Apparente assenza
camminando verso Gambetta (24 maggio 2022)
Ascensione del Signore (C)
(At 1,1-11 / Sal 46 / Eb 9,24-28;10,19-23 / Lc 24,46-53)
Come faremo, Signore, ad andare?
Agnelli in mezzo ai lupi ci vuoi,
a due a due e senza bisaccia né bastone,
e neppure con la certezza d’essere creduti:
Cristo, mentre tu sali al trono di Dio
innalza e conforta questo
nostro povero cuore
e manda il fuoco del santo tuo Spirito
che trasfiguri la nostra polvere nella tua gloria.
Amen.
(David Maria Turoldo)
Dal Vangelo secondo Luca (24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Con le parole che abbiamo appena ascoltato si chiude il Vangelo di Luca. La sua seconda opera – il libro degli Atti degli Apostoli – ha nell’ascensione il punto di contatto e di inizio. Nel primo racconto – scrive Luca – ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo… (At 1,1-2)
Dal mattino di Pasqua abbiamo imparato a dilatare il tempo: riconoscerlo vivo è stata l’impresa di questi giorni e per ogni tempo; ricordare poi le sue parole per comprendere il senso della nostra vita è un’operazione che mai si dovrà smettere di fare. Abbassarsi per elevarsi è la cifra di un’esistenza da discepoli. Il Vangelo di oggi suona come una sintesi di tutta la vicenda: Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati.
Com’è vero che non c’è uomo senza croce, è pur vero che non c’è esperienza umana senza Dio. Questa separazione di Gesù dai suoi, questo suo entrare nel cielo stesso è la sua nuova postura, in favore degli uomini. L’immagine dell’Ascensione – ricordata chiaramente nella lettera agli Ebrei – allude a quanto accadeva nel Tempio di Gerusalemme, quando il sommo sacerdote entrava nel Santo dei Santi, dietro il velo del Tempio per scomparire agli occhi del popolo. Ma proprio quel nascondimento era garanzia della misericordia ottenuta perché da quel luogo inaccessibile veniva pronunciato il Nome santo dell’Altissimo… e il popolo, udito il suono del corno, esultava per questo perdono inspiegabile… una sola Parola per salvare il mondo intero, per risollevare da ogni caduta, per cancellare ogni delitto, per aprire nuovamente ricerche, strade e cammini.
A queste liturgie nel Tempio si riferirono per comprendere il mistero di questa apparente assenza. Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. (Ebr 9,24). C’è un nascondimento che rivela lo spazio vitale dell’uomo. Ed è possibile vivere in questo mondo non tanto sfidando la legge di gravità quanto vivere l’esistenza terrena come una parabola ascensionale piuttosto che un decadimento, un indebolimento, un impoverimento. Unica è la vicenda umana, ma è possibile viverla ed osservarla in diversi modi. Il Vangelo – che fin dalle sue prime battute – ci ha sempre chiesto la conversione ci ha chiesto proprio questo cambio di prospettiva.
Dio fa esistere l’uomo proprio come il mare – ritirandosi – crea la terra ferma. Che Dio sarebbe quello che chiede d’essere creduto per l’imponenza del suo ingombro? Questa, direi, sarebbe ancora materia troppo umana, segno della nostra volontà di potenza e di dominio. Compiuta la Sua missione è lasciato all’uomo un campo d’azione, per vivere come Lui e di Lui. Di questa ascensione al cielo si registra che se ne andò benedicendo. È un compimento che genera poi un atteggiamento simile. Tutto è accaduto come ancora sappiamo ripetere nelle nostre liturgie domenicali che si sciolgono e terminano allo stesso modo, in un gesto di benedizione. Il Corpo di Cristo che siamo noi, radunato dalla sua Parola e riconosciuto nella Comunione all’unico Pane, appare agli occhi della nostra fede per scomparire poi quando, uscendo dal Tempio, ci nascondiamo nel mondo come il lievito nella pasta. Tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio (Lc 24, 53). Ci sarebbe da chiedersi: di quale tempio si parla? Ci aveva già insegnato a proposito di tempio che non parlava di tempio di pietre ma del suo stesso corpo. È dunque possibile essere presenti in questo tempio che la nostra vita umana, lodando Dio. Siamo capaci a riconoscere i templi fatti da mani d’uomo. Sapremo riconoscere il tempio fatto dalle mani di Dio?
