Ascoltare e guardare come fai Tu
XXXIII domenica del Tempo Ordinario (B)
Dn 12,1-3 / Sal 15 / Eb 10,11-14.18 /Mc 13,24-32
Accresci in noi la fede,
ravviva la speranza
e rendici operosi nella carità,
mentre attendiamo
la gloriosa manifestazione del tuo Figlio.
Amen.
Dal Vangelo secondo Marco
(13,24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Apocalittico. È il genere letterario che anche Marco sceglie di utilizzare in alcuni passaggi del suo Vangelo. Ci sono sempre orecchi abituati ad ascoltarlo, ci sono bocche sempre pronte ad utilizzare questo modo di raccontare i fatti, ma soprattutto non finiamo mai di sorprenderci di quanto possa sembrare infinito il vortice delle catastrofi, proprio come un buco nero nella galassia delle vicende che accadono. «Che cosa ancora dobbiamo vedere? Che cosa ancora dobbiamo udire?» diciamo spesso.
Certo è che questo modo di parlare può pure inquietare e destabilizzare. Servirsi di un linguaggio apocalittico è un modo di esprimersi che – a mali estremi – potremmo sempre adottare nella speranza di suscitare un ravvedimento, un cambiamento. Non è da escludere che anche in ambito religioso si possa far ricorso a questo modo di parlare… chi non è mai stato avvisato di comportarsi bene, pena – in caso contrario – di finire all’inferno? Ma cosa ci sarebbe di evangelico nel minacciare castighi o nell’annunciare catastrofi?
Si noterà pure che i fenomeni descritti nel brano di Vangelo di oggi sono ben più grandi delle possibilità dell’uomo e servono proprio per riportarci alla nostra concreta realtà di creature che siamo. Ci sono eventi che ci superano di gran lunga le nostre possibilità e per quanto l’essere umano possa fare progressi, resterà sempre una fragile piccolezza esposta. Cosa ci fa dunque un discorso del genere all’interno di un libro – il Vangelo appunto – il cui nome significa «buona notizia»? Certamente per suscitare la nostra conversione, da non intendersi in senso morale, da non intendersi come un minaccia. In effetti, l’invito alla conversione risuona in tutte le pagine del Vangelo e anche nelle parole di oggi.
Si tratta proprio di volgere il nostro sguardo a ciò che Gesù ci invita ad osservare: mentre tutto sembra annunciare distruzione e fine, qualcosa o qualcuno ci ricorderà sempre che in realtà un nuovo inizio è già in atto. Stando alla predicazione di Giovanni Battista e ancor di più alle parole di Gesù stesso, se il Regno di Dio è già presente in mezzo a noi, allora si tratta proprio di sviluppare una nuova capacità di ascoltare, di vedere… di vivere. La fede è esattamente questo modo nuovo di ascoltare; la fede è questo modo nuovo di vedere; la fede è questo nuovo modo di vivere. Questo è in Vangelo che non passa mai nemmeno quando eventi apocalittici incombono.
Tu sei, Signore,
Colui che il mio cuore ama.
I giorni possono passare
e le abitudini scavare rughe nei cuori.
I giorni possono passare
e la polvere spargere l’oblio nei cuori.
I giorni possono passare
e gli uomini cancellare la memoria dal loro cuore.
Nessuno potrà togliermi la gioia di cercarti
e la mia gioia sarà completa
solo quando ti avrò trovato.
Tu sei, Signore,
Colui che il mio cuore attende.
Non rimanere assente troppo a lungo.
L’hai promesso:
chi ha sete berrà l’acqua alla fontana di Dio;
chi ha fame,
mangerà il pane al gusto di Dio;
chi ama crescerà nel giardino di Dio;
chi muore passerà nella primavera di Dio.
Te lo dico:
la mia gioia sarà completa
solo quando ti avrò trovato.
Tu sei, Signore,
Colui che il mio cuore spera.
Sono sicuro di te.
Sei tu, il mio coraggio e il mio canto.
Non temerò più.
Lo hanno detto, i profeti:
non spegni lo stoppino che ancora fuma,
non spezzi la canna incrinata.
Con te, anche il fiore appassito
trova un posto nel bouquet.
Te lo dico:
la mia gioia sarà completa
solo quando ti avrò trovato.
Tu, Signore,
sei il benvenuto nel mio cuore.
Anche se Tu fossi coperto di sporcizia,
anche se Tu venissi da un altro paese,
anche se Tu fossi solo,
anche se Tu piangessi,
ti riconoscerò.
Ti prenderò per mano
come un amico a lungo sperato.
Mi dirai delle parole che capirò,
le ascolterò
e sarà una grande felicità.
Ti seguirò
e insieme andremo nelle case
dei miei amici e dirò loro:
“Guardate! È tornato
Colui che il nostro cuore stava aspettando”.
(Charles Singer)
È bello pensare a tre immagini di questo Vangelo: IL FICO… segno di nuova speranza… LA PAROLA CHE NON PASSERÀ MAI e LE STELLE che nella prima lettura simboleggiano i Giusti che brillano ancora oggi con la loro testimonianza evangelica. Nulla allora di catastrofico.
Nulla da aggiungere alle bellissime invocazioni di Charles Singer!
Gesù sapeva ben parlare alle persone che volevano ascoltarlo.
Parole semplici, prese dalla natura che lo circondava, pane e vino….
La vita di ogni giorno da guardare con occhi nuovi e una diversa consapevolezza in cuore.
È dunque possibile una nuova vita, aspettando nella Speranza.
Anch’io aspetto….
Cieli e terra nuovi, e un cuore di carne per accogliere e rendere grazie.
… e quindi non smettiamo di vedere, di ascoltare, di vivere per noi e per quel fratello che di sicuro ci sta passando di fianco. Se l’amore sta nel cuore, il cuore non smetterà mai di battere.