Alleggerire il pachiderma
XV domenica del Tempo Ordinario (B)
(Am 7,12-15 / Sal 84 / Ef 1,3-14 / Mc 6,7-13)
Da quegli inizi sono passati più di duemila anni. Siamo incredibilmente distanti dagli eventi che hanno dato vita a quella piccola comunità di discepoli che s’è lasciata anzitutto attirare da un uomo di Galilea ed è partita a portare il Vangelo seguendo consegne ben precise. Chi erano? Cosa portavano? Cosa trovarono?
Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due. Si sente in quel «prese a mandarli» l’inizio di un cammino che ancora continua, seppure in condizioni, luoghi ed epoche differenti. Prima di quell’invio, pare ancor più decisivo quel chiamò a sé. Sembrano i movimenti di un cuore che palpita: diastole e sistole che fanno vivere la vita in un modo differente, altro. Nuovo. Venuto a portare il regno di Dio in terra, ora servono testimoni che abbiano imparato ad osservare ogni cosa da un’altra prospettiva, con un altro sguardo.
Il regno di Dio non è altrove ma in mezzo a loro, a noi. Dovevano apparire piuttosto come dei mendicanti. Il pane, il cibo quotidiano, non doveva più essere la loro preoccupazione. Chiese espressamente di non prenderlo. Che valore avrebbe avuto pregare il Padre dicendogli «dacci oggi il nostro pane quotidiano» se poi quel pane lo togli dalla tua borsa? Ugualmente disse per il vestito. Nessuna valigia, nessun bagaglio. «Che cosa mangeremo? che cosa indosseremo?» non sono domande adatte per testimoni del regno di Dio.
Ci sono momenti nella vita in cui si è meno preoccupati di ciò che appare sempre come necessario. Sono i momenti in cui senti che sta succedendo qualcosa di nuovo che può anche trovare coincidenza con qualcosa di inatteso. Questo nuovo che ti prende e ti fa meno preoccupato del cibo e del vestito è simile alla gioia di una madre che aspetta un figlio; è simile all’attesa di anziani stanchi e abituati alla vita che improvvisamente diventano nonni e tutto rifiorisce; è simile alla gioia di un ragazzo o di una ragazza quando si fidanzano.
Pensiamo a tutti quei momenti in cui abbiamo sentito la bellezza di un inizio, l’energia che c’è in una partenza… La missione dei Dodici – probabilmente – doveva assomigliare a uno di questi momenti. Pescatori stanchi o delusi, sentono la bellezza di quella nuova missione che è molto più di un semplice cambio di mestiere. Nuovo sarà pure il comandamento: amatevi gli uni gli altri. Ed è a quel comandamento si rifà la missione dei Dodici. La stessa vita di tutti i giorni, sotto gli occhi del Maestro che parlava del regno di Dio, assume l’aspetto di una novità.
Da quegli inizi sono passati più di duemila anni. Quel piccolo gruppo di discepoli ha preso piuttosto le sembianza di un’istituzione, per altro abbastanza farraginosa, a volte perfino pachidermica. C’è stanchezza nell’umanità, c’è stanchezza tra gli amici, c’è stanchezza in noi. È questo il tempo per riavvicinarci al Vangelo come i discepoli si avvicinavano a Gesù, per rinnovare le ragioni di una nuova missione. A detta di alcuni amici «che non sono del giro», questa comunità di credenti appare oggi molto più preoccupata di conservare e custodire qualche tradizione – meglio se rigida – piuttosto che testimoniare un nuovo modo di essere al mondo, una leggerezza che potrebbe parlare del cielo pur lasciandoci i piedi per terra.
«Prese a mandarli a due a due… Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì». Cos’è dunque il Vangelo se non questo invito a non credere solo in se stessi, questo invito a non confidare solo sulle proprie forze?
Signore,
ti chiediamo che la nostra stessa vita
e tutta la storia dell’umanità
e la stessa creazione,
diventi in verità
questo canto di benedizione,
a testimonianza che il Regno
finalmente è venuto.
Amen.
Dal Vangelo secondo Marco (6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Ti ringrazio, Signore, con gioia.
Davanti a te, Signore,
percepisco la bellezza e gratuità del tuo dono
e la mia grande debolezza e povertà.
Per questo ti rinnovo il mio impegno.
Dopo anni di pratica insignificante
è maturata in me una scelta di fede
perché ho scoperto che mi ami
più di quanto avessi mai pensato.
Ti ho chiesto luce e forza e Tu me le hai date
facendomi rinascere il gusto della vita.
Vorrei che tutti gli uomini
ti conoscessero veramente, Signore,
ed imparassero ad ascoltare la tua parola di pace.
Il tuo amore per gli uomini è immenso, Signore,
suo metro di misura
è l’attenzione che hai per i più poveri
e la decisione con cui contrasti i violenti.
