Lasciandoci… liberi

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Data :3 Novembre 2021

Nell’insieme del Vangelo di Luca – il Vangelo delle parabola della misericordia, per intenderci – le parole che oggi ascolteremo rischiano di suonare ancor più dure di quanto non lo siano. Sapendo dov’era diretta la sua vita, Gesù si stupisce che così tante persone lo stessero seguendo. E così pronuncia queste parole che sembrano dette appositamente per ridimensionare il gruppo di seguaci o per fare verifica delle intenzioni di ciascuno.

Sono parole che intendono rivelarci quanto Gesù stesso fosse libero e quanto liberi dobbiamo essere. Parole che ci avvertono: occorre tanta libertà per portare a compimento il cammino di una vita. E la croce o ti inchioda e ti uccide, oppure diventa il segno di chi abbraccia anche la fatica facendola diventare un sigillo d’amore. 

Sono parole che rivelano la precarietà delle nostre relazioni quando diventano possessive. A conferma di tutto questo due esempi semplicissimi che ci invitano a fare i conti con le nostre forze: Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? E ancora: quale re non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Di risposte la folla non ne diede e neppure ne volle. Ma è chiaro che anche noi abbiamo già risposto confermandone l’ovvietà. 

Sono due esempi chiarissimi di come l’uomo sia educato a fare i conti sempre e solo sulle proprie forze. E saremmo umanamente portati a riconoscere ovviamente saggezza o prudenza nell’affrontare una spesa o un’impresa. È talmente evidente che occorre fare due conti con le proprie forze prima di avventurarsi in un’impresa che nessuno se la sentirebbe di smentire Gesù. Ma ecco che è Gesù stesso a smentire questi ragionamenti umani: per seguire lui non si devono affatto fare conti sulle proprie forze. In virtù di ciò che noi possediamo ci sentiamo al sicuro, ci pare perfino di proteggere il nostro futuro, di metterlo al riparo. E la vita crediamo di poterla affrontare con più serenità. E questo fascino del possedere che tanto ci rassicura può essere esercitato perfino dalla sfera degli affetti e così rapporti che hanno come fondamento la libertà e che libertà dovrebbero garantire, diventano improvvisamente un freno, un possesso. 

Quant’è difficile – immagino – per un genitore amare un figlio senza possederlo. Si pensa di amare, di volere il bene del figlio iper-proteggendolo e invece lo si sta intrappolando in un vincolo che gli impedirà di muoversi liberamente. Ma questo ovviamente vale per qualsiasi rapporto. Amare e lasciare liberi. Amare è lasciare liberi.

Forse per questo le parole di oggi ci risultano dure, al limite dell’essere comprensibili, ragionevoli. Il Vangelo ci rivela che tendenzialmente l’uomo è possessore ed è abituato a contare molto sui suoi avere per muoversi. E così rischiamo di amarci e di volerci bene solo per garantirci una certa sicurezza. Il discepolo, svuotato di tutte le sue certezze, si incammina così sull’altra strada, quella aperta da Gesù Cristo stesso. Se non possiamo fidarci completamente delle nostre forze, dei nostri legami (e sappiamo quanto fragili possono pure essere!) non ci resta che lasciarci raggiungere da colui che è venuto ad amarci. La nostra libertà di seguirlo è già prova del suo amore per noi.

…Fa’ che corriamo
senza ostacoli
verso i beni da Te promessi.
Vieni, santo Spirito!

(dalla liturgia)

Dal Vangelo secondo Luca (14,25-33)

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

I dodici apostoli erano persone semplici
ma smembrati nella loro volontà.
Occorreva creare per loro
un nerbo di luce
e allontanarli dai loro piccoli affetti.
Mi vennero dietro.
La mia volontà e il mio potere
li portarono a navigare con me
nel cuore degli uomini.
Da umili pescatori divennero testimoni.
Mia madre mi raccontava spesso
che un angelo l’aveva tramortita
e che lei non ricordava più nulla 
ma che dopo erano nato io […]
Maria rimase ferma nella sua semplicità
e non disse più nulla.

Conobbi tutte le desolazioni dell’abbandono,
conobbi tutte le tristezze terrene,
e nacque in me un cuore divino
che mi scoppiò nel petto
quando mia madre mi vide appeso a una croce.
Ero crocefisso ogni giorno
dal dubbio degli apostoli,
dal dubbio delle moltitudini.
Dovetti fare miracoli
per portarli con me all’altezza della fede.
Quando Giuda mi baciò lo trovai naturale.
Era da tanto tempo che volevano vedere
come avrebbe reagito l’Uomo.
Il mio inno alla libertà
era l’inno alla povertà.

Leggimi nel pensiero, Padre,
vedi, l’amore sapeva ogni dolore…
Debbo onorare Giuseppe.
Morirò su un legno
nella memoria di colui che ha allevato
e tenuto in gran conto il mio corpo.
Io, figlio di un falegname,
ho scelto il legno per morire,
ma dal legno si alzerà la mia gloria.
È giusto che dicano: “Costui è figlio di un povero”
ma è anche giusto che provi
che sono figlio del Creatore,
e quindi devo risorgere.
Il mio Padre primitivo 
io lo onoro con la morte.
Ma il Padre non mi ha generato
sarà ugualmente onorato
dal mio sepolcro.

(Alda Merini, da “Poema della croce”)


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Piccoli Pensieri (1)

Dania

“La libertà è partecipazione” mi ripeto, ricordando la canzone di Gaber e forse è proprio così, è prender parte in maniera attiva ad un grande disegno di amore ed in questo lasciare che ognuno, con la propria vita ed unicità, faccia la sua parte ma soprattutto che Uno su tutti possa farne parte. Quell’Uno che dà senso al nostro fare, facendoci intravedere una meta comune e riempiendo di vita, di pienezza di vita, i nostri giorni. Le strade sono molteplici ma la destinazione una sola:”destinazione Paradiso”, forse titolo di una canzone che ascoltavo da ragazzina.
Sentirsi ogni giorno in cammino è davvero meraviglioso e motivo per cui rendere grazie, ognuno a suo modo, nella libertà.

3 Novembre 2021

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