Un imperativo: rallegratevi!
III domenica di Avvento (Sof 3,14-18 / Is 12 / Fil 4,4-7 / Lc 3,10-18)
Johann Sebastian Bach, «Jauchzet, frohlocket!», dall’Oratorio di Natale, cantata n.1
Jauchzet, frohlocket! auf preiset die Tage,
Rühmet, was heute der Höchste getan!
Lasset das Zagen, verbannet die Klage,
Stimmet voll Jauchzen und Fröhlichkeit an!
Gioite, esultate! Glorificate i giorni,
esaltate quanto l’Altissimo ha oggi compiuto!
Deponete il timore, bandite i lamenti,
innalzate un canto ricco di gioia e d’allegria!
Fa’ delle nostre vite, Signore,
una vivente eucarestia,
un rendimento perenne di grazie,
e più nessuna cosa ci rechi angustia,
nessun avvenimento ci turbi:
la tua pace, Dio, sia la nostra custodia,
pace che supera ogni misura.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Luca (3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
C’è un imperativo che risuona in questa terza domenica di Avvento. Un invito o un comando: rallegrati, grida di gioia! (Sof 3,14). Ma la gioia si può ordinare? Essa non può sorgere improvvisamente da un comando per quanto preciso possa essere. Ce ne accorgeremmo subito se la gioia non fosse naturale e spontanea. E dunque la gioia non la puoi comandare.
E tuttavia chi mai avrebbe pensato che la Parola di Dio -anzitutto – potesse chiedere all’uomo di rallegrarsi? Rallegrarsi prima ancora di qualsiasi opera buona da compiere. Rallegrarsi cioè dell’opera di Dio, del suo essere in favore dell’uomo, del suo venire in mezzo a noi. Rallegrarsi perché Dio stesso è felice di quanto sta per compiere. È questo anzitutto il Vangelo: la buona notizia della vicinanza di Dio e del suo desiderio assoluto di stare accanto all’uomo.
La gioia non puoi comandarla. Come si può comandare la gioia a chi – ad esempio – vive una prova, un dolore o un lutto? Lo sapeva bene Giovanni Battista ed è proprio per questa ragione che si mise nel deserto, lontano da coloro che opprimevano e più vicino a chi soffriva sopruso e ingiustizia. Sentivano l’urgenza di conversione nelle sue parole e nel cuore di chi lo ascoltava nasceva un desiderio di credere a quelle parole che annunciavano la venuta imminente e mai così prossima come allora. Fu inevitabile pensare che potesse essere proprio lui il Messia.
«Che cosa dobbiamo fare?». Che cosa fare per essere pronti all’incontro? E così Giovanni indicava la via della gioia attraverso l’esperienza diretta e immediata della condivisione: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». La gioia non la puoi comandare ma puoi dare consegne e consigli precisi perché quella medesima gioia possa avere una radice, un’origine: «c’è più gioia nel dare che nel ricevere», scriverà poi Luca nella sua seconda opera, gli Atti degli Apostoli. (At 20,35).
È un’immersione profonda quella che propone Giovanni, un’immersione di condivisione che rischia sempre di raffreddarsi, di spegnersi. Ed è ben per questo che Giovanni non esiterà a parlare di un altro battesimo: quello dello Spirito santo nel fuoco. Dio si immerge nell’umanità fatta di tiepidezza, di indifferenza ma per infonderle nuovamente un calore che non consuma.
«Che cosa dobbiamo fare?». Eppure noi sappiamo troppo bene cosa c’è da fare per accoglierLo, per sentirLo vicino: farci prossimi nel donare a coloro che si fanno prossimi nel chiedere. Il fatto è che il più delle volte non ne abbiamo la forza, a volte nemmeno il coraggio. C’è da soffiare sul fuoco perché si rianimi? Ma pure chi avesse trascurato una scintilla sarà sorpreso di vedere un fuoco possente divampare, come un roveto ardente che non cessa di infiammare e parlare al mondo.
Poiché le tue parole, mio Dio,
non son fatte per rimanere inerti nei nostri libri,
ma per possederci
e per correre il mondo in noi,
permetti che, da quel fuoco di gioia
da Te acceso, un tempo, su una montagna,
e da quella lezione di felicità,
qualche scintilla ci raggiunga e ci possegga,
ci investa e ci pervada.
Fa’ che, come “fiammelle nelle stoppie”,
corriamo per le vie della città,
e fiancheggiamo le onde della folla,
contagiosi di beatitudine,
contagiosi della gioia…
Madeleine Delbrêl
Questa mattina il brano di Bach è stato un AUTENTICO apripista al buonumore, grazie!
Le cose belle -sempre- funzionano da efficacissima spinta alla serenità.
Aiutano a ricordarsi che c’è il sole anche dietro le più cupe nubi di impegni, preoccupazioni ed ansie varie.
Io credo che ci serva un po’ a tutti allenarci a scorgere il bello, sempre, ogni giorno, trovare anche solo un frammentino piccino di bellezza un po’ come un esercizio. Un esercizio che talvolta è davvero difficile, ma che aiuta, aiuta più di quanto non si creda, a dar fiato al cuore, a farlo respirare.
Un cuore un po’ più allenato a respirare è un cuore più capace di estendersi e, estendendosi, far spazio ad altro.
Far spazio ad allargare la capacità di amare, dare attenzioni ad altro fuori da sé e dei propri affetti.
Senza questo è ben difficile accorgersi di alcunché, nemmeno sotto il proprio naso.
In quanti modi la Parola ci invita alla condivisione che davvero è il seme della gioia.
Che il Tuo venire per condividere ogni cosa con noi apra il nostro vivere a questo.