La nascita della fede
(1Gv 3,7-10 / Sal 97 / Gv 1,35-42)
La simbologia dell’Agnello di Dio ha nei Vangeli ha un chiarissimo ed immediato riferimento alla Pasqua. Noi sappiamo bene che quell’Agnello di Dio condotto al macello senza opporre resistenza è Gesù stesso. Si raccoglie così in questa immagine tutta l’umanità del Verbo che da sempre esiste davanti a Dio. Dopo un prologo così solenne e altisonante, anche solo da un punto di vista letterario, saremmo tentati di guardare a Gesù, la Parola fatta carne, tenendo ancora da Lui una grande distanza.
Al contrario! Quel suo venire nel mondo come la Luce vera che illumina ogni uomo è da ora in poi raccontato come un andare incontro all’uomo, un lasciarsi cercare e un lasciarsi seguire. E quella tenda che Egli ha posto in mezzo a noi (Gv 1,14) altro non è che la tenda della carne umana, fragile e mortale. La simbologia della tenda posta in mezzo agli uomini, tuttavia, per un pio israelita doveva subito richiamare alla mente quella tenda nella quale il popolo di Dio – molti anni prima che fosse eretto il Tempio di Gerusalemme – faceva dimorare Dio nelle molteplici soste notturne durante il cammino nel deserto. La presenza di Dio in mezzo al suo popolo era simboleggiata da una tenda, perché anche il popolo si accampava nelle tende. Una nube poi (altro segno-simbolo) scendeva dall’alto su quella tenda per confermare che la gloria di Dio, la sua presenza, aveva preso dimora.
Il Vangelo di Giovanni ci racconta così che ora la gloria di Dio, la sua presenza è nella carne dell’uomo; che Dio non abita in tende o in templi costruiti da mani d’uomo ma anzitutto nella carne umana. È comprensibilmente umano questo atteggiamento di collocare Dio sempre distante da sé. Tenere le distanze da Lui darebbe anche una certa sicurezza, sottolineare la distanza garantisce agli esseri umani quel senso di indegnità, di non essere all’altezza… con il conseguente pericolo di non provarci nemmeno. Come sotterrare un talento senza provare a farlo fruttare, per usare il linguaggio di un’altra parabola evangelica (Mt 25,14-30).
Concluso il solenne prologo, ascoltata la testimonianza di Giovanni Battista, ecco dunque nel brano evangelico di oggi, la nascita della fede, se così si può dire. Fatta questa premessa, gustiamoci questo nuovo incontro tra il Verbo fatto carne che ormai sarà chiamato Gesù e i primi discepoli che lo seguirono.
Si intuisce abbondantemente che la fede è esattamente questa umana fiducia di muovere i propri passi dietro ad un uomo che cammina davanti a noi. Le formule letterarie e dogmatiche lasciano ora il posto per un cammino. La staticità di ciò che è da sempre si incontra con il provvisorio. Dare una direzione al proprio cammino – e precisamente dietro all’Agnello – non è tempo perso.
A conferma di quanto la Parola s’è fatta carne, a conferma di quanto Dio s’è fatto umano viene perfino registrata l’ora di questo incontro. Ora Dio sta al tempo del nostro orologio. Il tempo della nostra avventura umana è il tempo esatto in cui possiamo vivere camminando nella fede. Da questo incontro con la Parola di Dio fatta carne ed incontrata in un momento preciso della storia, nascono poi altri incontri che hanno il sapore della testimonianza e dell’invito. «Abbiamo trovato il Messia»… e lo condussero da Gesù.
Oggi potrebbe essere il giorno in cui ripensare al momento preciso in cui ci siamo accorti che la fede non è solo materia dogmatica ma anzitutto un’incontro e una relazione viva, in cammino, in crescita, in evoluzione.
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi
aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb 1,1-2)
Dio onnipotente,
il Salvatore che è venuto come Luce nuova
per la redenzione del mondo
sorga per rinnovare sempre i nostri cuori.
Amen.
Jésus le Christ, Lumière intérieure
Ne laisse pas les ténèbres me parler
Jésus le Christ, Lumière intérieure
Donne-moi d’accueillir ton amour
Gesù, il Cristo, Luce interiore
non lasciare che siano le tenebre a parlarmi.
Gesù, il Cristo, Luce interiore
donami di accogliere il tuo more.
