L’ascensore di Teresa
(Bar 1,15-22 / Sal 78 / Lc 10,13-16)
«Crescere m’è impossibile. Devo sopportarmi così come sono, con tutte le mie imperfezioni ma voglio cercare il modo di andare in cielo per una piccola via diritta, breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo di grandi invenzioni. Ora non serve più salire i gradini di una scala. I ricchi hanno un ascensore che rimpiazza vantaggiosamente le scale. Anch’io vorrei trovare un ascensore per salire fino a Gesù perché sono troppo piccola per salire la scala della perfezione». Scriveva così Teresa, nel giugno 1897. Aveva solo 24 anni e già sapeva d’essere vicina alla morte.
Teresa Martin nacque il 2 gennaio 1873 ad Alençon. Il padre Louis era orologiaio. La madre, ricamatrice, è già ammalata quando Teresa nasce, ultima di nove figli. Marie, Pauline, Leonille, Celine sono le sorelle maggiori. Altri quattro fratelli erano già morti in tenera età. Alla nascita, Terese viene affidata ad una levatrice, che abita in campagna, una donna solida e forte. La madre era piuttosto una donna d’affari e nella testa aveva l’immagine di un Dio temibile, per il quale è meglio soffrire, davanti al quale occorre acquisire dei meriti. Quando Teresa inizierà il suo cammino di fede per ricevere la Prima Comunione la madre le preparerà una «corona di meriti», una sorta di rosario sul quale contare le buone azioni, i meriti che contano davanti a Dio.
Un giorno chiederà a sua madre: «Andrò in cielo o all’inferno?». La madre di Teresa le rispose: «Andrai in cielo se sarai buona». Teresa, dando prova del suo genio spirituale, replicò a sua mamma: «Sì, ma se io sono nelle tue braccia, chi mi strapperà da te?». Alla morte della madre Teresa aveva solo quattro anni. Il padre si trasferisce vicino ai suoceri, a Lisieux. Teresa si sente colpevole della morte di sua madre. Comincia per lei quella che più tardi lei stessa chiamerà la malattia degli scrupoli. Si sente abbandonata dalla madre e in seguito dalla sorella Pauline quando questa sorella, scelta come seconda madre, entra nel Carmelo.
La preparazione alla sua prima comunione piuttosto che essere un felice incontro con Gesù Cristo da conoscere e amare, fu piuttosto un percorso segnato dalla paura dell’inferno, dall’idea del castigo. I tratti tristi della sua infanzia, la spiritualità e la predicazione dell’epoca, la malattia stessa (che oggi chiameremmo probabilmente depressione), ci lascerebbero intendere che Teresa aveva tutto il necessario per crescere nella paura di un Dio giudice severo, impietoso, vendicativo e castigatore.
Presto anche la sorella maggiore, Marie, entrerà nel Carmelo. A casa resteranno il padre con Teresa e Celine. Anche questa partenza della sorella non farà che accentuare in Teresa quello stesso senso di abbandono già provato con la perdita della madre. All’età di quattordici anni tuttavia qualcosa succede. Lei stessa probabilmente non sa bene cosa, ma avverte come la sensazione di un risveglio. Perchè? Come? Non sappiamo… è il segno dello Spirito, il segreto del cuore. Di fatto si prenderà seriamene in mano e si avvierà così verso l’eta adulta, lasciando un certo infantilismo che la vedeva sempre vittima degli avvenimenti. Teresa ora è una giovane ragazza innamorata… di Gesù Cristo. Nel giorno di Pentecoste ottiene dal padre il permesso di entrare lei pure nel Carmelo.
Della vita di Cristo, Teresa vuole subito condividere una missione: essere salvatrice come Gesù stesso. Questa convinzione le verrà a partire da un fatto di cronaca quando leggerà sul quotidiano La Croix la notizia di un uomo, Pranzini, che uccise due donne, madre e figlia. Pranzini sarà condannato a morte ma Teresa offre la sua preghiera per la sua conversione. Nel momento dell’esecuzione, Pranzini davanti ad un prete che gli porgerà la croce, prenderà il crocifisso per abbracciarlo. Teresa sente così di aver raggiunto il suo obiettivo, la sua vocazione.
