La verità della nostra vita
XXXIV domenica del Tempo Ordinario (Nostro Signore Gesù Cristo re dell’Universo)
(Dn 7,13-14 / Sal 92 / Ap 1,5-8 / Gv 18,33-37)
È già domenica. Di nuovo domenica. Un’altra domenica. Scrivo nella sera che precede l’alba del primo e dell’ottavo giorno. Bisogna parlare o scrivere anche quand’è notte. Noi umani, ci illudiamo quando pensiamo di vedere chiaro. Anche solo quando in fondo al tunnel intravedi uno spiraglio di luce. Siamo sempre a rischio di sprofondare in un buio assurdo, al di là della luce del sole o della luna che ci possono illuminare. È sempre più difficile ascoltare. E poi come ascoltare? Con spirito critico o nella più totale ingenuità? E chi ascoltare… già che sono innumerevoli le opinioni e i pareri? A chi dare ragione? Pare davvero che tutto sia costruito a regola d’arte per farci dimorare nel più totale relativismo che confondiamo quasi fosse un miraggio di libertà. Che cos’è dunque la verità? E la domanda di Pilato davanti a Gesù resterà sempre la domanda di ciascun uomo.
Quando non si vede chiaro, basterebbe imparare a chiudere gli occhi. Non per dormire. Forse per sognare. O più semplicemente per attendere visioni. Come il profeta Daniele e come Giovanni nel libro dell’Apocalisse. Guardando nelle visioni notturne – dice Daniele – ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo. Ci basterebbe attendere di vedere davvero chi sia il Figlio dell’uomo. Ci basterebbe chiudere un attimo gli occhi per chiedere a Dio di farci vedere chi sia l’uomo e perché Dio stesso se ne è dato tanto pensiero. A volte pare perfino di non reggere a tanta disumanità. Chiudere gli occhi non per fuggire ma per chiedere il dono di una visione, per chiedere di vedere un regno che neppure Pilato, così esperto di regni e di poteri, immaginava potesse esistere.
In questa sera, vigilia della festa di Cristo re, decido di affiancare alle immagini di un telegiornale, le parole di alcuni libri che di tanto in tanto prendo da un piccolo scaffale che ho collocato in casa a piano terra. Ho messo qui vicino a me, dove vivo buona parte del mio tempo quotidiano, i libri scritti di alcune persone che non esiterei a chiamare amici perché così li sentirei se fossi loro contemporaneo. Uomini e donne che, attraverso il loro scritti, mi hanno fatto camminare e ci consegnano visioni della realtà molto vicine alla Verità. E così per questa domenica di Cristo Re, vi condivido alcuni passaggi.
«Creandomi, Dio si è creato un giudice. Il primo giudizio avvenne in principio, nel paradiso terrestre. Il peccato è Dio giudicato dagli uomini. Ed il giudizio nasce da questo: l’uomo non vuole riconoscere che non basta a se stesso e che deve dipendere dall’Altro.
Non vogliate giudicare. Non so perché questa parola del Giudicato non sia tra i comandamenti da imparare a memoria. Se Egli è venuto a compiere la legge, il non giudicare è un comandamento, la vera introduzione del comandamento nuovo.
Invece, dove c’è un uomo, là c’è un tribunale. Il mestiere dell’uomo è giudicare. Un’altra porta chiusa per il vangelo e per la pietà verso i poveri. A Dio non importa essere giudicato. Dovrebbe importare all’uomo il non giudicare, perché resta male il male che si fa, non il male che si riceve. Il male che si riceve è una beatitudine. Ogni male comincia con un giudizio, è il frutto di un giudizio.
