A conti fatti… (meglio guadagnare fratelli)
(Gs 3,7-10.11.13-17 / Sal 113 / Mt 18,21-19,1)
A proposito di perdono e di misericordia, ogni tanto capita di sentir dire da qualche persona un po’ più avanti negli anni che le cose oggi suonano molto diversamente da un tempo: era assai difficile sentir parlare di un Dio misericordioso. Il rapporto con Dio sembrava davvero più un rapporto di sudditanza e dipendenza piuttosto che di figliolanza. Di filiale semmai c’era solo quel cercare di non far arrabbiare il padre. E noi, come bambini ruffiani, a cercare di ingraziarci con promesse incredibili i favori di Dio.
Non che Dio abbia mutato il suo volto, come un vecchio che col passare del tempo si intenerisce non avendo altra via di scampo per rendersi amabile o per attirare a sé qualcuno. Semplicemente, direi, abbiamo imparato a leggere il Vangelo e ad ascoltare ciò che Gesù stesso racconta anche a proposito di misericordia. I suoi gesti quotidiani in favore dei peccatori poi scacciano ogni equivoco e non lasciano spazi a fraintendimenti. In Lui il perdono trova tutte quelle infinite declinazioni che fanno perdere il conto: settanta volte sette.
La domanda di Pietro – «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?» – neppure quella lascia dubbi: nella vita quotidiana e concreta pare quasi scontato che si commettano colpe contro i fratelli. Dove sta dunque il nocciolo della questione? In quella scoperta della misericordia di Dio che ci fa fare spallucce e dire banalmente in cuor nostro: «Tanto il Signore mi perdona!»? A far così ci sarebbe piuttosto da dire che s’è capito proprio poco del perdono e della misericordia stessa di Dio, anche se il Suo volto pare più sorridente d’un tempo.
La parabola che Gesù stesso racconterà a Pietro, è chiara: il perdono di Dio è efficace solo quando a nostra volta siamo capaci di fare altrettanto verso i nostri simili. Certo Dio perdona, ma se noi non riusciamo a perdonare di cuore ai nostri fratelli, è proprio lì che riveliamo di non aver conosciuto l’amore di Dio con il quale, per altro, dovremmo avere un debito personale e comunitario da cifre astronomiche! Se siamo capaci di portare nella nostra vita quotidiana il perdono verso chi ci ha fatto un torto e ci ha offeso, soltanto allora daremo prova di essere discepoli di colui che davvero è Maestro e Signore quanto al perdono.
Non è facile, non è immediato, non è scontato… lo sappiamo bene. Ma occorre ampliare l’orizzonte: vedere in quel perdono una libertà ritrovata perché anche chi fatica a condonare un debito e a perdonare un’offesa resta legato – negativamente – a quel conto insoluto. Il perdono non è solo un guadagno per colui che lo riceve. Anche chi lo dona guadagna un fratello e ritrova la libertà stessa di essere figlio. Quanto tempo passiamo altrimenti a rimuginare torti e offese ricevute? Piccolo o grande che sia il debito noi sembriamo diventati pure esperti nel farne maturare gli interessi.
Tu che perdoni,
rendi anche noi capaci di perdono.
Tu che sopporti,
rendici simili a te nella sopportazione,
in modo che parole e azioni
siano un ringraziamento
per la tua benevolenza.
Karl Bernhard Garve
Dal Vangelo secondo Matteo (18,21-19,1)
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Gloria di Dio è l’uomo vivente
che canta e prega il Suo nome sublime,
che ama e perdona ogni fratello,
che spera e gioisce di essere figlio.
Giustizia di Dio è far crescere il bene,
l’amore, la pace e il servizio fraterno;
seminarli nei cuori e vederli ondeggiare
come una messe matura al raccolto.
Giudizio di Dio è vincere il male,
la violenza, il sopruso, l’ipocrisia benpensante;
sconfiggere l’odio e l’antico nemico
che ancora trama nel cuore dell’uomo.
Benedetto sia Dio, il Signore del mondo
che ascolta attento le preghiere dell’uomo,
che ama tutti con cuore di padre
e tutti perdona con gioia infinita.
A Dio che era, che è e che viene
come Signore di tutti gli uomini
nella giustizia e nella verità dell’amore
il canto e la lode di tutti i credenti.
(dal salmo 65, trascrizione di Sergio Carrarini)
Il tema del Perdono ci conduce ogni volta verso la riflessione personale.
Attraverso il Vangelo di oggi, Gesù ci invita e ci trasporta dentro la dimensione relazionale intrapersonale (con noi stessi) e interpersonale (verso gli altri). Questa dimensione è uno scrigno di tesori. Da qui provengono le emozioni, si coinvolge lo stato d’animo, ne derivano i sensi di colpa, paure, delusioni, ansie, ma anche le grandi soddisfazioni e le speranze buone guardando al futuro.
Le indicazioni di Gesù ci servono nella maniera più assoluta per regolarci, ricordarci che in ogni caso siamo coinvolti e non è possibile tirarsi fuori, esimersi, far finta di nulla …
mai. Siamo in qualche modo sempre coinvolti, perché ci siamo.
Nella dimensione relazionale si nutrono la capacità di gratitudine, il dono della reciprocità, il senso di gratuità, la comprensione …
e oggi Gesù ci raccomanda il gesto del “Perdono”, che è sempre faticoso, a volte pare impossibile; che e’ frutto di un lavoro interiore mai semplice, ma che prima di tutto è un Dono che proviene dal cuore e fa bene a chi lo trasmette. A ciascuno di noi.
Ti ringrazio Gesù perché ci hai lasciato il Tuo Vangelo, ed ascoltare la “Tua voce” ogni giorno per me è guida, consiglio, certezza, pace e serenità.
A domani.