Durante un pellegrinaggio a Roma si troverà in un vagone dove la maggior parte dei passeggeri sono preti. Sentirà subito il desiderio di unirsi alla loro preghiera e la sua stessa vita nel Carmelo sarà una vita di preghiera in comunione con i presbiteri. A Parigi, dove il pellegrinaggio aveva avuto inizio, Teresa scoprirà le più grandi invenzioni dell’epoca, tra cui l’ascensore. Scoperta che segnerà la sua vita spirituale.
La vita nel convento le sarà particolarmente difficile: le venticinque monache del Carmelo avrebbero l’età per essere tutte ipotetiche madre della giovanissima Teresa, eppure la priora del convento la metterà fortemente alla prova, piuttosto che esercitare tenerezza per questa giovanissima sorella. Teresa troverà modo di elevarsi interiormente. Nello stesso periodo, vivrà un’altra prova: il padre scivola sempre più verso la follia e tutto il villaggio di Lisieux non farà altro che parlare – un misto di commiserazione e di pietà – del padre abbandonato anche dall’ultima delle sue figlie. Teresa, vedrà nel volto di suo padre il volto sfigurato di Gesù stesso, dietro il quale si nasconde lo splendore della divinità. Ed è proprio a partire da questo amore di Dio che si nasconde che Teresa rileggerà il suo rapporto di fede: ella sa che c’è un gioco nell’amore che è proprio quello dell’amato che si nasconde da colui che ama perché colui che cerca l’amore possa cercarlo ancora più intensamente. Redigerà in meno di due giorni, come una sorta di manifesto programmatico, l’atto di offerta all’amore misericordioso: Teresa vuole lasciarsi bruciare dall’Amore. Il fuoco di cui Teresa parlerà non sarà dunque il fuoco dell’inferno che punisce ma è Amore che illumina e riscalda. D’ora in avanti, a soli ventidue anni, brucerà di questo desiderio di far conoscere questa buona notizia.
La malattia (una tubercolosi diagnosticata nei giorni della Settimana Santa dell’anno 1896) le farà dire che finalmente potrà presto raggiungere questo Amore che tanto ha cercato. Nel giorno di Pasqua, come lei stessa dirà, si sentirà improvvisamente precipitare nel vuoto, nel nulla. Comprenderà così attraverso questo tempo di malattia che esistono persone che non credono in Dio. Vivrà la malattia come una doppia prova: la malattia stessa e il sentimento di vivere come privata della sua fede. Continuerà a scrivere preghiere, testi e poesie, cantando piuttosto ciò che lei stessa vuole credere e non ciò che sente di credere. Non fuggirà questa esperienza di dubbio ma si metterà nella condizione di chi non crede per percepire che questo dubbio non l’allontanerà da Dio perché è Dio stesso che la guarda e la segue da vicino. Come potrà dunque salire questa scala della perfezione se lei stessa riconosce di non avere le forze? È proprio a questo punto che ritroverà la celebre immagine dell’ascensore…
«Allora ho cercato nelle Sacre Scritture l’indicazione dell’ascensore e ho letto queste parole uscite dalla bocca della saggezza di Dio: Se qualcuno è piccolo venga a me. Allora sono venuta, scoprendo che avevo trovato ciò che cercavo; volendo sapere, o mio Dio, ciò che Tu farai ai piccoli che risponderanno alla tua chiamata. Ho continuato la mia ricerca ed ecco le parole che ho trovato: come una madre accarezza suo figlio, così vi consolerò, vi porterò sul mio seno, e vi dondolerò sulle mie ginocchia. Mai parole più dolci e più melodiose sono venute a rallegrarmi l’anima. L’ascensore che mi porterà fino al cielo sono, Gesù, le tue braccia. […]
Poiché Gesù è salito al Cielo, posso seguire solo le tracce che egli ha lasciato, ma sono tracce così luminose, così profumate! Se appena do un’occhiata al santo Vangelo, respiro il profumo della vita di Gesù, e so da quale parte correre… Non mi slancio verso il primo posto, ma verso l’ultimo; invece di farmi avanti insieme col fariseo, ripeto, piena di fiducia, la preghiera umile del pubblicano, soprattutto seguo l’esempio della Maddalena. La sua audacia stupefacente, o piuttosto amorosa, che incanta il Cuore di Gesù, seduce il mio. Sì, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, col cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù, poiché so quanto egli ami il figliuol prodigo che ritorna a lui».
