Indizi pasquali
(1Gv 4,7-10 / Sal 71 / Mc 6,34-44)
Alla vigilia della chiusura del tempo di Natale, troviamo già alcuni indizi pasquali. Un po’ come quando nel giorno dell’Epifania, c’è stato dato l’annuncio del giorno pasquale e di tutte le feste che da essa scaturiranno. Ai discepoli di Gesù non basta un calendario che indichi l’anno civile. A noi serve di sapere che in questo tempo che è il nostro, sapremo vivere la Pasqua… se sapremo vivere come fossimo noi stessi quel corpo di Cristo risorto. E così si raccolgono indizi pasquali.
Uno di questi indizi potrebbe essere iscritto nella compassione. È la compassione che smuove e ci fa sentire l’urgenza di fare Pasqua, di passare dalle tenebre alla Luce, dall’oppressione alla libertà, dalla morte alla vita. La compassione, tratto distintivo del Dio che Gesù ci ha rivelato – a differenza delle nostre umane ipotesi attorno a Dio, ipotesi che lo fanno per lo più indifferente, distaccato e insensibile ai nostri problemi – la compassione gli nasceva osservando come la folla assomigliasse ad un gregge di pecore senza pastore. E così provo pure ad immaginarmelo un gregge allo stato brado, senza pastore. Forse il problema di questo gregge senza capo non sarebbe primariamente legato al cibo: le pecore, saprebbero brucare qua e là. Saprebbero pure informarsi a modo loro di un prato su cui pascolare. Qualche madre trascinerebbe i suoi piccoli verso prati e acque. Un sistema di istinti animali non impedirebbe forse di cavarsela, quanto al nutrimento. Il rischio – mi pare di immaginarlo – è più relativo alla difesa dai pericoli; al venire, notte tempo, di lupi rapaci.
Nel deserto, fino a poco tempo prima, un pastore l’avevano, ma Erode lo aveva fatto uccidere come si legge nel flashback evangelico che precede il racconto di oggi. Di lui ne parlò anche Giuseppe Flavio nella sua opera Antichità giudaiche: «Erode infatti aveva ucciso quest’uomo buono che esortava i Giudei ad una vita corta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo… Quando le folle si accalcavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene»
Gesù si da pensiero per questa folla senza pastore. Sullo sfondo c’è l’eco di una preghiera innalzata al cielo da Mosé prima di morire, preghiera che si legge nel libro del Numeri. Mosè disse al Signore: «Il Signore, il Dio della vita di ogni essere vivente, metta a capo di questa comunità un uomo che li preceda nell’uscire e nel tornare, li faccia uscire e li faccia tornare, perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore» (Num 27,15-17)
La compassione di Gesù, riflesso della compassione di Dio, si traduce in due segni: si mise ad insegnare e improvvisò un banchetto nato unicamente dalla condivisione di quello che c’è e dalla capacità di benedire. Quel banchetto non è solo figura dell’Eucarestia perché l’Eucarestia è a sua volta figura di un altro banchetto, quello finale, quello del regno: Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto […] Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. (Is 25, 6-8)
Quando si incontrano persone con lacrime sul volto, persone che facilmente ricopriamo con un velo di indifferenza mista a curiosità e rispetto, perché non vogliamo guardare in faccia la loro situazione già che rischieremmo di veder risvegliarsi in noi ricordi simili o questioni decisive quanto alla giustizia, ci accorgiamo subito che queste persone non hanno gran desiderio di mangiare. Spizzicano come uccellini e questo gli basta per vivere… ma la loro fame è esattamente un’altra: cercano giustizia, cercano risposte di senso che non vogliono neppure già pronte, cercano compagni di viaggio e non persone che li mettano ai margini perché colpiti da una sciagura. La moltiplicazione dei cinque pane e due pesci mi pare davvero un segno che chi ha fame e sete di giustizia potrebbe comprendere meglio di chi cerca solo abbondanza di cibo, garanzia di benessere. Più che cibo servono commensali, gente disposta a stare a tavola con chi si sente smarrito. Quell’invito a stare tutti seduti, a gruppi, sull’erba verde mi pare già una bellissima immagine che suggerisce una disponibilità a ritrovare la pace del cuore, a non vagabondare qua e là come pecore senza pastore, appunto. Quell’invito che precede la distribuzione del cibo mi da tanta sicurezza: Egli sa cosa sta per compiere.