Quando l’ansia mi attanaglia lo stomaco
e la paura mi martella le tempia
per delle situazioni di difficoltà
Tu mi rinvigorisci la speranza.
Nelle lotte che devo affrontare
per essere coerente con la fede
ti sento al mio fianco, unico fedele
che mi infonde sicurezza.
È duro il cammino della fede
e spesso mi sento incoerente.
Stammi vicino, Signore,
con l’amore paziente che ti distingue.
Guidami con forza e saggezza;
dona stabilità alle mie scelte
e porta a compimento in me
l’opera che hai iniziato.
(Salmo 22, trascrizione di Sergio Carrarini)
Oggi leggo in “ piccoli pensieri” riflessioni profonde, illuminanti….profetiche. Ne traggo un piacevole giovamento. Grazie di cuore a tutti.
Dei tuoi comandi
hai riempito il nostro cuore,
hai detto “Ascolta”
quel che più vale.
Solo due cose son veritiere.
Amare il Padre
con ogni fervore.
Amare i fratelli
perché siamo famiglia.
Anche con fatica,
basta l’intenzione.
Se fragili ci sentiamo
sei Tu la nostra forza.
“Ascolta” l’Amore
saremo imitati.
Ora è nostro
l’agire nel mondo.
Ai nostri fratelli
l’esempio trasmetti
“Ascolta” quel che sol vale.
Purtroppo quando un sistema diventa rigido e autoreferenziale può essere il sintomo di perdita del valore sottostante e fondante della forza che ha dato vita al sistema stesso.
Forse sembrerà ardito il paragone, ma in questo momento, riprendendo il senso di leggerezza del vivere che nel Vangelo traspare dal messaggio di Gesù ai discepoli mentre li manda a due a due, con la raccomandazione di non portare nulla con se, sembra di risentire le parole di Steve Jobs rivolte ad un gruppo di neolaureati: “stay hungry, stay foolish…” [“Siate affamati, siate folli”. ndr]
Ovvero puoi diventare quello che vuoi, ma non dimenticare qual’è il senso profondo che ti ha mosso; quello che è stato quel punto di luce dentro che ti ha fatto muovere… se non riesci più a vederlo c’è qualcosa che non va.
Forse il pachiderma dovrebbe stare “hungry” e “foolish” per ritorvare in sè il suo intimo senso motore.
Chiudi gli occhi
Immagina una gioia
Molto probabilmente
Penseresti a una partenza
Ah si vivesse solo di inizi
Di eccitazioni da prima volta
Quando tutto ti sorprende e
Nulla ti appartiene ancora
Penseresti all’odore di un libro nuovo
A quello di vernice fresca
A un regalo da scartare
Al giorno prima della festa
Al 21 marzo al primo abbraccio
A una matita intera la primavera
Alla paura del debutto
Al tremore dell’esordio
Ma tra la partenza e il traguardo
Nel mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
E costruire è sapere
è potere rinunciare alla perfezione
Ma il finale è di certo più teatrale
Così di ogni storia ricordi solo
La sua conclusione
Così come l’ultimo bicchiere l’ultima visione
Un tramonto solitario l’inchino e poi il sipario
Tra l’attesa e il suo compimento
Tra il primo tema e il testamento
Nel mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
E costruire è sapere
è potere rinunciare alla perfezione
Ti stringo le mani
Rimani qui
Cadrà la neve
A breve
Ti stringo le mani
Rimani qui
Cadrà la neve
A breve
(da Musixmatch)
Posso capire -in parte- quei credenti nostalgici delle “buone vecchie norme dottrinali”. Un bel pacchetto pronto di norme ed azioni ponderate, scritte e prescritte per fare di un cristiano un “buon cristiano” cui far riferimento e consultare all’occorrenza. Eppure il Vangelo in generale e questo brano in particolare rimandano un’immagine un po’ diversa del buon cristiano. Nessun pacchetto di regole, ma una sola “amatevi gli uni gli altri come io vi amo”. Inviando gli apostoli in missione l’indicazione di un altrettanto leggero bagaglio materiale: i soli vestiti che indossano ed un bastone. Ma perché? Certo per viaggiare più leggeri e forse anche perché, non essendo un progetto “a termine” non avrebbe avuto molto senso preparare granché. Forse -azzardo io- anche perché mantenendosi essi stessi nel bisogno, prestassero una più viva attenzione ai bisogni altrui, quali che fossero.
La bellezza e l’energia di un inizio vanno ad un lontano 12 settembre, quando ho detto si a Domenico, convinta che fosse per sempre. Una casa con poche cose dentro ma tanta felicità. E dopo tanti anni, dentro le gioie e le fatiche del quotidiano, direi lo stesso sì.