E dunque, quanti diciamo di credere
almeno noi non versiamo più altro sangue,
non più un uomo sia ucciso nel mondo,
non altra vittima per tutta la terra;
ma lavati con l’acqua e il sangue
che escono dal tuo costato, o Cristo,
entriamo tutti nel tuo santuario
e cantiamo il cantico nuovo alla pace,
per Te che sei l’unico ed eterno Sacerdote,
Tu vero e unico uomo perfetto,
il solo uomo riuscito e libero,
che porti il peso dei nostri delitti
e con la morte ci strappi alla morte.
(David Maria Turoldo)
Cara Savina, la chiesa che citi è quella di San Marco, più conosciuta come Santa Rita o Sant’Antonio. È ciò che resta dell’ospedale demolito negli anni 30 del secolo scorso. Gli istituti religiosi con suore e frati, si preoccupavano di dare ospitalità, da qui il termine ospedale. Ce n’erano diversi in città fino a quando sono stati Riuniti. Allora come oggi è esposto il Santissimo. Un tempo era posizionato in modo tale che tutti gli ammalati potessero vederlo.
…”Sapremo riconoscere il tempio fatto dalle mani di Dio?”
Vi riconosceranno da come vi amerete
dalle vostre opere
dalla gioia
E non ci ardeva forse il cuore?…
Andiamo INSIEME ad Emmaus????????????
… “Ma proprio quel nascondimento era garanzia della misericordia ottenuta perché da quel luogo inaccessibile veniva pronunciato il Nome santo dell’Altissimo…”
Nascondimento e Tempio, mi fanno riflettere sull’Eucarestia, la grande eredità che Gesù ha voluto lasciare a “sua memoria”.
“Fate questo in memoria di me”
Quando ero piccola, ancora non si era celebrato il Concilio Vaticano II, le funzioni e i riti erano diversi e mi ricordo le benedizioni con il Santissimo Sacramento. L’Ostensorio veniva coperto, come a nascondere quel tesoro fino al momento della benedizione e, una volta impartita, di nuovo L’Ostensorio veniva coperto.
Io guardavo con curiosità, cercavo di capire il perché di questo che a me sembrava un po’ misterioso…
Ma non osavo chiedere perché gli adulti intorno a me tenevano il capo chinato, come se guardare l’Ostia Sacra fosse proibito o ne avessero timore.
Così, quando in anni recenti, entrando in una chiesa di Bergamo per una preghiera (perdonate, non so a chi è dedicata ma si trova vicino alle poste centrali) ho visto il Santissimo Sacramento nell’ostensorio posto in alto sull’altare e non solo per breve tempo, ma in pianta stabile, mi sono meravigliata ma contenta perché il Tempio come lo intendo io, cioè l’Eucarestia, era lì davanti ai miei occhi, potendo guardarlo senza limiti di tempo.
Infatti in questa chiesa il Santissimo Sacramento rimane sempre esposto.
Così ho potuto riflettere…
Una preziosa cosa nascosta stimola il pensiero verso di essa e stimola il desiderio di poterla vedere, così l’Eucarestia, Tempio di Dio fra noi e per noi, nascosta nel tabernacolo, ci attira a sé e a quello che rappresenta.
Di contro, l’Eucarestia sempre esposta come perenne “offerta”, ci invita ad essere noi stessi “offerta” ai fratelli.
Ho fatto pace con il tempo antico, con le mie domande inespresse e le risposte non trovate…
Adesso so che quello che è nascosto nel tabernacolo è il Tempio di Cristo da contemplare e custodire, aspettando il momento della condivisione.
Mentre l’Esposizione Eucaristica mi richiama chiaramente e concretamente a quel Gesù che, con fatica, cerco di seguire.
“Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo” ci ha detto San Paolo.
Lo sapranno riconoscere in sé stessi i ragazzi che oggi hanno ricevuto la Cresima?
Sapremo riconoscerlo noi nei fratelli che incontriamo?
Preghiamo perché il dono reciproco e il riconoscimento della presenza dello Spirito Santo ci guidi sul cammino della pace.
Grazie don Stefano tienici informati siamo interessati.
Grazie per queste cose belle e buone.
Buongiorno don Stefano. Ho sentito la mancanza dei commenti ma mi sono detta: un motivo ci sarà!
Bellissima iniziativa di ritirarsi in luoghi di serenità per stare con la Parola. Non so se potrò mai partecipare ma gioisco per quelli che riusciranno e poi come lievito nascosto nella massa faranno crescere l’amore verso Dio e i fratelli.