Dio, Padre nostro,
che ti fai carico del cammino dei tuoi figli
donando loro il necessario per vivere
e per aprirli all’incontro con Te,
fa’ che poniamo in Te la nostra fiducia.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Padre Nostro,
che stai nei cieli e in tutti i luoghi
dove irrompono il tuo gesto d’amore,
il desiderio di speranza e la fame di giustizia.
Santificato sia il tuo nome
che è composto dal canto mattutino degli uccelli,
invocato dagli occhi dei bambini
e dai passi di coloro che costruiscono la pace.
Venga il tuo regno
che cancella ogni struttura oppressiva
che abbatte i prepotenti
e instaura la fraternità tra i popoli.
Sia fatta la tua volontà
nei nostri cuori e in tutti i luoghi
dove uomini e donne desiderano il tuo amore.
Da’ a noi oggi il nostro pane,
la nostra pace, i nostri diritti.
Perdona le nostre offese,
le nostre omissioni, la nostra fragilità,
così come noi perdoniamo
a quelli che ci hanno offeso
con le loro bugie,
con i loro abusi,
con le loro indifferenze.
Non lasciarci cadere nella tentazione
di fare ad essi quello che loro hanno fatto a noi,
ma liberaci da tutto il male
che impregna la storia,
affinché possiamo fermentarla con il tuo amore
e condurla secondo i tuoi disegni.
Amen
Frei Betto
Su pascoli erbosi mi fai riposare…per me prepari una mensa…cosi ci fa pregare il salmo 22…Gesù l’ha messo in pratica e ci ha dato l’esempio .”..date voi stessi da mangiare…” e ci sarà dato di gustare l’abbondanza della sua compassione per tutti…
Da “litanie delle piccole cose” ringrazio la signora Emy che, secondo me nella frase riportata, ha descritto molto bene la compassione.
Cito “Quando, nonostante il tuo dolore sei capace di sentire il dolore degli altri e provarne compassione è lì che al tuo cuore si inchinano i cori degli Angeli. Etc…
Ed è questo il sentire dell’uomo Gesù, perché nonostante il dolore di essere rifiutato, minacciato, non capito fino alle sofferenze della via crucis, ha continuato a provare autentica compassione per le persone che incontrava.
Compassione autentica è provare e condividere il dolore degli altri e cercare di lenirlo.
Poi, nel suo guarire concretamente il dolore, interveniva la sua natura divina.
A noi umani che guardiamo a Lui è chiesto di “patire con” come è il significato della parola.
Anche se ci sembra di poter fare poco, quel poco fa la differenza.
Una buona parola, una piccola attenzione, il nostro tempo dedicato, la preghiera e accendere una luce di Speranza…
Sono azioni alla nostra portata, che ci fanno mettere in “movimento” come è stato raccontato in questo periodo.
Un regalo di Natale: del LiCoLi per fare del pane. Era il 2020… Un dono vivo che ha chiesto e chiede fedeltà quotidiana, cura ma che permette di sentire anche così la Sua presenza, la bellezza della vita quando si fa un po’ più buona, come il pane, perché condivisi con chi quel pane lo attende, lo apprezza e gradisce.
Dalla compassione alla condivisione, cantando la nostra lode al Signore con la voce, con lo spirito ma soprattutto con la vita che può davvero trasformarsi in perenne liturgia di lode e dono per i fratelli.
Poco prima del Natale ho accolto una ragazza e un ragazzo giovanissimi(x stage ) uno sempre sorridente l’altra molto distaccata,nel parlarLe guardandoLa in viso chiedendo Le un sorriso i suoi occhi si sono riempiti di lacrime e raccontandomi i suoi grandi dispiaceri.
Ringrazio il Signore per questa opportunità, di non essere stata indifferente a quella apparente sicurezza e poter dare conforto a questa giovanissima compagna di viaggio che il Signore mi ha fatto incontrare