L’avanzo del bene
Mercoledì della prima settimana di Quaresima (Gio 3,1-10 / Sal 50 / Lc 11,29-32)
Adem in ons, heilige Geest
Soffia in noi, santo Spirito
Dal Vangelo secondo Luca (11,29-32)
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
L’avanzo del bene sono spiccioli da mettere in tasca, piccole cose da tenere in conto. Quando decidi di operare il bene, devi saperlo che non tutti lo comprenderanno e neppure è scontato che tutti lo riconoscano.
Gesù aveva appena guarito un muto restituendogli la parola e furono proprio colore che non erano capaci di tenersi l’acqua in bocca a sentirsi autorizzati a dire cose spropositate: «È per mezzo di Beelzebul, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni» (Lc 11, 15). Quel segno fatto sulla terra, nella carne, sulle labbra di un uomo muto diventa espressione ambigua. E non si accorsero neppure che proprio la libertà di quel dire era riflesso del medesimo segno: se Gesù ridà la parola ai muti, pensino a quale dono sia il non perdere la parola e l’essere liberi di poter dire, di parlare, di esprimersi.
È più semplice zittire, ammutolire, togliere libertà di esprimersi. La storia ce lo ha mostrato a più riprese e ancora sembra darcene saggio in questi giorni. Incapaci di comprendere ciò che serve per vivere in terra, non sanno far altro che chiedere un segno dal cielo, qualcosa di più chiaro ed inconfutabile, qualcosa che non lasci spazio alla possibilità d’essere increduli. Un segno dal cielo, come vorrebbero quegli uomini, toglierebbe anzitutto la libertà di ascoltare, di pensare, di credere o di rifiutare. Avrebbe solo il sapore di una somma imposizione e – certo – non è quello che il Cielo vuole per la Terra. Ed è per questo che il Bene compiuto da Gesù inizia sempre dalle profondità della terra, dalle zone più recondite della nostra umana debolezza.
Per un incredulo non ci sarà mai segno, ma non certo perché la vita non porta più il segno del bene, ma soltanto perché l’incredulo ha deciso di non guardare i fatti come segno. Il segno di Giona è proprio in Giona stesso il quale non pensava di poter essere lui a dover essere salvato, il quale neppure pensava che i destinatari della sua predicazione sarebbero stati i suoi evangelizzatori, per quella disponibilità a convertirsi, per quella risposta all’invito stesso rivolta dal profeta. Nessun segno dal cielo ma la conversione stessa di noi che viviamo sulla terra: questo potrebbe essere il segno che ci è dato di vivere. Senza dubitare che sia possibile.
Passeggio tra i campi: l’aria è ancora fredda ma i colori sanno di primavera. Da alcuni giorni l’uomo sta mettendo i suoi attrezzi e le sue mani in quella terra che per tutto l’inverno sapeva di abbandono, di disordine, di trascurato, di morto. Eccolo il segno di Giona… dei contadini che convertono la terra. Anche i trattori sembrano parlare di una gran fatica. Scende in profondità il vomere dell’aratro. La terra si spacca e si capovolta e sconvolta. Il colore della terra convertita è scuro. Il vento la asciuga, a chiazze, a secondo degli avvallamenti del terreno e delle correnti d’aria. Guardo all’aratro che procede nella terra. Lo guardo a lungo finché l’occhio si perde al limite del campo. È un andirivieni sulla terra. Le parole di Isaia non mi mollano un istante, non mi danno tregua. So bene che questo è il seme che dovremo gettare nella terra sconvolta:
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte della guerra. (Is 2,4)
L’avanzo del bene è quella domanda che ti resta in cuore quando fai il bene. A cosa serve, se…? Ma la Parola è lei pure avanzo del bene, seme custodito dall’inverno, seme risparmiato per la nuova semina, da gettare nella terra.
Tu non sei il traguardo
di te stessa, non sei
un meccanismo,
un calcolo.
Tu sei una fioritura,
La rosa più grande della terra,
la più povera delle spine.
Non ho bisogno di te,
ma il mondo mi sembrerebbe
poverissimo senza di te.
(Franco Arminio, Studi sull’amore, 2022)
Della musica nell’orrore di Kiev è un segno. Che la bellezza possa salvare il mondo.