Insegnaci a vivere

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Data :6 Ottobre 2021

Ogni Maestro che si rispettasse doveva insegnare ai suoi discepoli a pregare. Anche Giovanni Battista lo fece. Non sono però giunte a noi preghiere da lui utilizzate o insegnate. Per Gesù non fu così: nessuna lezione teorica a proposito della preghiera. Sappiamo però, leggendo i Vangeli che Gesù si ritirava spesso a pregare. In luoghi non ben identificati, quasi a dire che il luogo non condiziona la preghiera. Il vero luogo della preghiera è nel segreto del proprio cuore, è nella condizione di creature che si rivolgono al Creatore, nella condizione dei figli che si rivolgono al Padre. Questo è il luogo della preghiera. Se la preghiera non è ambientata in questo luogo, in questa condizione interiore, a cosa serve?

L’evangelista Luca riporta una versione della preghiera di Gesù più essenziale rispetto a quella che conosciamo e preghiamo quotidianamente. Si discute sull’originalità delle due fonti: qual’è il testo più attendibile e quello che verosimilmente ha insegnato Gesù in persona? Di preghiere ne circolavano all’interno delle prime comunità cristiane ma solo questo insegnamento è riportato nei Vangeli e proprio queste parole sono attribuite a Gesù e non a tradizioni orali venute successive o già in circolazione. Anche questo non è un dettaglio da sottovalutare.

Che Gesù pregasse proprio con queste parole, lo possiamo dunque comprendere leggendo per intero il Vangelo perché tutta la vita di Gesù altro non è che la realizzazione di queste stesse richieste. Gesù è il Figlio che non ha smesso un istante di mostrare il Padre. E proprio in quanto Figlio ha sempre benedetto, riconosciuto questo Nome. Non dimentichiamo che il nome di Dio non era nemmeno pronunciabile e del Signore se ne sottolineava piuttosto la triplice santità, una distanza elevata alla terza. 

Quanto alla venuta del Regno sappiamo bene quanto questo regno fosse il cuore stesso della predicazione di Gesù. La sua venuta è poi conferma che questo regno è ormai accessibile.

Il pane quotidiano era nel cibo che condivideva con i suoi discepoli, nella comunione di una vita quotidiana, nel pane spezzato e moltiplicato quando sembrava non essercene a sufficienza, o nei grandi banchetti organizzati in suo onore che si trasformavano presto in banchetti al cui centro c’erano peccatori perdonati… figli da festeggiare semplicemente perché tornati sui loro passi.

Nel deserto e nel Getsemani sperimentò la tentazione e al contempo la vicinanza del Padre perché sempre Padre lo chiamò anche quando stava per consegnare il suo spirito, e sempre Dio lo riconobbe pur vivendo nella sua carne quel senso di abbandono – anche da parte di Dio – che ogni uomo sperimenta quando è nella prova. 

Non sentiva dunque la necessità di insegnare a pregare. Sentiva piuttosto l’urgenza di trasformare in vita quelle brevi e intense parole che uscivano dal suo cuore e che un giorno uscirono pure dalle sue labbra perché noi le udissimo. «Insegnaci a pregare» lo possiamo chiedere dunque solo a Gesù e a nessun altro. Forse qualche consiglio, qualche confidenza attorno alla gioia o alla fatica di pregare possiamo pure farcela, ma solo Colui la cui vita è realizzazione di questa preghiera può insegnarci a pregare. Il contenuto della preghiera di Gesù l’avrebbero potuto dedurre guardando alla sua vita sapendo che proprio quella vita era compimento della volontà di Dio, richiesta non formulata nella versione di Luca (esplicitata invece in Matteo). Non chiediamo dunque a nessuno che ci insegni a pregare, perché siamo ancora tutti discepoli, apprendisti di questa forma di vivere che è il Vangelo.  Insegnaci a pregare, insegnaci a vivere!

Tutte le cose sono in tuo potere
e nessuno può opporsi alla tua volontà.
Tu hai fatto il cielo e la terra
e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento:
tu sei il Signore di tutte le cose. (Est 4,17b-c)
Tu sei Signore anche della preghiera:
Signore, insegnaci Tu a pregare!
Amen!

