La bellezza del tempio
Dedicazione della basilica lateranense
(Ez 47, 1-2.8-9.12 / Sal 45 / 1Cor 3,9-11.16-17 / Gv 2, 13-22)
Si ricorda oggi la dedicazione della Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa cattedrale della città di Roma. Francesco è anzitutto Vescovo di quella Chiesa prima ancora di essere Papa della cristianità cattolica romana. Qual’è il senso da attribuire ad una festa così particolare? Perché a distanza di chilometri ricordarci di un edificio più che di altri? E perché legare il cuore ad un edificio?
Teniamo pure a mente la scena osservata da Gesù nel brano di Vangelo ascoltato pochi giorni fa, domenica per l’esattezza. Gesù si trova nel tempio ed osserva ciò che in esso vi accade, secondo pratiche religiose in uso. E vede in quel luogo la vedova povera. Doveva apparire ancor più visibile in mezzo allo splendore e al fasto di quel luogo. Il vangelo di oggi, il più citato quando si cercano fonti attendibili per criticare la Chiesa data la ricchezza dei suoi luoghi sacri, ci può aiutare a comprendere che Gesù non detesta il Tempio di pietre ma vuole scuotere i presenti, discepoli compresi, perché vedano qual’è il vero Tempio, cioè il suo stesso corpo.
La bellezza, per Gesù, non riguarda le pietre ma le persone. Un paesaggio, un edificio, un’opera d’arte sono belli soprattutto se fanno più bello il cuore dell’uomo, se lo elevano a dimensioni più alte e quella stessa bellezza, di un paesaggio o di un edificio, possono parlare di chi lo custodisce (in riferimento al paesaggio) o costruisce (in riferimento al tempio di pietre).
Un Tempio di pietre resta inanimato se non è attraversato da persone che dicono la bellezza della Vita, la bellezza del credere, la bellezza del dare tutto se stessi, proprio come quella povera vedova che improvvisamente, con quel gesto, rese ancor più bello il Tempio stesso. L’altro tempio, il corpo di Cristo, risplende allora in tutta la sua bellezza.
Succede spesso di trovare alle porte delle nostre Chiese dei poveri. La loro presenza pare in contrasto con la bellezza stessa del luogo e, purtroppo, può anche succedere che qualcuno di loro sia stato, più o meno gentilmente, invitato ad allontanarsi. È un gesto che condanna il corpo stesso dei credenti, perché quel luogo ha senso di esistere soprattutto per gli ultimi, per i poveri e per quelli che ovunque sono esclusi. Se così non fosse, sarebbe solo ostentazione di potere, di possibilità economiche di alcuni che hanno potuto realizzare e permettersi un luogo simile.
Ricorderò sempre la lezione di una guida turistica: mi trovavo con un gruppo di pellegrini, per lo più giovani cresimati, nel duomo di Spoleto, precisamente sotto il grande affresco dell’abside. Questo fatto, comunque, sarebbe potuto accadere in una qualsiasi altra chiesa. Davanti alla sontuosità di quell’opera qualcuno diede voce al pensiero più ricorrente: perché tanto sfarzo? Non si poteva dare tutto questo ai poveri? In poche battute, con una serenità sopra le righe, la guida turistica rispose che proprio tutta quella bellezza era già offerta ai poveri e i poveri stessi lo sanno. Quell’opera d’arte, collocata precisamente in quel luogo, testimonia che quella meravigliosa bellezza è offerta a tutti indistintamente. Ed è curioso, per non dire imbarazzante, che sono sempre coloro che hanno di che vivere a fare questa osservazione. Non m’è mai capitato, a mia memoria, di ascoltare un povero accusare la bellezza di un edificio sacro. I poveri sanno che all’ombra di quei luoghi la loro vita potrebbe risultare più bella, se l’altro tempio, il corpo di Cristo che ora siamo noi, si prendesse cura delle membra più deboli e più sofferenti per restituire a loro quella bellezza dei figli che risplende sempre agli occhi di Dio, anche quando fossimo perduti o rovinati.
