Unico fuoco da ascoltare
II domenica di Quaresima (C)
(Gen 15,5-12.17-18 / Sal 26 / Fil 3,17- 4,1 / Lc 9,28-36)
Veni Sancte Spiritus,
Tui amoris ignem accende.
Veni Sancte Spiritus,
Veni Sancte Spiritus.
Vieni, santo Spirito
accendi il fuoco del tuo amore.
Dal Vangelo secondo Luca (9,28-36)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Si inizia col libro della Genesi. Anche oggi. Si inizia sempre da un principio, da alcune cose prime, principali, primarie, primitive perfino… perché non è detto che ciò che è primitivo sia rude o grezzo. Si racconta di Abramo. E delle stelle. E di figli nati e che nasceranno che sono speranza nelle notti dell’umanità. Dal fronte giungono anche notizie di nascite perché la pienezza dei tempi non è solo tempo saturo di cattiveria (alla quale sembra non esserci limite) ma anche di madri che devono partorire e di figli che devono venire alla luce.
Sta scritto. È stato proclamato. Abbiamo ascoltato: Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore (Gen 15,5). Si racconta poi di antichi riti, di come l’uomo fin da principio faccia alleanze, stipuli accordi per la convivenza pacifica. E sempre, quando c’è da fare alleanza ci sono linee di demarcazione da tracciare, confini e limiti oltre i quali è bene non andare. Legge. E poi quella capacità di dividere equamente ciò che spetta all’uno e all’altro. L’altro non sarà nemico, avversario o ostile. Avrà quanto me e dunque siamo in pace. Anche Dio, da principio, cerca alleanze con l’uomo. E ogni volta trova la strada per rifare pace, anche quando l’uomo ha superato il limite. Il suo limite. E così si ricomincia: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra (Gen 15,9-10).
E poi, sulla linea di demarcazione, sul confine di ciò che ancora non è ne mio né tuo, passare. Passare in mezzo senza cedere alla tentazione di prendere, di invadere. E il buio, sempre lì, incombente come una minaccia. La notte e l’oscurità simboli di ogni pericolo. E nella notte la luce, il fuoco, una fiaccola che passa in mezzo.
L’uomo primitivo ha sempre avuto una particolare attrazione per il fuoco e al contempo lo ha temuto. Così è con Dio. Il fuoco è il roveto che attirò Mosé e davanti a quello spettacolo rimase a bocca aperta nel vedere che il roveto non si consumava. E quella capacità di addomesticare il fuoco per scaldare dimore, cuocere alimenti, fare comunione. Il fuoco cauterizza i confini e sigilla alleanze piene di rispetto. E nel rispetto una grande comunione.
Alla fine i riti religiosi, di ogni religione (rito eucaristico compreso) ci riportano tutti a quel prendere qualcosa e dividerlo a metà. E quando Dio passa in mezzo a ciò che gli uomini condividono c’è una Luce nuova attorno alla vita, perfino quando è notte. La nostra vita è divisa a metà, sempre e non si tratta di scegliere questo o quello. Si tratta propri di passare in mezzo a questi due poli estremi: gioia e dolore, salute e malattia. E oggi diremmo perfino guerra e pace.
Fatichiamo grandemente a contemplare quella capacità di Dio di stare con noi in mezzo alle prove. Sempre lo vorremo in cima ad ogni questione a risolvere tutto ancor prima che noi ci mettiamo la testa, per cercare di comprendere cosa possa essere accaduto. Eppure i Vangeli non dicono altro che questo: sappiate che la nostra alleanza con Dio resterà sigillata per sempre perché Gesù stesso è passato in mezzo a tutto questo. Credo che pure Gesù dovette pensarci un istante se dire ciò che stava per succedergli e ciò che aveva deciso di accettare, trasformandolo in un segno che fosse nuova e definitiva alleanza. E così decise di parlare – dicono i Vangeli – apertamente. Che, cioè, doveva andare a Gerusalemme, essere condannato a morte da coloro che hanno il potere, morire violentemente e poi risorgere. Seguirono otto giorni di smarrimento totale. Una vera notte. Continuarono a seguirlo senza nemmeno rendersi conto.
E noi, ingenui, che pensiamo sempre che basti eliminare una volta per tutte l’ennesimo faraone di turno. Sebbene da tempo il popolo fosse stato liberato da quella antica schiavitù (racconti delle origini, appunto!) non fu sorpreso – Gesù – di trovare i suoi ancora intenti a discutere chi tra loro fosse il più grande. E dunque la pace non si conquista salvandoci da tiranni e faraoni, ma scegliendo proprio l’ultimo posto, scegliendo di attraversare la notte senza opporre resistenza al male, porgendo l’altra guancia. E qui, saltiamo sempre in piedi. Uno scatto di umana ribellione. E ci nascondiamo sempre dietro mille interpretazioni attenuanti.
Li portò su un monte e si mise a pregare. Tutto successe proprio e soltanto perché si mise a pregare. E i discepoli, sempre assonnati, dormienti, spaventati o confusi: qui come al Getsemani. E tutto procede come segno di alleanza: Gesù trasfigurato di luce in mezzo a Mosè ed Elia, alla Legge e alla profezia. Non basta la Legge per garantire libertà e pace. La profezia non è compresa se non come superamento della Legge stessa, obbedita o disobbedita che sia, perché la profezia è sempre e soltanto nella misericordia e nel perdono. Gesù in mezzo. «Fuoco!» non può essere ordine sulla linea di trincea. Anche le parole più belle le abbiamo travisato e reso perverse. Fuoco è parola di civiltà, di alleanza. Fuoco è amore, fiamma divina, nel Cantico dei Cantici. C’è dunque ancora parecchio da mettere a fuoco della vita dell’uomo. E c’è un solo fuoco da invocare, da ascoltare. «Io vi battezzo con acqua. Egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco» (Lc 3,16), diceva Giovanni battista nel deserto.
Quando anche per noi, Signore,
il sole scompare all’orizzonte
e scendono le ombre e il silenzio,
non lasciarci soli
in balìa degli oscuri terrori
che erompono nella fitta notte,
ma continua a passare come una fiamma
sopra l’offerta delle nostre vite.
Amen.
(David Maria Turoldo)