Dal Vangelo secondo Luca (11,1-4)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Ricevi, Signore, tutta la mia libertà,
accetta la mia memoria, la mia intelligenza
e tutta la mia volontà.
Tutto quanto sono, quanto possiedo,
mi fu dato da te;
io rimetto questo dono nelle tue mani,
per lasciarmi interamente a disposizione della tua volontà.
Dammi solamente l’amore tuo con la tua grazia,
e sarò ricco abbastanza
e non chiederò più nulla.
Amen.

(sant’Agostino)


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Piccoli Pensieri (3)

Anna

Mi viene in mente il libro di s.Teresa d’Avila ‘Il Castello Interiore’ che in parte ho letto e che tu, don Stefano, ci hai raccontato in giugno nelle audioletture.Scrive s.Teresa: ” Oggi stavo supplicato il Signore di parlare in luogo mio, perché non sapevo cosa dire, né da dove cominciare”.
” Allora ho pensato il Castello fatto di cristallo; il Castello interiore è la nostra stessa anima nostra, non si ha certo bisogno di entrarvi perché l’abbiamo dentro…
Se avete letto un libro di adorazione, questo consiglia l’anima di entrare in sé stessa. La porta è la meditazione e l’orazione. S.Teresa ci suggerisce ” Chi non prega non incontra il padrone, Dio, che l’attende per regnare con lei. Dio ci attira a sé… Noi possiamo essere fuori da quel Castello, impegniamoci a non abbandonare il cammino incominciato… perché Egli è là, al cuore del nostro cuore”.

6 Ottobre 2021
Dania

Ricordo un racconto su San Francesco che mi colpì in particolar modo…”Si narra che una volta fece con fra’ Masseo a La Verna, una gara singolare: chi dei due sarebbe stato capace di recitare più Padre nostro durante la notte. Li avrebbero contati con dei sassolini. All’indomani fra’ Masseo, con le mani colme di sassolini si recò da Francesco, vittorioso: “Ecco i Padre nostro che ho recitato in questa notte. Mostrami i tuoi!”. E san Francesco, con un senso di ammirazione, disse al frate: “Io in verità non sono riuscito a finire un solo Padre nostro. Mi sono fermato sulla prima parola per l’intera notte!”. In effetti, Francesco aveva trascorso l’intera notte contemplando, tra sospiri di amore e slanci di estasi, la prima dolce e intensa parola: “Padre”. San Francesco come Gesù sono uomini che si son fatti preghiera e benedizione per molti perché quel Padre lo hanno conosciuto pregando. Che il loro esempio rimanga e ci interroghi sempre non tanto sulla quantità di preghiere che conosciamo o diciamo ma sulla qualità. Diventare preghiera non a parole ma con la vita, chiedendo questa grazia nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Sicuramente ci aiuteranno ed ispireranno.
Comprenderemo che si può sempre ed in qualunque momento imparare a “vivere pregando e pregare vivendo” insieme ad ogni fratello e sorella che il Signore ci ha donato.
Se è Padre nostro è Padre di tutti!

6 Ottobre 2021

Se pensiamo a tutte le prescrizioni, indicazioni e norme varie che regolavano la vita dei fedeli ai tempi di Gesù (quale che fosse il loro credo), questa preghiera insegnata risulta proprio una grande rivoluzione. Che sia il testo più esteso, piú corto, o magari allargato per singolo slancio del singolo fedele, non è che faccia una grande differenza… Quello che cambia è il modo di rivolgersi a Dio, l’atteggiamento con cui parlargli. Chiamandolo padre ci rivolgiamo a lui come figli, in confidenza. Entriamo in contatto diretto, senza troppi giri di parole o ritualità. Stiamo davanti a lui e ci confidiamo -e già questo è un bel salto- ma non come conoscenti qualsiasi, bensì come figli e, come tali, riconoscendoci frutto del suo amore… E questo sì è un gran bel salto!Ed anche qui, come predicava Gesú, è l’amore che sta al centro, è quello che fa la differenza, è quello che ci fa figli e fratelli.

6 Ottobre 2021

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