
Basta davvero poco per valicare frontiere che ci lasciano spaesati. L’immagine non è mia. È di una certa scrittrice e filosofa statunitense – tale Susan Sontag – che parla di una doppia cittadinanza che tutti gli uomini possiedono fin dalla nascita. La vita non sarebbe altro che un passaggio da un paese all’altro. Tengo stretta questa nozione, questo pensiero e me lo metto nel cuore come ho messo in borsa dell’acqua. Siamo davvero cittadini di due mondi che chiamerei il paese della gioia e il paese della sofferenza.
È un’immagine alla luce della quale mi piace perfino leggere il brano di Vangelo di oggi. Gesù – questo divino passaggio tra l’umano – amava sconfinare, non fermare la sua missione entro un confine, una regione, un’identità specifica, fosse anche religiosa. Ancor più non si fermava davanti al giudizio o al pregiudizio. Anzi, giudizi e pregiudizi erano per lui quelle umane frontiere da valicare.
Gesù entra in Cafarnao. Il centurione è già segno di un potere – quello dell’impero romano – che estende i suoi confini oltre quelle naturali frontiere che sembrano spesso invalicabili. Ma qui non c’è più alcun senso di appartenenza ad una città o ad una regione, ad un impero o ad una religione. Qui c’è un servo che è scivolato nel paese della sofferenza e del dolore. E pure il centurione, poiché lo aveva molto caro, lascia il suo status per andare a mendicare salute per un suo servo. Centurione… capo di una centuria… cento… come il pastore che lascia le novantanove pecore per cercare quella perduta.
La fede del centurione, salutata da Gesù come più grande della fede di qualunque israelita, è fatta di passaggi. Egli passa dalla condizione di uomo al comando alla condizione di attendere una parola alla quale obbedire per riportare il suo servo – e lui stesso di riflesso – nel paese della gioia. Lasciare tutte le nostre certezze, passare dal comodo al provvisorio, dal duraturo al temporaneo in cerca di una Parola alla quale obbedire altro non è che il passaggio decisivo per la fede, per essere cittadini del regno di Dio.
Il Signore è mia forza e mio scudo,
in lui ha confidato il mio cuore.
Mi ha dato aiuto: esulta il mio cuore,
con il mio canto voglio rendergli grazie.
(dal salmo 27)
Dal Vangelo secondo Luca (7,1-10)
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
È degno e giusto inneggiare a Te, renderti grazie,
adorarti in ogni luogo della tua sovranità.
Tu infatti sei il Dio ineffabile, inconcepibile,
invisibile, incomprensibile,
che esisti sempre, che esisti allo stesso modo,
Tu e l’unigenito tuo Figlio e lo Spirito tuo santo.
Tu dal nulla ci conducesti all’esistenza
e, caduti, ci alzasti di nuovo,
e nulla tralasciasti di fare per condurci al cielo
e gratificarci del regno futuro.
Per tutte queste cose rendiamo grazie a te,
e all’unigenito tuo Figlio e allo Spirito tuo santo,
per tutti i tuoi benefici
che conosciamo e che non conosciamo,
quelli manifesti e quelli non manifesti,
che furono fatti in nostro favore.
Tu amasti il tuo mondo a tal punto
da dare il tuo Figlio unigenito,
perché chiunque crede in lui non perisca,
ma abbia la vita eterna. […]
Ricordati, Signore, della città in cui dimoriamo,
e di ogni città e regione e di quanti nella fede vi abitano.
Ricordati, Signore, dei naviganti, dei viandanti,
dei malati, dei sofferenti,
dei prigionieri e della loro salvezza.
Ricordati, Signore, di coloro che portano frutto
e di coloro che operano bene e si ricordano dei poveri,
e su tutti noi manda le tue misericordie.
E concedi a noi, con una sola bocca e un solo cuore,
di glorificare e celebrare il venerabile e magnifico tuo Nome,
di Te, Padre e Figlio e santo Spirito,
ora e sempre e nei secoli dei secoli.
Amen.
(dall’anafora di San Giovanni Crisostomo, 13 settembre)
Ciao don
Grazie per le tue riflessioni….
Grazie d’esserci…
Buon cammino
Se passi dal rifugio…la porta è aperta!!!!
Grazie
Oggi sento il bisogno di ringraziare, accanto a don Stefano, tutte le persone che fanno parte di questo gruppo di ascolto e preghiera: quanti spunti di riflessione e quale aiuto ad imparare a pregare mi avete regalato!
Ho toccato con mano il significato delle parole evangeliche “dove due o più di voi si riunisce nel mio nome io sarò con voi” .
È il sentirsi parte di una comunità che cammina insieme, attenta agli altri e, tenendosi per mano, cerca di dare un senso alla vita.
Grazie per la ricchezza dell’incontro con persone che ho imparato a conoscere.
Perché oggi? Perché, per caso, ( sono un po’ imbranata nell’ uso del PC) mi sono ritrovata a leggere la “liturgia delle piccole cose” di seguito, ritrovando riflessioni che mi erano sfuggite e allora mi sono detta che sarebbe prezioso raccogliere questi pensieri in un libricino, consultabile alla bisogna…
L’ ho buttata lì…
Ora chiedo a don Stefano: chi non è informato, come me, può sapere in quale paese sei finito? Va bene la comunità virtuale ma ho bisogno di collocarti in un luogo fisico.
Grazie ancora a tutti per tutto.
C’è fame di cittadinanze nel mondo. Dai paesi del sud America, dove tanti italiani arrivarono col piroscafo, i discendenti ne rivendicano ora il riconoscimento. E quasi sempre non conoscono né la lingua italiana né il Paese di cui vogliono essere cittadini!
Quando non ci saranno più confini, Signore? Per evitare che tanti partano sperando di trovare mondi dove nei fiumi scorre latte e miele, per essere stranieri per sempre?
Il tuo passaggio don Stefano ti porterà di nuovo su un’altra riva, per consentire a chi incontrerai di vivere insieme, nel quotidiano, il messaggio del vangelo.
Buon cammino
È vero che la vita è fatta di passaggi, belli o brutti, ci si passa tutti.
Quello più doloroso, per me, è stata la morte di mia mamma, alla quale ero molto attaccata.
E seppure mi sia sentita abbandonata da lei, che era del tutto incolpevole, è stato il passaggio che mi ha fatto crescere, anche se ha sconvolto tutta la mia vita, progetti compresi.
Ma so che la sua anima mi ha guidato, consolato, incoraggiato e attraverso il ricordo dei suoi gesti di carità, delle preghiere insegnate, dei giusti rimproveri e di tanto altro, sono riuscita a “passare oltre”.
Adesso posso dire, dopo tanti anni, che essere “attaccata” a fede, speranza e carità è stato come essere “attaccata a mia mamma”…
Viandanti sempre…. Dal mondo della sofferenza al mondo della gioia… Bellissimo, ma per me anche molto difficile… Possibile se abbandoniamo la nostra mano in quella del Padre e ci lasciamo guidare…