Di silenzio in silenzio
cresce il dialogo tra noi.
Un dialogo che mai avrà fine.
Sento i tuoi passi
sempre più vicini
ai battiti del mio cuore,
il tuo respiro nel mio respiro,
la tua vita nella mia vita,
o Tu che sei da sempre Dio da Dio,
Luce da Luce
Eterna Sorgente d’Amore.
(Anna Maria Canopi)
Dal Vangelo secondo Luca (10,13-16)
In quel tempo, Gesù disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
Per me la preghiera
è uno slancio del cuore;
è un semplice sguardo gettato verso il cielo,
è un grido di gratitudine e di amore
nella prova come nella gioia,
insomma è qualcosa di grande,
di soprannaturale,
che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù.
…T’assicuro che il buon Dio
è assai migliore di quanto credi.
Si contenta di uno sguardo,
di un sospiro d’amore.
(santa Teresa di Gesù Bambino)
Questa rosa sfogliata, Gesù bambino, è la fedele immagine del cuore
che vuole ad ogni istante immolarsi soltanto per te.
Signore, molte rose sono liete di splendere sui tuoi altari,
ma per il mio cuore, rosa che ti si dona,
io sogno di essere un’altra cosa: sfogliarmi.
Che dire di questa figura di donna posta alla nostra attenzione?
Una grande umiltà ed un’umile grandezza la contraddistinguono, con semplicità ha capito cosa vuol dire farsi piccoli, perché così veniamo accuditi da Lui.
Confesso di sapere poco Teresa di Lisieux, ma questa narrazione mi ha incuriosito e cercherò di fare la sua conoscenza.
Davvero il Signore ci riempie di doni ed accanto alla Parola ci offre la presenza di persone come Teresa di Gesù Bambino, santa e dottore della Chiesa, perché ci possano aiutare nella nostra crescita spirituale.
Ultimamente qui si parla di scale che portano al cielo, piuttosto affollate direi, si parla di ali che attraversano l’infinito, non hanno bisogno di tute spaziali, ed ora l’ascensore, sempre per salire, per fare più in fretta…
Forse un domani una anima santa ci dirà di provare con un razzo…
Poco importa, importante è cercare di salire, anche solo con lo sguardo rivolto al cielo, nostra Patria, con lo sguardo e la preghiera semplice, ma intensa, di Teresa qui riportata.
“Alto e glorioso Dio
illumina il cuore mio,
dammi fede retta, speranza certa,
carità perfetta.
Dammi umiltà profonda,
dammi senno e cognoscimento,
che io possa sempre servire
con gioia i tuoi comandamenti.
Rapisca ti prego Signore,
l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose,
perché io muoia per amor tuo,
come tu moristi per amor dell’amor mio”.
Sentire questo canto in una celebrazione Eucaristica alla Porziuncola, anche se da dietro uno schermo, fa sobbalzare il cuore.
Che il Signore ci conceda di vivere in umiltà e semplicità ogni nostro giorno, di vivere di Lui e respirare il Suo buon profumo in ogni luogo, occupazione o gesto…
Personalmente ogni volta che cambio il pannolino di un bambino non posso che pensare a Lui, ad un altro lavaggio che fece per amore e così mi ritrovo a pregare per tutte le persone che si prendono cura di bambini, anziani, ammalati o disabili affinché facciano ogni gesto, anche il “più basso” con tanto amore, nel migliore dei modi. Sentiremo forse che il Padre è pronto a compiacersi per noi, per ogni piccolo nostro gesto che, se fatto nel segreto, varrà ancora più perché come dice una persona a me cara “Dio sa…e Dio vede”. Il Suo sguardo benevolo su di noi sarà il primo gesto tenero che sempre ci riserva.
Grazie per la bella riflessione di oggi! Grazie a chi il Signore l’ha vissuto e pregato così, come Santa Teresa e tutti i Santi