Così doveva apparire il Corpo di Cristo in croce: senza apparenza né bellezza, sfigurato dal dolore procurato dagli uomini stessi. Ma il Padre non smise di vedere la bellezza del suo Figlio dato al mondo per tutti. La bellezza di un Tempio sarà dunque e sempre il teatro di una delle più dure condanne dei «professionisti della religione» e di una delle più dolci esaltazioni dell’amore semplice e povero degli ultimi. È di grande consolazione sapere che anche dentro un Tempio come la Basilica di San Giovanni in Laterano, vi possano entrare ricchi e poveri insieme, senza che nessuno rivendichi alcuna precedenza o alcun diritto se non quello di stare davanti a Dio in preghiera. E se a qualcuno ancora infastidissero i poveri che mendicano alla porta della Chiesa direi: non cacciarli via, non allontanarli, per favore! Invitali piuttosto a fare il movimento contrario. Invitali ad entrare, a sedersi un istante perché il Padre veda la bellezza dei suoi poveri figli. In fondo non capita diversamente a noi, quando entriamo in una chiesa e ci sediamo quietamente a mendicare da Dio tutto il suo ascolto e un po’ di pace.
Quella chiesa di pietre di cui oggi ricordiamo la sua dedicazione, in parole povere, fu la prima chiesa costruita a Roma quando l’imperatore, convertitosi al cristianesimo, decretò la fine delle persecuzioni. Ogni chiesa, presente in ogni dove, appare dunque come un monito e un richiamo a chi in essa vi prega: ci sono ancora troppe persecuzioni in atto nel mondo. Chissà quando potremo costruire una Chiesa e una Città degne di questo nome. Non sarà nemmeno un caso, dunque, che la Scrittura non smetta di invitarci, soprattutto in questa parte dell’anno, a contemplare la Gerusalemme celeste, la città santa nella quale vi sono molte dimore e dove finalmente non ci saranno più lacrime di ingiustizia, di afflizioni, lacrime di qualsiasi umano dolore.
Spirito del Signore risorto,
sprigiona nel cuore dei credenti
audacia mista a tenerezza.
Fa’ risplendere di gioia i nostri corpi
perché la nostra vita
sia luminosa della tua stessa Luce,
calda del tuo stesso calore,
viva della tua stessa Vita.
Amen.
Dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-22)
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Le persone più sveglie che conosco
sognano di continuo.
Le persone più sane che conosco
fanno cose assurde, avventate, senza senso.
Le più intelligenti
parlano che le capiscono anche i bambini,
le più forti è un sussurro la loro voce,
e le più serie, ridono, ridono sempre.
Le più giuste hanno fatto errori che non si aggiustano,
e le più vive, le più vive, sono morte tante volte:
e ogni volta poi, di nuovo,
di nuovo sono nate.
(Enrico Galiano)
Vi benedico da un altare scomodo,
ma carico di gioia.
Vi benedico da un altare coperto da penombre,
ma carico di luce.
Vi benedico da un altare circondato da silenzi,
ma risonante di voci.
Sono le grazie, le luci, le voci dei mondi,
dei cieli e delle terre nuove
che, con la Risurrezione,
irrompono nel nostro mondo vecchio
e lo chiamano a tornare giovane.
Amen! Alleluia!
(don Tonino Bello)
È davvero bello, e toccante anche, ricordarci che le meraviglie artistiche che abbiamo disseminate nelle chiese sono lí PER TUTTI.
Anche per chi non ha niente, anche per chi -conterraneo o extracomunitario che sia- si trova ai margini della nostra evoluta società.
È utile ricordarci che anche il barbone (chi per “scelta”, i più per disgrazia) non è esente dalla tensione alla bellezza. Anche i fratelli e le sorelle che sono in strada, e magari sradicati, sono capaci di riconoscere e godere della bellezza.
Quando vedi una cosa bella, che ti piace, ti di muove qualcosa dentro, si accende un’emozione e si allarga il cuore: a tutti, NESSUNO escluso.
Questo -anche- ci rende “fratelli”.
Il Vangelo di oggi, mi invita a puntare all’essenziale, a non lasciarmi distrarre dalle cose superflue e mi sollecita a riflettere sul rapporto che ho con Dio.
Signore, Ti chiedo di aiutarmi a scacciare i tanti venditori ” di fumo” che abitano nel mio cuore, butta all’aria tutto quello che mi allontana da Te e donami sempre la gioia di essere cristiana.