Ma allora te la sei cercata?!
(Dn 2,31-45 / Dn 3 / Lc 21,5-11)
Inutile ricordare quanto il grande e unico Tempio a Gerusalemme fosse il punto visibile di riferimento della fede di Israele. Quello che Gesù vide con i suoi occhi, quello in cui entrò per cacciare i venditori, quello in cui vide la povera vedova gettare due monete, era il secondo Tempio, detto anche Tempio di Erode il Grande, per un ampliamento che ne fece successivamente. Il primo, chiamato Tempio di Salomone, venne distrutto nel 586 a.C. da Nabucodonor II e il popolo venne deportato in Babilonia. Questo Tempio, quello che Gesù vide, era stato completato nel 515 come si legge nel libro di Esdra, vent’anni dopo il ritorno dall’esilio.
L’istituzione del Tempio vantava così una storia più che millenaria. Chi avrebbe osato mettere in dubbio la sua solidità? Solidità non tanto delle pietre, quanto del suo valore altamente simbolico per la fede giudaica. Non a caso dopo la sua distruzione venne ricostruito una seconda volta. E non è un caso che ancora oggi c’è chi mira alla sua terza ricostruzione, con tanto di progetto e fondi già pronti. Eppure Gesù, come un paradosso, si permise di pronunciare la parole che oggi ascolteremo, proprio mentre alcuni si beavano di tanta bellezza e di tanta solidità.
Verrebbe da dire a Gesù: «Ma allora te la sei cercata!». Parlare così del Tempio non poteva che inasprire gli animi e non a caso, la sua condanna, venne sentenziata anche dai capi dei sacerdoti di quel Tempio. Così come quando disse di non essere venuto a portare pace sulla terra ma piuttosto la spada e la divisione. La presenza di Gesù nella vita del suo popolo e nella nostra stessa vita è questa presenza paradossale. Egli dona la vita ma parla della fine, della provvisorietà di certe cose, profetizzando perfino la rovina del Tempio stesso.
L’evangelista Luca non lascia cadere nel dimenticatoio quella profezia di Gesù, tanto più che il suo Vangelo sarà redatto proprio pochi anni dopo la distruzione del secondo Tempio. Forse fu proprio quella distruzione ad interrogare i discepoli. Che cosa resta se anche edifici simbolo di solide istituzioni o convinzioni crollano? Qualcuno parlerà di fine del mondo, dice Gesù. Ma non è quello che intendeva dire perché egli parlava dell’avvento del suo regno e i suoi discepoli vivono nell’attesa del suo ritorno. Com’è possibile parlare di fine se il suo ritorno è garanzia di cose nuove? Il fatto è che abbiamo paura a lasciar cadere ciò che deve cadere; esitiamo ad abbandonare ciò che dobbiamo abbandonare; e se non lo facciamo noi, sembra che ci pensino i grandi sconvolgimenti della natura: terremoti, carestie e pestilenze.
A volte sembriamo riporre perfino troppa certezza nell’opera delle nostre mani, per poi ritrovarci – spesso anche in poco tempo data la grande accelerazione che ha subìto il nostro vivere – ad incassare i colpi della delusione o dell’amarezza. Si avvicinava anche per Gesù l’ora della sua fine… però non è subito la fine, disse Gesù. Il cammino di pacificazione e l’opera di riconciliazione che Gesù ci accompagna a compiere, passa anche per questa distruzione. Se all’orizzonte ci sono cataclismi o guerre è segno che ancora non stiamo vivendo nella direzione giusta. All’orizzonte infatti, per i credenti, c’è la presenza di Gesù che a poco a poco prende dimora nella nostra vita. E allora sarà la pace. La fine di un mondo sembra sempre la fine del mondo. La fine di un tempo appare sempre come la fine del tempo. E se fosse davvero un nuovo inizio?
Manda il tuo Spirito, Signore,
e sarà una nuova creazione.
Rinnoverai la faccia della terra.
Dal Vangelo secondo Luca (21,5-11)
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Anima mia,
canta e cammina;
anche tu,
o fedele di chissà quale fede;
oppure tu,
uomo di nessuna fede,
camminiamo insieme
e l’arida valle si metterà a fiorire.
Qualcuno,
colui che tutti cerchiamo,
ci camminerà accanto.
(David Maria Turoldo)
Personalmente di questi tempi mi è capitato anche di pensare “ok…Siamo allo sfacelo”, complice senz’altro il gran traffico di notizie tragiche d’ogni sorta ed indirizzo.
Eppure, anche in questa gran foresta di brutture, c’è stato, c’è e -confido di cuore!- continuerà ad esserci chi, da solo o in gruppo, azzarda a provare una “direzione altra”, controcorrente. Penso alle attività di Still I Rise, a Mimmo Lucano, ai fratelli e sorelle che hanno aiutato e continuano ad aiutare chi è rimasto in Afghanistan, come anche ai fratelli ed alle sorelle che, in Bielorussia e Polonia, a dispetto delle rigide decisioni politiche, stanno offrendo assistenza ai migranti “incastrati” tra i loro confini… Non oso immaginare le prove cui si espongano, ma li ringrazio e prego per loro, di tutto cuore, perché è anche grazie a loro che mi si riaccende nel cuore la speranza che, a dispetto di tutto, una possibilità altra, di autentica fraternità, c’è e vale la pena crederci.
“Chi lascia la vecchia via per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova”
un vecchio adagio che invita alla prudenza, invita a rimanere in quello che già si conosce, perché il nuovo fa sempre un po’ paura, facciamo fatica ad abbandonare le cose di sempre, fatte sempre allo stesso modo.
Ma ecco Gesù, porta due comandamenti nuovi, ma che riassumono tutto l’Antico Testamento, porta la nuova immagine di Dio con volto di Padre…
Gesù ci invita ad avere uno sguardo lungimirante, che vada oltre gli avvenimenti umani, oltre la nostra storia.
Uno sguardo che ci aiuti a immaginare, pensare e dunque costruire il Regno di Dio, fiduciosi nella Sua presenza e aiuto.
Anche se questo possa comportare distruggere quello che abbiamo costruito, soprattutto le nostre certezze che a volte diventano gabbie dove ci ritroviamo rinchiusi senza saperne più uscire.
Distruggere, in senso positivo, forse meglio disgregare per conservare quello che può aiutarci ad attendere con fiducia l’avvento del Regno.
Il Tempio verrà distrutto, perché al suo posto deve nascere la Casa, come Gesù lo ha chiamato, la Casa del Padre mio.
E a Casa mi sono sempre sentita e mi sento quando entro in una Chiesa, che sia un duomo o un piccolo santuario, o una cappella lungo una strada…
Perché Casa vuol dire Umanità che si incontra, ritrova, accoglie..