Ammaliante ricchezza, liberante misericordia
(Rm 15,14-21 / Sal 97 / Lc 16,1-8)
Ero convintissimo, fin da ieri, di meditare oggi la terza delle parabole della misericordia del Vangelo di Luca, quella più nota del padre misericordioso che aveva due figli. E invece, terminata la parabola della donna che ritrova la sua moneta e festeggia con le vicine di casa, si rimane con questo soldino in mano… lo guardi, lo osservi, lo giri e lo rigiri. La scelta dei brani evangelici nella suddivisione liturgica, ci invita a partire da una moneta ritrovata a parlare più esplicitamente del nostro rapporto col denaro. Così, saltando all’inizio del capitolo sedicesimo, ascolteremo oggi la parabola dell’uomo ricco e del suo disonesto amministratore capace di scaltrezza.
Si parla di denaro. Del nostro rapporto con il denaro. E dei nostri rapporti che spesso rischiano di guastarsi a motivo del denaro. Ricchezza o povertà si definiscono proprio in riferimento al denaro che si possiede o che non si ha. Il denaro diventa così qualcosa di discriminante ed è di per se stesso causa di odio e di divisione. Dio e il denaro, per Gesù, si contrappongono come due padroni e l’uomo è chiamato a scegliere quale dei due padroni vorrà servire. La libertà di scelta è preservata ma il denaro rischia di essere un legamento nocivo ai nostri legami.
Scrive André Louf: «… e tuttavia, questo denaro quaggiù necessario ed inevitabile, questo povero denaro, è convertibile, se si può dire, in valuta per il Regno. Può essere riscattato e convertito, se viene investito per il Regno. Da ostacolo che ostruiva la strada, può diventare una chiave del Regno capace di aprire tutte le porte. Per questo non è sufficiente disprezzare il denaro e disfarsene ad ogni costo.
Il denaro può veramente servire a qualcosa quando, nelle nostre mani, diventa strumento dell’Amore, quando, attraverso il nostro cuore, trasmette la misericordia di Dio. Per fare questo è necessario un presupposto di cui nessun uomo è capace: che il denaro non chiuda più l’uomo in se stesso. Occorre che l’uomo si distacchi dal denaro, o meglio, che egli distacchi il denaro da se stesso e lo condivida in puro Amore».
L’uomo fatto ad immagine di Dio – un Dio di comunione – ha questa somiglianza da raggiungere e non una definizione di sé stesso in base a quanto possiede o al denaro di cui può disporre. Ma sappiamo che anche il denaro rischia di essere un modellatore dell’uomo. È l’immagine di Dio che deve prendere forma in noi, e dunque deve incarnarsi in ciascuno dei discepoli di Gesù. Spartizione, ripartizione, condivisione, comunione sono le forme che si deve instaurare per un’economia che ci salva e non il possesso avido che crea separazioni e differenze.
Questo vale per i ricchi, ma anche per i poveri stessi che rischiano di entrare in contatto con il prossimo sempre e solo alla luce di denaro da mendicare. Un amministratore non è padrone. La sua scaltrezza, descritta e perfino lodata nella parabola stessa, è quella capacità di farsi immagine della misericordia, come se questa fosse un grande fiume che scorre verso l’uomo e non una forza contraria come quella che può esercitare il denaro quando crea divisioni o debiti.
Ho avuto modo in questi giorni di ascoltare l’ultimo singolo di un celebre cantautore italiano. Non so quali siano le ragioni che hanno ispirato questa composizione ma c’è qualcosa nel testo che ha indiscutibilmente il sapore buono del Vangelo: «…perché solo nel perdono cambia un uomo» si canta. È la frase, dapprima parlata, con cui si apre anche il video ufficiale. Nell’inquadratura, un padre cammina scalzo sulla terra tenendo un figlio per mano. In un’altra lingua (appunto sconosciuta!) si ode la voce del padre e i sottotitoli (forse proprio per noi che conosciamo sempre meno il linguaggio della misericordia) traducono: solo nel perdono cambia un uomo.
Anche il video ufficiale, altamente simbolico, potrebbe diventare un’occasione di confronto e di dialogo con i più giovani attorno a temi che altrimenti non sapremmo nemmeno più come affrontare. Chissà se proprio oggi, in qualche casa, si guarderà e si ascolterà questo brano… e poi si proverà un dialogo tra generazioni. Per questo propongo al nostro ascolto anche questa canzone e il suo video.
Vieni, santo Spirito,
fa’ di noi, Signore,
testimoni del tuo amore nel mondo,
fa’ che sappiamo riconoscerti
nei poveri e nei sofferenti,
perché essi ci accolgano un giorno
nella tua casa,
dove vivremo con te.
Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (16,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Marco Mengoni, Cambia un uomo (2021)
Per vedere il video, clicca qui sopra: https://youtu.be/or8XEH0e-fU
È proprio così solo nell amore e nel perdono cambiamo speriamo che nel perdono del padrone diventiamo buoni amministratori
Attualissimo e molto pertinente alla nostra vita è la riflessione sul denaro e sull’ uso che ne facciamo, offertaci oggi dal commento evangelico.
Spesso ciò che diamo agli altri è il nostro superfluo nella definizione di” poveri” è compresa una grande parte di umanità sofferente e bisognosa…dall’ immigrato all’ abbandonato…dall’ emarginato al bambino che nasce con disabilità…
Mi vengono in mente le parole del mio nipotino di nove anni, Davide ( non so dove l’ abbia sentita questa frase, ma sicuramente gli è entrata nel cuore):
“Io non li chiamo poveri,che è un termine un po’ offensivo e discriminante…io li chiamo sfortunati”.
Dimmi di riprovare ma non di rinunciare… e andiamo avanti a cercare di essere migliori
Ammetto che oggi, per la prima volta, credo di aver finalmente afferrato il senso di questa parabola. L’ho sempre trovata “incomprensibile” perché, pensavo, com’è possibile che il Signore reputi lodevole l’uomo che, accusato dal padrone di dissipare i suoi beni, lo inganni condonando ai debitori dello stesso padrone, e sia pure premiato…???
Ma non è premiato l’inganno in sè (e ora l’ho capito!) bensí il fatto che egli attui lo stratagemma per ingraziarsi i debitori del padrone e questi, quando lui fosse nella necessità, si ricordino del suo aiuto… “Alleluia!” mi vien da dire a me stessa… Meglio tardi che mai!
Sono sempre più convinta del fatto che se non ci viene da capire certe parabole, certe storie, come anche certe vicende della vita, possa talvolta essere anche solo perché dobbiamo attendere che “maturi” in noi una certa consapevolezza, che non è detto che ci sia.
Come dice la canzone: riprovare, non rinunciare.
Il video di Mengoni, mi ricorda che tutto nasce dall’Africa. L’uomo, le religioni.
E che nella fatica delle relazioni c’è la libertà di scegliere e di perdonare.
Abitare il pianeta terra guardando il cielo con occhi nuovi. Ripartire.