Accordarsi o fidarsi?
(Gdc 9,6-15 / Sal 20 / Mt 20,1-16)
Parlare utilizzando l’immagine della vigna era come chiamar subito in causa coloro che appartenevano al popolo di Israele. Così, mentre Gesù paragonava il regno di Dio alla vigna, scribi e farisei si sentivano i primi di quel regno come gli operai chiamati a lavorare fin dall’alba dal padrone stesso della vigna.
Leggiamo la parabola della generosità di Dio, la parabola della sua grazia che fa arrossire di invidia chi ancora pensa ad eventuali meriti. Osserviamo come al passare delle ore del giorno, si intensificano le chiamate. Quanto grande doveva essere quella vigna? E quanto c’è da fare? E lo stesso padrone ci tenga a che tutti possano mettere mano alla vigna è perfino qualcosa di inspiegabile. Occorre avere mille cure e mille attenzioni perché la vigna porti il suo frutto.
Coloro che vengono chiamati all’alba concordano col padrone il salario per la giornata di lavoro. Altri, a mattino inoltrato, a mezzogiorno e nel primo pomeriggio vengono chiamati ma non sapranno nulla di quanto il padrone donerà loro. Semplicemente il padrone fa appello alla giustizia. Per gli ultimi ingaggi – alle cinque del pomeriggio – non si parla più né di salario né di giustizia. Semplicemente il padrone li invitò ad andare a lavorare nella vigna.
Si intravede già la fede di questi ultimi che vanno non tanto perché hanno potuto avere certezze e diritti. Semplicemente vanno per fede: consapevoli della loro condizione di esseri bisognosi, si fidano della bontà del padrone. Non pretendevano nulla da Lui. Basta la sua parola. Questi operai mostravano fede e non restarono delusi.
Non c’è posto per privilegi o preferenze. Non c’è posto per scatti di anzianità. Non ha neppure senso recriminare ingiustizia laddove si fossero presi accordi tra le parti. Se il rapporto con Dio fosse da intendersi quasi fosse un contratto, non c’è da prendersela se si riceve ciò per cui si è sottoscritto. Dove invece ci si fida della parola, dove s’è intravista appena la bontà del padrone, c’è tutto il tempo per comprendere quanto egli sia buono e generoso.
Come spesso capita, le parabole sono raccontate per parlare velatamente di quanto stava capitando a Gesù stesso o di quanto le prime comunità iniziavano a vivere. Sentirsi favoriti o avvantaggiati rispetto ad altri solo perché da più tempo si frequenta il Vangelo è sempre un rischio al quale vigilare attentamente.
Vieni, Consolatore altissimo,
Signore delle lingue e pace dei cuori:
nessuna amarezza, nessuna cattiveria
ci separi dalla tua presenza.
Nulla è gioioso, nulla bello,
nulla è santo né puro,
nulla è dolce, nulla è completo
senza la tua grazia.
Adamo di San Vittore
Dal Vangelo secondo Matteo (20,1-16)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Che cosa sarei senza te, Dio mio?
Senza la tua paziente guida
attraverso tutte le mie vie?
Senza i tuoi occhi
che vegliano sul mio agire?
Senza il tuo seguito
in tutti i giorni della mia vita?
Per filo e per segno
mi fai capire
quanto io sia importante per te.
Riconosco che senza la Fede certe cose non si possono umanamente comprendere.
Se leggo e penso attraverso la Fede, allora si. Comprendo il grande significato che ci sta dentro alla parabola del Vangelo di oggi.
Mi appello alla Fede però, mi faccio forte nel Credo che recito ogni Domenica a Messa.
E su questo mio atteggiamento di “Credo in Dio Padre Onnipotente”, so che devo lavorarci ogni giorno perché la mia Fede sia nutrita e perché, seppur nell’immenso mistero, io riesca a dare un senso al Senso stesso che Gesù mi trasferisce con i Suoi insegnamenti.
È particolare come a volte tutto mi pare cosi faticoso e complicato, mentre poi, interpretando con profondità il messaggio e mettendolo in pratica nella semplicità dei gesti quotidiani, mi rendo conto che tutto si fonda su un qualcosa di veramente semplice ed elementare, alla portata di tutti:
Dio è amore,
la Fede si basa sulla certezza della vita di Gesù,
le sue parabole sono talmente chiare che basta poco per capirle e sentirne dentro tutto l’amore di un Padre che desidera per ciascuno di noi un’esistenza terrena piena, colma, elevata nello spirito.
La vigna, cioè il mio lavoro quotidiano, la fatica e l’impegno … non bastano se non metto davanti a tutto la Fede in Gesù che mi porta a seguirlo in qualsiasi momento, perché non è mai troppo tardi, purché io sia convinta con tutto il cuore di andare con Lui.
Di riempire la mia giornata con Lui.
Di operare con Lui, per Lui ed in Lui.
Grazie.
“… le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri…” (Isaia 55,8-9)
Leggendo il brano di Vangelo di oggi, veramente sembrano applicate queste parole del profeta Isaia.
La logica di Dio non è la nostra logica. Anch’io ho sempre avuto difficoltà a capire il comportamento di questo padrone, ritenendo affatto giusto che i lavoratori vengano ricompensati tutti allo stesso modo, senza guardare al lavoro svolto, e anche la risposta che dà a chi mormora mi lascia un po’ perplessa.
Ma le parole del profeta e la riflessione di don Stefano mi invitano a guardare la vicenda da un altro punto di vista.
Di sicuro, l’ingaggio dei primi lavoratori era sufficiente per tutta la vigna e per tutto il giorno.
Ma il padrone chiama altri, come a dire, voglio offrire a tutti una possibilità di lavoro, sottinteso, dignità, aiuto, giustizia e salvezza, non certo in base alla nostra logica.
Bisogna cercare di pensare come Dio, che, amando l’uomo, vuole donare, arricchire, valorizzare, consolare, incoraggiare, noi sue creature, e non per i nostri meriti… solo per pura gratuità.
Ma anche perché possiamo anche noi seguire il suo esempio..
Di fronte ai lavoratori per la vigna che si lamentano, il comportamento del padrone mi interroga…ma è giusto così? Si il padrone è perfettamente giusto ,infatti il padrone non toglie a nessuno ma dona ciò che è suo …tutto quello che è e che ha.Ci sia di richiamo questo x imparare che la gioia dei servi è quella di servire donando.
Questo brano fa sempre un certo effetto, soprattutto quando lo si legge o ascolta senza un’adeguata spiegazione per comprenderlo. Che a limitarsi al “punto di vista umano” ogni lavoratore avrebbe da ridire ed è anche comprensibile. Eppure c’è una possibilità altra, una possibilità “più giusta” che va ben oltre la nostra comprensibilità e ci invita ad ampliare vieppiù lo sguardo. Oggi più che in altre occasioni i due brani di accompagnamento mi hanno “presa per mano” ed indirizzata meglio alla comprensione. La grazia di Dio non è “a misura”, aprendosi ad essa si è colmati, sempre, integralmente, non “un po’”. Quando la si accoglie, presto o tardi che sia, se ne è riempiti ed ogni lacuna è colmata, per tutti.