Un Corpo in cui matura la perseveranza
Che la vicenda di Gesù potesse ancora riprodursi nella vita dei suoi discepoli questo probabilmente non lo avevano seriamente valutato. E certo, quando compresero che fine avrebbe fatto il loro maestro, istintivamente se ne andarono chi rinnegando, chi tradendo, chi semplicemente abbandonandolo. È dopo la resurrezione di Cristo che vennero i tempi delle persecuzioni. Come la creazione geme e soffre in attesa di una più piena rivelazione, in attesa che venga alla Luce la verità di ogni essere e di ogni creatura, così quel Corpo di Cristo che siamo noi può ancora soffrire la persecuzione.
Certo Cristo è morto ed è risorto una volta per tutte. Se ogni anno facciamo memoria di Lui, della sua nascita, della sua morte e resurrezione e della sua vita accanto all’uomo è perché probabilmente ce ne dimenticheremmo ma anche per dare a ciascuno occasione di approfondire la conoscenza di Lui.
È così che, poco a poco, Cristo si rivela a noi, viene a prendere dimora in noi. Come Cristo venne ad abitare in mezzo a noi, così ora noi siamo chiamati a dimorare in Lui, a rimanere nel suo amore. Anche nel tempo della prova, della fatica, della persecuzione.
È così che è andato formandosi quel Corpo di Cristo che è la Comunità dei discepoli. Non siamo abituati a pensarci in questi termini, non siamo abituati a pensare alle nostre comunità come Corpo di Cristo eppure l’immagine venne suggerita dall’apostolo Paolo. I discepoli conobbero il tempo della persecuzione. Fu occasione di esercitare perseveranza e di dare testimonianza. Contarono sul fatto che Lui stesso avrebbe dato parole e sapienza per difendersi dalle accuse. È l’altro modo per dire che parla attraverso di noi lo Spirito del Padre, per dare prova che siamo suoi figli. Come si riconosce la provenienza di una persona dal suo parlare, così dalla pazienza e dalla perseveranza si riconoscono i figli di Dio.
Leggiamoli dunque quei versetti della lettera ai Romani dove si dice: come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. (Rom 12, 4-6) E ancora: Fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi. (Rom 12, 9-16)
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. Essere perseveranti non è una prova personale di resistenza, come se dovessimo decretare il vincitore al termine di una lunga gara. Non si fa riferimento ad una perseveranza personale. Sappiamo bene quanto fragili, deboli o incostanti possiamo essere. Il Vangelo ci invita a ritrovare il senso collettivo della perseveranza. È un altro modo per dire che non siamo soli.
La perseveranza a cui allude il Vangelo di oggi è piuttosto una percezione di sé (un sé personale e collettivo, se così si può dire) che si acquisisce proprio nei momenti di prova e di difficoltà. A pensarci bene: quando la nostra anima s’è risvegliata maggiormente? Quando ne abbiamo sentito il suo valore? Proprio quando attraversiamo momenti di prova, di dolore o di dubbio. È in quei momenti che la vita ci pare più preziosa perché alle cose materiali e spesso superflue si aggiunge il peso specifico dell’anima che pare sostenerci più d’ogni altra cosa. Con la vostra perseveranza salverete la vostra psyche, scrive l’evangelista in un greco molto raffinato e preciso.
Spirito di Dio, linfa d’amore
dell’albero immenso su cui ci innesti,
che tutti i nostri fratelli
ci appaiano come un dono
nel grande Corpo in cui matura
la Parola di comunione.
Frère Pierre-Yves di Taizé
Dal Vangelo secondo Luca (21, 12-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Quando ci raduniamo per la celebrazione dell’Eucarestia, ci sono delle preghiere che rischiano di passare per lo più inascoltate al nostro orecchio. Fanno parte del rito, sono lì… da dirsi nell’attimo prima di poterci sedere ad ascoltare la Parola. Eccone due. Potremmo perfino impararle a memoria, così da servircene al bisogno, nella vita quotidiana… fermo restando che basterebbe anche solo un «Abbà, Padre!» per prendere coscienza che Dio ci fa dono del suo Spirito.
O Dio,
che hai promesso di stabilire la tua dimora
in quanti ascoltano la tua parola
e la mettono in pratica,
manda il tuo Spirito,
perché richiami al nostro cuore
tutto quello che il Cristo ha fatto e insegnato,
e ci renda capaci di amarci gli uni gli altri
come lui ci ha amati.
Dio di infinita grandezza,
che affidi alle nostre labbra impure
e alle nostre fragili mani
il compito di portare agli uomini
l’annunzio del Vangelo,
sostienici con il tuo Spirito,
perché la tua parola,
accolta da cuori aperti e generosi,
fruttifichi in ogni parte della terra.
Il Vangelo di oggi invita alla libertà di credere ed alla testimonianza ad oltranza. In alcuni momenti della vita, proviamo la fatica della coerenza al Vangelo, verso noi stessi o quando interagiamo con gli altri.
Ma Tu Signore, donami la grazia della perseveranza, del Tuo sostegno e del Tuo conforto.
In modo un po’ superficiale e sbrigativo, si suol dire che i dolori e le tribolazioni ti cambino la vita…in peggio…
Io credo che, al contrario, ti cambino la prospettiva sulla Vita, alla luce delle Beatitudini…
Della necessità di “mettere alla prova” se ne parlava giusto ieri in università con la docente di inglese. Dovendo imparare ad insegnare ai più piccoli, ci è stato detto che una delle cose più importanti è mantenere viva ed attiva l’attenzione… Come? Proponendo sempre novità che siano “un passetto oltre” le capacità base, ed anche delle prove, dei test! Perché? Per stimolare a trovare soluzioni e, di conseguenza, allenare la mente. Noi tutti, di fatto, a ben pensarci, finché non abbiamo problemi, ostacoli piccoli o grandi da superare, stiamo lí… Per lo più fermi.
Serve una scossa, un imput, una necessità per muoversi. Ma se è da un pezzo che non ci si muove, è ben difficile sbloccarsi! Da qui l’importanza di “tenersi allenati”.