“Àlzati: anche io sono uomo!”
VI domenica di Pasqua (B)
(At 10,25-27.34-35.44-48 / Sal 97 / 1Gv 4,7-10 / Gv 15,9-17)
O Padre, che nel tuo Figlio ci hai chiamati amici,
rinnova i prodigi del tuo Spirito,
perché, amando come Gesù ci ha amati,
gustiamo la pienezza della gioia.
Amen.
Fuggire l’idolatria in tutte le sue forme: sembra questo un tema ricorrente tra le pagine della Scrittura. E non è sempre questioni di vitelli d’oro, di oggetti fabbricati da mani d’uomo. Ci vuole davvero poco per farsi un idolo. E non è detto che l’idolo sia un modello. Anzi, solitamente non lo è affatto.
«Non avrai altro Dio all’infuori di me» disse il Signore. Non certo perché Dio tema la concorrenza di altri dèi, ma piuttosto perché l’idolo deforma anzitutto l’uomo stesso, rendendolo schiavo, succube o manipolabile. E noi sappiamo quanto a Dio stia a cuore la libertà dell’uomo, più di quanto noi possiamo immaginare dato che molto spesso e velocemente ci lasciano assoggettare.
Conservare un cuore libero e capace di ascolto, un’animo semplice, mite e lieto: tutto questo fa parte del nostro impegno per una vita secondo il Vangelo. E non permettere ad alcuno di diventare soggetto o oggetto di una particolare venerazione, anche questo è parte dello stesso impegno. Quando siamo capaci di percepirci e comprenderci parte di una stessa natura – quella umana – senza distinzioni o privilegi succedono cose che hanno a che fare con la natura di Dio.
Accadeva già a Pietro di ricevere onori particolari, come racconta la prima lettura di questa domenica: «Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare nella casa di Cornelio, questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio» (At 10.25). La reazione di Pietro è esemplare e salutare. Il suo gesto azzera quelle distanze che siamo capaci di mettere per ricavarne al contempo onori e benefici. Se così fosse – se cioè facessimo ogni cosa per essere apprezzati dai nostri stessi simili – avremmo già, come dice Gesù stesso, ricevuto la nostra ricompensa.
Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga». E succede qualcosa di veramente inatteso: Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. Senza che vi sia alcuna invocazione, lo Spirito santo discende. Ci sono pensieri, parole e comportamenti umani che sono di per sé stessi un’invocazione ed è Dio stesso che si fa prossimo davanti a questa più profonda solidarietà umana e dona a tutti il suo Spirito. Nessuna separazione, nessun privilegio… ma un’invito a riconoscere che il dono di Dio è grande e supera ogni attesa. È davanti ai doni di Dio che dobbiamo interrogare il nostro modo di credere. Cosa succede dunque alla nostra fede se questo Spirito scende su coloro che noi consideriamo «pagani», non credenti? Come deve cambiare la nostra visione delle cose e del mondo? Tutta la conversione che il Vangelo chiede passa proprio da qui. Distinguerci tra credenti e non credenti può essere in un certo qual modo rassicurante, ma non è certamente il cammino che ci è chiesto di percorrere. Lo Spirito santo ci è dato per facilitare la nostra capacità di comprenderci, per far crescere il rispetto reciproco. Se proprio non riusciamo a liberarci da questa idea che ci fa riunire per somiglianza, allora è bene per noi credere che Dio dona a tutti il suo Spirito, effondendolo su tutta la terra. Se dunque è opportuno cercare ciò che unisce, dobbiamo riconoscere che è proprio questo dono di Dio che ci accomuna.
Possiamo dunque ascoltare anche il Vangelo di quest’oggi nel quale Gesù stesso chiede ai suoi discepoli – che ora chiamerà amici – di rimanere nel suo amore. Cosa significa? E come si fa? «Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Potremmo parlare di amore all’infinito e non comprenderci nemmeno. Tuttavia va detto che «amare» nel linguaggio biblico e semitico non ha anzitutto un’accezione sentimentale con tutta la gamma di sentimenti che questo comporterebbe. Amare, nel linguaggio biblico significa conoscere. Per conoscere occorre sapersi venire incontro, fare posto all’altro, creare le condizioni perché l’incontro avvenga. Si tratta di non ignorare alcuno. Si tratta di far cadere tutta una serie di barriere pregiudiziali e di luoghi comuni. E dove c’è questo desiderio di entrare in relazione, dove c’è dunque questo amore c’è libertà, non schiavitù.
Dal Vangelo secondo Giovanni
(15,9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Preghiamo per i corpi, per il cuore
mai fermo in mezzo al petto,
preghiamo per il rancore ed il rispetto.
Preghiamo per la gioia e l’inquietudine,
preghiamo che ogni giorno
sia la festa della gentilezza,
della gratitudine.
Preghiamo che il pensiero di noi stessi
sia meno opprimente,
che la mente ogni tanto vada via,
preghiamo per tutto quello che induce
alla vicinanza, alla poesia.
(Franco Arminio, Canti della gratitudine)
Quattro parole chiave nel Vangelo di oggi: AMORE…RIMANERE…GIOIA…AMICIZIA.
Qui tutto il cammino esistenziale per una vita che sia testimonianza di Gesù.
Ancora la Parola ci guida, ci illumina proprio come lampada per i nostri passi.
Una scuola che accompagna il nostro agire e ci aiuta nelle nostre scelte.
Psicologia? Filosofia? Politica? Sociologia?
Potremmo elencare anche tante altre materie, le troveremmo tutte tra le righe della Parola a noi donata.
Allora io chiedo al Signore che ogni giorno mi sia donato lo Spirito Santo perché mi aiuti a vivere la vita secondo la Sua Parola.
“Amare, nel linguaggio biblico significa conoscere” caspita che sostanziale differenza! Un significato che, a ben pensarci, è solo apparentemente distante dalla concezione più romantica della parola “amore”. Perché in fin dei conti per amare davvero è necessario conoscere -e conoscere a fondo!- il soggetto del nostro amore, per accoglierne in pieno sia i bagliori di affinità che le ombre di contrasto e trovare il modo, alla luce della conoscenza, di esaltare gli uni ed attenuare gli altri. Che differenza farebbe allora, ma davvero!, se applicassimo QUESTO modo di amare ad OGNI esperienza della nostra vita.
Amare è conoscere.
Ti chiediamo quindi Gesù di dimorare nella tua Parola per conoscere e amare.