Non vogliate giudicare. Con Gesù davanti ai tribunali si capisce meglio il comandamento nuovo. Furono scritti libri per dimostrare ciò che tutti sanno, che cioè il processo di Gesù non fu una cosa ben fatta. Il suoi giudici avevano sentenziato prima di sedere in tribunale: è necessario che l’uomo muoia» (Primo Mazzolari, La via crucis del povero)
E forse Dio vuole anche la tenebra per saggiare la resistenza del cuore dell’uomo. Oh sì, Dio! L’uomo quando muore risorge in Te e diventa una lunga gravidanza d’amore. Tu sei un Dio materno e plurimo, un Dio che si disconosce e si converte, un Dio umano che si è fatto croce, che si è fatto silenzio. […] e siamo pieni di panico di fronte all’amore grande di Dio, abbiamo paura e desiderio insieme. Per consolare gli uomini Gesù è venuto sulla terra, come emanazione di Dio aveva capito che l’uomo, capolavoro divino, era così limitato, così spoglio e così nudo che aveva bisogno di una conferma. L’uomo aveva paura del freddo, della fame, del silenzio, dell’odio dei propri simili. L’uomo aveva paura dei suoi cambiamenti, l’uomo aveva paura persino dell’amore. (Alda Merini, Corpo d’amore, un incontro con Gesù)
O Padre,
che hai mandato nel mondo il tuo Figlio […]
fa’ che ascoltiamo la sua voce,
per essere nel mondo
fermento del tuo regno di giustizia e di pace.
Per Cristo, nostro Signore.
Amen.
(orazione di colletta dalla liturgia odierna)
Dal Vangelo secondo Giovanni (18,33-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Gesù,
per coloro che hanno perso la mente
e i princìpi della ragione,
per coloro che sono oppressi
dal duro silenzio dei martiri,
per coloro che non sanno gridare
perché nessuno li ascolta,
per coloro che non trovano altra soluzione
al grido che la parola,
per coloro che scongiurano il mondo
di non devastarli più,
per coloro che attendono un cenno d’amore
che non arriva,
per coloro che erroneamente
fanno morire la carne
per non sentire più l’anima.
Insomma,
per coloro che muoiono nel nome tuo,
apri le grandi porte del Paradiso
e fai loro vedere
che la tua mano
era fresca e vellutata,
vellutata e fresca,
come qualsiasi fiore,
e che forse loro troppo audaci
non hanno capito che il silenzio era Dio
e si sono sentiti oppressi
da questo silenzio
che era solo una nuvola di canto.
(Alda Merini)
“…l’uomo non vuole riconoscere che non basta a se stesso e che deve dipendere dall’Altro…”
Condivido queste parole di don Mazzolari.
Da soli non riusciamo a capire cosa vuol dire essere “umani”, essere “figli amati dal Padre”,
accettare il nostro essere “creature” nel senso più alto del termine, fare le scelte giuste riguardo il nostro vivere.
E allora ecco Gesù che ha speso la sua vita per farci conoscere il Padre, per farci vedere in visione il regno di Dio, cieli nuovi e terra nuova, lo chiamiamo “Re” perché ci guida verso questo regno dove vivremo una vita fatta di giuste scelte.
Per parte mia, da quando ho maturato la consapevolezza di avere un Padre, e che Padre, scoperto nella Parola, incontrato nelle vicende della mia vita, sentito accanto nei momenti difficili, per parte mia sentirmi figlia è stato un momento consolante.
Così se ti senti “figlio” cerchi di seguire i suoi insegnamenti, accogli gli altri come fratelli e cerchi di contribuire a costruire quel regno promesso, è che tanto dipende da noi.
L’immagine del bimbo che dorme nella valigia portata dal suo papà è un colpo al cuore e alla coscienza, come del resto lo sono tutte le immagini terribili che vediamo in questi giorni alla tv, che vediamo da anni. Dio ci ha dato la libertà di scelta, sta a noi scegliere tra il bene e il male, se credere o non credere, se giudicare o non giudicare, ma come abbiamo fatto a scegliere di essere così ricchi da godere anche del superfluo, e lasciare nella povertà assoluta altri uomini, donne e bambini.