Amici e dimore eterne
La disonesta ricchezza – il denaro – è al cuore delle nostre relazioni, dei nostri rapporti: stipendio, spese, affari… anche il tempo è misurato in denaro. Ecco perché il denaro viene chiamato disonesta ricchezza: non rende completamente ragione della verità dei ogni cosa. Ci si accorda convenzionalmente che un’ora di lavoro è retribuita con una somma più o meno adeguata di denaro. Gli oggetti stessi acquistano o perdono valore a secondo della domanda di mercato, del costo delle materie prime. A ben guardare, dunque, il denaro la fa davvero da padrone in questo mondo.
Dopo aver raccontato la parabola dell’amministratore scaltro, Gesù chiede a noi di ritrovare il valore di ogni cosa, piccola o grande che sia. Il denaro sarebbe dunque solo uno strumento per perseguire altri fini e non il fine stesso. «Fare soldi» è spesso la risposta che ci si sente dire quando si chiede: cosa vuoi fare da grande? Evidentemente questa è l’immagine che la nostra società ha dato o ha proiettato su chi prenderà le redini di un tempo che chiamiamo «domani». Ovviamente questa è una generalizzazione. Non tutti risponderanno in questo modo.
Ci sono cose che hanno ben più valore del denaro e rivelano quanto la disonesta ricchezza sia nulla a loro confronto. Ci sono legami che rimangono anche quando il denaro non è più la valuta necessaria a quantificare. L’amicizia, stando all’invito evangelico, fa accedere alle dimore eterne.
È dunque la quotidianità che prepara le grandi occasioni. Sono le piccole cose a regalarci grandi gioie. La disonesta ricchezza rischia di farci stravolgere l’esistenza considerandola fine a se stessa, riducendola al tempo che stiamo qui. In terra. Il denaro rischia di farci ridurre tutto a materia, mentre siamo fatti anche di altro.
Tempo e denaro consumano. L’amicizia invece è un bene immortale, che sospende il tempo stesso e ci fa entrare in una comunione oltre il tempo. Che cos’è questo incessante ricordo dei defunti accentuato maggiormente in questo mese di novembre se non il nostro tentativo di ridire ciò che vale di più? Per decine di secoli parlare di immortalità e di resurrezione dei corpi fu oggetto di grandi dibattiti, di grandi riflessioni. Oggi tutto è misurabile in termini di denaro e la vita si può allungare laddove il denaro stesso lo permette.
Molti sanno che Dante per scrivere la sua Commedia s’è pure ispirato ad un poema arabo intitolato Il Libro della Scala. In quest’opera l’autore visita il Paradiso e incontra altri poeti, dato che egli stesso è poeta. Eppure nessuno ricorda di essere stato in vita un poeta perché laddove c’è la vera ricchezza, il vero tesoro, la poesia stessa non serve più. Gli amici beati che stanno nel paradiso dimenticano tutto perché sono felici e questo basta. Il nostro rimprovero maggiore che ci facciamo, quand’anche riuscissimo a perdonare, è che tuttavia non riusciamo a dimenticare l’offesa, il torto. Seppure il debito è cancellato, ci rimane sempre questo tarlo che rode.
Nel Vangelo di oggi il denaro è presentato come la diretta concorrenza di Dio. L’amore per l’uno o per l’altro orientano il nostro sguardo, il nostro cammino. Dove saranno le dimore eterne nelle quali saremo introdotti? Dai tempi di Gesù di Nazareth, dopo l’annuncio del Regno già presente qui e ora, noi oscilliamo tra una felicissima contemplazione da raggiungere o l’illuminazione della vita terrena che già viviamo. Le parole di Gesù, potrebbero proprio oggi, disvelarci quell’eternità che già è contenuta nella vita terrena.
Quando per un moto dell’animo, quando per un impulso di innocente generosità stiamo per dare qualcosa dalle nostre tasche ad un povero, impariamo a chiedergli anche il suo nome, perché un giorno egli ci riconoscerà e noi forse non sapremo… Quella monetina donata anche fuori dal supermercato non è la felicità di quell’uomo ma l’occasione per incontrarlo, per assicurargli l’amicizia contenuta in un sorriso, in una parola prima ancora che in una moneta.
Vieni, Spirito santo,
vero tesoro dell’anima,
riempimi dei tuoi doni
e fammi ricco di misericordia,
generoso nel donarla.
Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (16,9-15)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».
A te, Signore, amante della vita,
Amico dell’uomo,
innalzo la mia preghiera
per gli amici che mi hai fatto incontrare
sul cammino del mondo.
Uno come me, ma non uguale a me.
Fa’ che la nostra sia l’amicizia di due esseri
che si completano con i tuoi doni,
che si scambiano le tue ricchezze,
che si parlano con il linguaggio
che tu hai posto nel cuore.
Aiutaci a guardare con quello sguardo
che comprende senza che l’altro chieda.
Aiutaci ad avere un cuore grande,
che sappia donare ancor prima che l’altro si esprima.
Lavoro in banca da tanti anni, più di trenta, e, a proposito di denaro, ne ho viste di tutti i colori. Liti per eredità, discussioni tra le coppie che si separano, indicibili escamotage per pagare meno tasse, truffe varie e pure rapine!(queste erano in voga negli anni novanta).
Quanti visi, quanti nomi,quanti caratteri che il tempo, però, ha fatto sbiadire…
Al contrario, non dimenticherò mai il volto e la determinazione di don A., parroco in un paese del milanese, che, per aiutare una famiglia, si era indebitato con la banca perché diceva: “Non posso solo pregare per loro”;
e il viso di S., vedova con una figlia disabile, che ritirava buona parte della sua magra pensione perché aveva sempre qualche amica da aiutare.
Il Bene che ho visto e vedo compiere rimarrà per sempre…
La nostra vera ricchezza è la Misericordia che abbiamo ricevuto, che continuamente riceviamo e che a nostra volta possiamo donarci. Solo se misericordiati si diventa misericordiosi e che grande gioia poterne fare esperienza in ogni celebrazione Eucaristica, in cui sempre facciamo memoria del tutto di Dio, di quel tutto che ci è stato donato per amore, per imparare a portarla e viverla nel mondo.
Che il Signore aiuti me ed anche gli altri catechisti che hanno iniziato questo nuovo cammino a testimoniare la bellezza dell’incontro con Lui e tra noi, per passare dal dovere al desiderare, dall’assistere al partecipare.
Se impareremo a fare comunione, anche le piccole cose riacquisteranno valore, avremo compreso dove sta il vero tesoro e forse il denaro conterà un po’ meno.
Un’amica un giorno, facendo l’elemosina ad un mendicante per strada (mendicante che io avevo oltrepassato indifferente) mi disse: una moneta ed un sorriso non si negano a nessuno. Che lezione di cristianesimo! E mi tornava in mente un anziano prete che dava qualcosa a tutti, ma solo il venerdì… ed io che non do nulla a nessuno perché preferisco fare, in incognito, altri interventi. Così non mi sento in imbarazzo… Ma così mancherà un sorriso, il rapporto umano.quante cose da imparare…
C’è chi si affanna per tutta una vita solo per essere un giorno il più ricco del cimitero. Sono pochi i ricchi capaci di donare, eppure esistono! È molto più difficile per un ricco essere libero, giusto.
E dal singolo al popolo, il passo è breve. Nazioni ricche, poche, che decidono per tutte. A chi grandi fette, a chi briciole, di quella che è un’unica torta per tutti gli ospiti del pianeta.