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,35-42)
In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Signore Gesù, sei venuto per tutti:
per coloro che credono
e per coloro che dicono di non credere.
Gli uni e gli altri,
a volte questi più di quelli,
sperano perché il mondo vada un po’ meglio.
O Cristo, sei nato “fuori dalla casa”.
E sei morto “fuori della casa”
e sei morto “fuori della città”
per essere in modo ancor più visibile
il crocevia e il punto d’incontro.
Nessuno è fuori dalla salvezza, o Signore,
perché nessuno è fuori del tuo amore,
che non si sgomenta né si ritira
per le nostre opposizioni o i nostri rifiuti.
Tu, o Cristo,
non hai bisogno di passare dall’altra parte,
perché sei di qua e di là,
sei il Salvatore degli orientali e degli occidentali;
sei con tutti,
non per dare ragione a tutti,
ma per amare tutti.
O Gesù, facendoti uomo
non hai scelto la strada dritta,
né quella che arriva prima,
hai preso la strada che arriva
secondo il passo dell’uomo.
Per salvarci,
per la fretta di salvarci,
non hai voluto rischiare di spaccare l’uomo.
L’infinita tua pazienza
può irritare, o Signore,
ma solo coloro che preferiscono
il giudizio alla misericordia,
la lettera allo Spirito,
il trionfo della verità alla esaltazione della carità,
lo schema all’uomo.
(don Primo Mazzolari)
Tutto parla di movimento…
Questo primo capitolo del Vangelo di Giovanni, le immagini stesse di questa riflessione, tutto è movimento…
Il Verbo che scende per abitare tra noi, il Verbo che passa accanto a Giovanni Battista, che chiaramente lo indica come il Cristo, il Verbo che invita a seguirlo…
Tutto mi porta alla memoria il libro di Christian Bobin “L’uomo che cammina” che mi ha molto colpito.
Non facile, almeno per me come linguaggio, ma una cosa ho capito, almeno penso di aver compreso.
Questo suo continuo camminare, quasi instancabile, per poter incontrare più persone possibili, per poter raggiungere tutti e in questo “tutti” c’è l’intero genere umano.
E non puoi fare a meno di seguirlo, per vedere dove va, cosa fa, cosa dice, cosa racconta…
Così che non puoi fare a meno di riflettere, di meditare e, anche se con fatica, di imitare…
È tutto un mettersi in movimento, in cammino…
Allora Signore, dammi la forza di seguirti!
“La Luce nuova sorga per rinnovare sempre i nostri cuori” è un gran bell’ augurio cristiano. Questo rinnovamento interiore, tanto auspicato,
– che si rifà alla festa del solstizio, che gli antichi (pagani) celebravano in questo periodo, in cui il sole ritornava: dall’ inverno buio passa a alla luce della primavera,era quindi il periodo della RINASCITA -possa essere per noi un significativo inizio d’ anno.Chiediamo a Lui di saper riconoscere e assaporare nel nostro quotidiano quelle piccole ” novità” piene di stupore,che ci donano gioia condivisa e che arricchiscono la nostra vita e noi stessi.
Una telefonata di vicinanza ad un amico con problemi di salute….una chiacchierata ed un caffè con un conoscente…una merenda con un cugino un po’”palloso”…uno sforzo di avvicinamento ad un parente antipatico….Insomma…lo spirito di rinascita ci invita e ci porge sempre buone occasioni. Basta solo dargli il via.
Non l’augurio per un Anno migliore…
ma un augurio per essere migliori!!!
“La Pace del Signore sia sempre con voi”…aiutaci Signore a ricercarla, preservarla nonostante tutto, a coltivarla perché fioriscano sempre nuovi germogli. Una pace che sa di giustizia ma non quella che applichiamo noi, facendoci fuori, a parole o con i fatti, ma quella che vuoi Tu, perché la Tua giustizia ha solo un nome: Amore. Ed allora quando sentiremo che ci stiamo allontanando, fioriscano sulle labbra preghiere, più per quelli che sentiamo nemici che per gli amici richiamando al cuore le Parole sempre nuove che Tuo Figlio disse ai suoi discepoli: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male….”(Lc 6, 27-38).
Certo bisogna tornare alla Sua scuola e riconoscersi bisognosi, alunni più che maestri, fratelli più che giudici gli uni degli altri.
Grazie ogni giorno e sempre per essere venuto tra noi, così, facendoTi carne e portando nel mondo la Tua Luce.