Andiamocene altrove (nuove strade cercasi)

Commenti: (3)
Data :7 Febbraio 2021
Deborah Orloff, Holzwege 37

V domenica del Tempo Ordinario (B)

(Gb 7,1-4.6-7 / Sal 146 / 1Cor 9,16-19.22-23 / Mc 1,29-39)

C’era una volta il tempo in cui le strade si aprivano a piedi, senza mezzi meccanici. Le persone attraversavano un campo, un terreno per unire un  luogo ad un altro. Giorno dopo giorno. E così tutti i giorni. Passo dopo passo. E così si aprivano vie… di comunicazione. Per l’incontro. Per la cura.
Ai nostri giorni si tracciano grandi arterie per il fluire della viabilità, perché tutto deve arrivare a noi e nel minor tempo possibile. Ma la Vita – si sente – non gira ancora come dovrebbe. Strade larghe, spaziose e comode. 
Ma non mi riferisco alle strade d’asfalto. Mi riferisco alle pratiche, al nostro modo di fare… in materia d’uomo. Ci sono pratiche umanissime che sono in via d’estinzione. Altre che non abbiamo nemmeno provato a percorrere giudicandole inutili, poco redditizie.

Di certo, ci sono strade che Qualcuno già vede ma che noi ancora non immaginiamo. Sono scritte sui rotoli del Libro che stava nella sinagoga. Dentro la sinagoga aprivano, srotolandolo, il Libro della Vita e col dito tenevano il segno, come a tracciare una piccola strada – larga un dito appunto – dritta come le righe della scrittura stessa. Qualcuno, prima dell’uomo e per lui solo – un soffio – percorreva quei passi a aprire un varco, un sentiero, una via di contatto. Riga dopo riga, parola dopo parola, lettera dopo lettera, giungeva a noi come una forza, una Luce, e come Lui, noi pure potremmo muovere i nostri passi tra quelle fitte tenebre che, così paurosi come siamo, non sembrano affatto parte dell’esistenza. Come se la notte non avesse legame alcuno con il giorno. Come se il tramonto della sera che viene non ho legami con il ritorno della Luce stessa, non fosse che per quella nostalgia di rivederla. Ma certo, una cosa bisogna fare se, osservato il tramonto ne vuoi ritrovare l’essenza, la Luce: occorre girarsi nella direzione contraria a quella del sole che tramonta ed attenderlo altrove, nel suo sorgere. Al tramonto guardiamo spegnersi il sole, così come stiamo fino all’ultimo ad attendere il consumarsi di una candela, senza avere nemmeno un barlume di accenderne una nuova, prendendo dalla stessa fiamma prima che questa si spenga e il buio ci avvolga. E noi stessi ci consumiamo senza nemmeno pensare di tendere un dito ad indicare quella strada stretta che porta alla Vita.

Perché a noi, oggi, basta vederci «fuori dal letto» come diciamo di questi tempi per dire che fortunatamente siamo in salute, senza però curarci dello stato di prostrazione in cui versiamo. La salute non è solo essere fuori dal letto.

Lui, alla luce di quelle divine parole leggibili ad occhio umano, si muoveva su un filo di speranza alla quale tutti si aggrappavano, come la suocera di Pietro quando Lui la prese per mano. Lei a quella mano si aggrappò e in un attimo fu in piedi, come risorta. Non le bastò tuttavia di essere fuori dal letto. Si mise nuovamente a servire. La voce si sparse e quel segno di cura divenne presto, agli occhi di chi cerca strade facili, un vero miracolo. E fu così che iniziarono a fraintenderlo. Non solo per quanto faceva, ma per quel modo di raggiungerlo… a grandi numeri, a folle. Perché certo sono in tanti ad essere bisognosi di cura. Di attenzioni. E chi è che non ne vuole? Ma non è affollandoci che lo troviamo. Anzi… Il troppo dolore radunato davanti agli occhi, come tanta morte racchiusa in uno schermo di TV senza pudore, ci fa perdere il filo della speranza. Passo dopo passo, giorno dopo giorno, uno alla volta, una mano nella mano. 

Abbiamo bisogno di nuove vie per raggiungerci, per venirci incontro. Dispiace solo un po’ che siamo sempre qui, nello stesso campo, nei soliti luoghi a ripensare alle solite quattro cose che si facevano per dire che siamo cristiani, per dire che siamo una comunità e, spesso, ho come l’impressione che siamo tutti qui a convincerci di poter rimettere in piedi le stesse pratiche di sempre… come se tra pochi giorni, si debba dare inizio a quella sfilata di carnevale sospesa ormai quasi un anno fa. Ma in un anno ne sono accadute di cose! 

Davanti a tutti quei malati che gli portavano spesso e fino a tarda sera, Lui non scappa. Fugge piuttosto dal fraintendimento, dall’ambigua perversione umana di attendere miracoli come soluzioni facili, come si cerca la strada più veloce per andare da un luogo ad un altro. Lui andava in un luogo deserto, dove di strade già tracciate non ce ne sono più. Unica certezza: i piedi a terra e gli occhi al cielo per vedere se tra i due mondi c’è comunicazione, un punto di contatto, una strada da percorrere. Ed è forse proprio in quei momenti che comprendeva che Egli era Via per la Vita. Umanamente possibile.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.
Risana i cuori affranti e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore nostro, grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

(salmo 146)

Dal Vangelo secondo Marco (1,29-39)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Mio Dio, quest’epoca è troppo rude
per degli esseri fragili come me.
Dopo di essa – io lo so – 
verrà un’epoca molto più umana.
Mi piacerebbe tanto sopravvivere
per trasmettere a questa nuova epoca
tutta l’umanità che ho preservato in me
malgrado i fatti di cui sono testimone ogni giorno.
È l’unico modo per preparare i tempi nuovi:
prepararli già dentro di noi.
Sono così interiormente leggera,
così perfettamente esente dal rancore;
ho molta forza e amore in me.
Mi piacerebbe tanto vivere,
contribuire a preparare i tempi nuovi,
trasmettere loro questa parte indistruttibile di me stessa,
perché certamente questi tempi nuovi verranno.
Non sorgono già in me giorno dopo giorno?

(Etty Hillesum, Un vie bouleversée, diario)


Rimani aggiornato per ricevere i miei nuovi articoli




Piccoli Pensieri (3)

serena

O Signore prendici per mano entra nella nostra casa a curare tutte le nostre infermità del corpo e del cuore e guidaci su strade nuove che portano a Te.

7 Febbraio 2021
Carlo

Facevo una piccola riflessione su quello che don Stefano ha detto riguardo alle persone che preferiscono vivere la loro vita in strada. Molto probabilmente è perché nella scelta che fanno hanno trovato quella solidarietà e condivisione che noi non siamo capaci di donare.

7 Febbraio 2021

Eh beh quando arriva uno che sembra paro paro un “deux ex machina” di teatrale memoria è anche normale che tutti si affollino… Ma il difficile è capire la lezione di questo “uomo/bacchetta magica”, che non è venuto “a fare magie”, ma per insegnare a noi quando potenti possono essere le nostre comuni, umanissime, azioni quotidiane se ben indirizzate. Ed è qui che sta il difficile: ripulirsi le orecchie per ascoltare davvero, aprire la mente (questa una vera fatica!) per accogliere la novità, farla scendere sino al cuore, coglierla, e allora rimboccarsi le maniche e agire per scoprire, anche a suon di errori e sbagli e tentativi, quanto possiamo “fare magie” noi stessi. Avere il coraggio di tentare strade nuove, o ripescarne di scartate in passato, questa è la sfida e qui la difficoltà. Non basta un incantesimo per cambiare le cose, serve coraggio, e costanza, e fatica. Come quella che fece anche Gesú, che fu uomo come noi per mostrarci che anche noi possiamo farcela.

7 Febbraio 2021

Scrivi il tuo Pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


@